Bye bye Cnel

di Giorgio Gandola

Ascoltando Matteo Renzi che ne annunciava lo scioglimento nell’acido, qualcuno si sarà chiesto: ma cosa ha fatto di male il Cnel? Il Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro, costituito nel 1948 per «attuare una mediazione fra sindacati e imprenditori».

Ascoltando Matteo Renzi che ne annunciava lo scioglimento nell’acido, qualcuno si sarà chiesto: ma cosa ha fatto di male il Cnel? Il Consiglio nazionale dell’Economia e del Lavoro, costituito nel 1948 per «attuare una mediazione fra sindacati e imprenditori», è semplicemente costato un patrimonio l’anno per 64 anni (negli ultimi la cifra era di 20 milioni di euro) senza produrre alcunché di utile alle imprese, alle parti sociali e all’Italia tutta.

Gli unici interessati a tenere in vita il Cnel sono i 64 consiglieri che ne traggono un lauto stipendio, guidati dal presidente Antonio Marzano (già ex ministro delle Attività produttive) il cui compenso annuo è di 213.000 euro.

L’ente è specializzato nel produrre studi e proposte di legge destinate a finire in fondo ai cassetti ministeriali, se è vero che finora nessuna delle intuizioni del gruppo di lavoro si è mai tramutata in legge dello Stato. Insomma, un carrozzone parcheggiato a Roma nella strepitosa Villa Lubin. Una spina nel fianco della spesa pubblica che nessuno, finora, è mai riuscito a togliere. Il più vicino a farlo fu Massimo D’Alema durante la bicamerale, ma alla fine rinunciò.

Il peso del Cnel sta anche nelle numerose consulenze esterne che abitualmente richiede: dal 2008, sono 54 i contratti per ricerche preliminari costate 4,5 milioni alla collettività. Alla voce rimborsi spese vanno aggiunti 3,2 milioni per i consiglieri provenienti da fuori Roma. Un pozzo senza fondo di denaro dei contribuenti. Forse è la volta buona.

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