Padoin: «Mi sento in colpa
Sono stato troppo onesto»

E adesso provate a spiegargli «l'importanza di essere onesto», tanto per dirla alla Oscar Wilde. Il paradosso di questo mondo che va sempre più al contrario è anche questo: indurre un ragazzo come Simone Padoin a sentirsi in colpa per essere stato onesto.

E adesso provate a spiegargli «l'importanza di essere onesto», tanto per dirla alla Oscar Wilde. Il paradosso di questo mondo che va sempre più al contrario è anche questo: indurre un ragazzo dai sanissimi principi come Simone Padoin a sentirsi in colpa per essere stato troppo onesto.

In un calcio nel quale si fa a gara a chi riesce a ingannare meglio l'arbitro o l'avversario, in cui si sviene al primo alito di vento o si fanno tuffi carpiati in aria appena sfiorati, c'è un ragazzo venuto dal Friuli che esce dal coro e ammette che lui no, non è mai stato ammonito per una simulazione e che per cadere di solito lo devono proprio buttare giù. Merce rara, roba da andarne fieri.

Eppure lunedì, il giorno dopo, Padoin non si dava pace ripensando a quell'episodio diventato poi il momento chiave della partita con il Bologna. «Ricordo bene: Portanova prova a saltarmi, gli rubo palla e sento la trattenuta. Per un attimo mi sono anche fermato, ma non ho sentito l'arbitro fischiare e allora ho continuato l'azione. E sapete tutti come è andata a finire».

«Lì per lì - racconta Padoin - non ho nemmeno pensato che Portanova era già stato ammonito, ci ho pensato dopo. Potevo essere più furbo e a quest'ora probabilmente parleremmo di una nostra vittoria. A posteriori penso di averla combinata grossa. Sono stato troppo onesto e troppo ingenuo. Mi dispiace molto per la squadra, mi sento colpevole per quello che è poi successo».

L'episodio è diventato determinante anche perché sul rovesciamento di fronte il Bologna ha pareggiato. E anche in questo caso si è discusso molto. «In pratica - spiega il centrocampista friulano - l'arbitro ha dato due opportunità al Bologna per segnare: prima con Di Vaio e poi con il rigore. Peccato, perché per come stavamo giocando era impensabile che perdessimo la partita. Prendere gol in quel modo invece ci ha tolto anche molte energie mentali e nervose».

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