Prandelli parla da ct azzurro:
convocazioni per meritocrazia

«Vorrei vedere l'Italia tra le prime quattro al mondo»: questo il manifesto di Cesare Prandelli, il giorno della sua presentazione. Meritocrazia, posto ai giocatori di qualità, apertura agli extracomuntari, lavoro sui giovani (incentivi a chi li cura), occhi al futuro ma anche all'Europeo.

Prandelli, che ha esordito in serie A da giocatore nell'Atalanta 1978/'79 ed è diventato allenatore nel settore giovanile nerazzurro vincendo campionato e torneo di Viareggio con la Primavera nel 1993, ha aperto le porte a tutti: a Cassano («Più maturo»), a Balotelli («Non lo conosco bene»), a quelli bravi. Ha «dato» la fascia di capitano a Buffon. Ma non si è nascosto i problemi, pur pensando in positivo. Non ha rinnegato Lippi e il suo lavoro e ha citato Bearzot come suo punto di riferimento.

Il nuovo ct ha i propri programmi, punterà sul rinnovamento, ma dovrà lottare contro molte avversità. Insomma, comincia l'era Prandelli e l'Italia del pallone dovrebbe cambiar pagina, evitando la miopia di programmi a breve scadenza (vincere subito solo se possibile, perché si rischia di non vincere affatto) che hanno fatto precipitare il nostro calcio dalle stelle alle stalle.

Cesare sarà così tenace (e fortunato) da imporre una linea unica alle forze del pallone italico? Ci sono stati periodi in cui l'allenatore della Nazionale giocava in un modo e i tecnici delle giovanili azzurre facevano in tutt'altro modo. Sarebbe troppo adottare una linea unica? Ma Prandelli sarà sostenuto fino in fondo? Oppure in caso di difficoltà già agli Europei, sarà buttato a mare come si è fatto con Donadoni?

È questo il problema: molti sono gli interessi economici convergenti attorno alla Nazionale che spesso il ct non ha tempo di programmare e non viene aiutata dai club, anzi è considerato d'intralcio. Basta guardarsi attorno per vedere che si invocano già i Cassano e i Balotelli, gli oriundi e i naturalizzati (Thiago Motta, Taddei, Ledesma, Amauri ecc.), i giocatori lasciati a casa da Lippi, invece di pensare a programmi durevoli nel tempo.

Ognuno ha i propri candidati con criteri spesso geopolitici. Perchè noi italiani siamo passionali e non sappiamo aspettare e i risultati li vogliamo subito. Lo stesso, vituperato (ora) Marcello Lippi ha fatto errori di prospettiva, assecondato dalla Federazione, pensando solo all'oggi e perdendo tutto: vogliamo procedere sulla stessa strada?

Questo, nel suo piccolo (inteso come modesto), potrebbe diventare un momento epocale, per il nostro calcio. Cesare Prandelli è giovane e bravo: lo faremo lavorare in pace? Dalle prime mosse, pare che abbia molti già «aiutanti» in pectore che gli suggeriscono la formazione. Questo solo interessa ai più: la formazione, non il futuro.

Invece Prandelli ha buttato l'occhio più lontano, parlando di gruppo, di orgoglio da ridare a tutti, di identità tattica, di collegamenti con l'Under 21 da soppesare e magari da valorizzare, nella catena di montaggio che porta alla Nazionale. Sì pure alla moviola, a De Rossi possibile leader azzurro, a Pirlo punto di riferimento. Insomma non si partirà proprio da zero: qualcosa si può recuperare ancora, dalle macerie sudafricane. Ma che doveva dire, povero Prandelli? Che tutto va male e che siamo in mezzo al guano, ma possiamo utilizzarlo come fertilizzante?

«Vogliamo ribaltare le situazioni negative in positive e dimostrare a tutti che questo Mondiale è stata solo una parentesi di un certo tipo», ha sottolineato Prandelli. «Non tutto è da buttare, il calcio italiano ha qualità. Io penso che la meritocrazia paga sempre e se ci sono giocatori che meritano questa maglia devo essere premiati».

Prandelli non farà tabula rasa del lavoro di Lippi: «Il suo lavoro sicuramente non è da buttare. Ci sono giocatori che hanno mantenuto concetti importanti. L'obiettivo? Non dico che è vincere gli Europei ma è quello di arrivarci con una squadra che ha possibilità importanti». Il nuovo ct ha spiegato di non aver «mai pensato alla Nazionale fino alla chiamata del presidente Abete. Ho accettato in un secondo perché non si può dire no alla Nazionale».

Cesare Prandelli, infine, è favorevole all'utilizzo della tecnologia nei campi di calcio. Dopo le sviste arbitrali che stanno condizionando il Mondiale sudafricani il tecnico azzurro ha commentato: «Sarebbe un deterrente per la violenza e per abbassare i toni dopo le gare e forse sarebbe anche spettacolare durante la partite rivedere queste azioni. Sarebbe una soluzione fantastica - ha aggiunto - per creare uno spirito giusto e per consentire alle famiglie di andare allo stadio e vivere con maggiore serenità un momento fantastico».

© RIPRODUZIONE RISERVATA