Atalanta, Primavera da record
Bonacina racconta il prodigio

Negli almanacchi è già la Primavera dei record: dieci vittorie consecutive non era mai successo, che memoria si ricordi, e neppure nell'annata d'oro della doppietta «scudetto-Viareggio» della Banda Prandelli, stagione 1992-'93.

Negli almanacchi è già la Primavera dei record: dieci vittorie consecutive non era mai successo, che memoria si ricordi, e neppure nell'annata d'oro della doppietta «scudetto-Viareggio» della Banda Prandelli, stagione 1992-'93. E negli almanacchi, casella «albo d'oro», la Primavera atalantina spera di ritornarci dopo una quindicina d'anni d'assenza: il secondo e ultimo campionato in bacheca risale, infatti, alla Primavera di Vavassori, quella di capitan Bellini, nel '97-'98. Si aggiungano, poi, le tre Coppe Italia conquistate con Finardi tra il 2000 e il 2003.

Cimeli che, ovviamente, per un settore giovanile professionistico e di prim'ordine come quello atalantino, sono importanti se collegati all'obiettivo principale: formare calciatori, e uomini, pronti ad affermarsi nel «calcio che conta».

Ci sta provando, ora, Valter Bonacina con un avvio di stagione straordinario: nelle prime undici giornate tecnico e squadra hanno messo in archivio già trenta punti. Ko di misura (2-3) all'esordio sul campo dell'Inter, ma con già segnali di una squadra tosta, quindi dieci vittorie di fila, e un primato consolidato di giornata in giornata. L'ultima affermazione a Padova, e sabato a Zingonia arriva il Chievo, secondo della classe a -6.

Il «Cina», bergamasco doc, rientrato a lavorare con i giovani sui campi del Centro Bortolotti dopo la parentesi in Prima squadra al Foggia, ci ha raccontato un po' la sua Primavera vincente e il suo credo calcistico.

Mister, partiamo dal lettore, tifoso o appassionato, che non ha ancora visto giocare la Primavera e vuole sapere il perché delle dieci vittorie di fila e di un avvio così positivo. Bonacina come spiegherebbe il prodigio?
«Gli direi, prima di tutto, che è un gruppo di ragazzi seri con tanta voglia di lavorare e che sul campo non pensano solo al gioco individuale, ma giocano per la squadra. Questo è il punto di partenza. Come, per la nostra stagione, le dieci vittorie finora ottenute...».

E poi...
«Chiaro che c'è anche qualità. Alcuni giocatori, che avevano già compiuto la prima esperienza in Primavera con Fabio Gallo l'anno scorso e magari all'inizio con qualche difficoltà, sono cresciuti e adesso sanno esprimere al meglio le proprie potenzialità. I risultati positivi aiutano poi ad aumentare l'autostima e a giocare con più tranquillità. Ma si deve sempre migliorare: la filosofia del vivaio è portare più giocatori possibili alla prima squadra, i risultati una conseguenza».

Due dati. Un modulo fisso fin dalla prima giornata, il 3-5-2. E la mancanza di un vero bomber, bensì tanti giocatori andati a segno. Sono undici in tutto, con Doudou Mangni il più prolifico a quota quattro gol.
«Il modulo incide, seppur non motivo predominante dei successi. È un assetto tattico che ho ritenuto adatto vedendo giocatori più predisposti alla fase offensiva, ad andare in profondità, e un po' meno a quella difensiva. È un modulo che ci crea gli equilibri giusti, e consono alle caratteristiche degli esterni Conti e Barlocco. Loro, come il resto della squadra, hanno mostrato una crescita di partita in partita. È vero, non abbiamo l'autentico capocannoniere: arriviamo facilmente a finalizzare da destra, da sinistra e centralmente, e grazie anche allo spirito di squadra e al gioco la palla buona capita un po' a tutti...».

A centrocampo, meglio Palma da play basso oppure più vicino alle punte, fra le linee.
«Vicino agli attaccanti è un giocatore rapido, che ha cambio passo, un buon tiro e sa gestire. bene la palla. Davanti alla difesa può fare altrettanto bene perché dà equilibrio e geometria. Ad ogni modo, per lui come altri è giusto specie nelle giovanili cambiargli a volte ruolo e situazione di gioco, per accrescere il bagaglio personale».

A proposito, nel recente incontro di Coverciano con voi tecnici delle squadra Primavera, Arrigo Sacchi ha ribadito come il calcio italiano continui ad essere individualistico, specialistico e difensivo, e non unisca al meglio, come invece accade in Spagna, la tecnica individuale a quella collettiva. Mister Bonacina che ne pensa?
«Sacchi ha ragione, ma rimane un aspetto di fondo e basilare: occorre prima costruire giocatori con qualità individuali importanti. Nei settori giovanili, fin da piccoli, occorre lavorare di più sulla tecnica e sui fondamentali: come toccare la palla, come trattenerla, e via dicendo».

Torniamo alla nostra Primavera, l'altro aspetto cruciale è il gran carattere della squadra. Rispecchia quello di Bonacina da giocatore. Come riesce a trasmetterlo?
«Credo che avvenga naturalmente grazie alle giornate di lavoro sul campo e al rapporto che si instaura con i ragazzi».

Per un giovane, quali le maggior difficoltà nel salto dalla Primavera alla Prima squadra?
«Il fatto è che non sempre basta la tecnica e il fisico: per essere giocatore di livello devi anche possedere doti di personalità e di carattere. Nelle prime squadre, infatti, puoi trovarti a gestire situazioni, o per esempio le pressioni dell'ambiente e della piazza, che prima non avevi. Il farsi le ossa, prima di arrivare in serie A, comprende una maturazione a 360 gradi».

Ecco. Campionato di serie B. Fra i suoi ex giocatori alla Primavera, Zaza all'Ascoli sembra esploso.
«Anche Baselli al Cittadella si sta comportando molto bene. Di Zaza le qualità si sapevano, e sono felice che ora stia uscendo benissimo a così alti livelli. Ma nel calcio vanno valutate anche altre situazioni che càpitano fuori dal campo e i comportamenti».

Il futuro di Bonacina, dopo esperienze da vice della Prima squadra a Mandorlini, Delio Rossi e Colantuono, una terza stagione adesso alla Primavera, più la parentesi di Foggia?
«Un percorso, finora, che mi ha dato moltissimo. Anche ora, con Colantuono, nella sinergia fra Prima squadra e Primavera c'è un ottimo dialogo e ogni martedì e giovedì ci incontriamo sul campo, parlando dei ragazzi. Il futuro? Sabato c'è il Chievo».

Giulio Ghidotti

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