«Da pecora nera a primo della classe
Con “Ciborobico” ho trovato la strada»

La storia di Matteo: «A scuola non combinavo niente, questa opportunità mi ha aiutato a mettere ordine nella mia vita».

A rendere accogliente uno spazio, fin dal primo sguardo, sono i colori, la disposizione dei mobili e degli oggetti: ognuno di questi elementi, molto concreti, svela qualcosa di chi ci vive e lavora. Ci sono molti modi per prendersi cura degli altri e uno di questi è proprio allestire un ambiente armonioso, come spiega Marie Kondo, esperta giapponese del riordino, autrice di manuali a tema molto popolari: «Mettendo in ordine capirete a cosa dare importanza nella vostra vita e riuscirete a distinguere chiaramente i veri valori».

È questa la strada che ha seguito Matteo, un giovane di 23 anni con disabilità che dopo un percorso molto difficile dal punto di vista personale e scolastico è approdato alla cooperativa sociale «Why Not» e ora lavora part-time nel negozio di alimentari «Ciborobico» di via Promessi Sposi, in città. Anche lui è riuscito a «mettere ordine» nella sua vita. Da «pecora nera» a «primo della classe», perché ogni compito gli sta a cuore, compreso quello di disporre bene sugli scaffali scatole e barattoli, in un luogo dove nessuno è abbandonato a se stesso e la logica competitiva della società è ribaltata: ognuno ha un talento e con le condizioni giuste può esprimerlo e valorizzarlo. «Svolgiamo attività di assistenza alla persona – spiega Davide Minola, socio della cooperativa –, e nel caso del negozio di “Ciborobico” ci occupiamo di inserimento lavorativo di persone con disabilità. Cerchiamo di potenziare le abilità di intrecciare relazioni con le persone finalizzate alla vendita: le persone con disabilità che lavorano con noi vengono formate per diventare commessi, venditori o receptionist, se possibile li seguiamo fino agli inserimenti protetti in aziende diverse; alcuni invece restano con noi. Nel negozio ora abbiamo quattro dipendenti».

Già il nome lo dice: «Why not», «Perché no», dichiara l’obiettivo di offrire un orizzonte a chi è escluso da altre scelte, a chi per ragioni diverse ha sperimentato l’esclusione da itinerari «regolari» e talvolta solitudine ed emarginazione, partendo dal desiderio di far emergere e di valorizzare le capacità delle persone. «Noi – spiega Davide – iniziamo in genere con ragazzi molto giovani, a partire dai tirocini scolastici curricolari ed extracurriculari». «Why not?» è nata nel 2014, il negozio è aperto dal 2015. «Nel quartiere – continua Davide – è stato accolto come una novità. Non abbiamo i classici prodotti dei supermercati, ospitiamo i piccoli produttori locali del circuito biologico e cerchiamo di mantenere prezzi accessibili a tutti. Molti vengono a fare la spesa qui anche perché ci sono i nostri ragazzi. La grande sfida pedagogica è che persone normalmente “assistite”, perché hanno una disabilità qui assistono gli altri».

Matteo è stato il primo a essere assunto come dipendente: «Nonostante i suoi problemi e la sua alta percentuale di invalidità è diventato un bravo venditore». È arrivato a “Why not” quando frequentava ancora la scuola professionale, a 18 anni. Ha svolto un tirocinio di due mesi, ha proseguito grazie a una collaborazione col comune che si è protratta per un paio d’anni, infine è stato assunto: «Il primo incontro con “Why Not” – racconta Matteo – è stato subito positivo. Mi sono trovato bene, mi sono addirittura divertito anche se ovviamente dovevo lavorare. Prima avevo avuto un’altra esperienza di tirocinio in un grande magazzino: dovevo occuparmi del reparto di giardinaggio, ma non era il posto giusto per me, non mi sentivo a mio agio. Fra l’altro si trovava lontano da casa mia, quindi un po’ scomodo da raggiungere».

Ora lavora per 21 ore alla settimana: «Arrivo un po’ prima delle otto e mezzo per sistemare il negozio, lo pulisco e poi i responsabili mi indicano cosa c’è da fare. I miei compiti cambiano a seconda delle giornate. Il martedì, per esempio, è il giorno in cui arrivano la frutta e la verdura, bisogna riordinarla nelle cassette. Quando è tutto pronto apriamo e ci prepariamo ad accogliere i clienti». Matteo ha frequentato prima l’istituto Mamoli, con scarso successo, poi i corsi dell’Abf (Azienda bergamasca formazione) di via Monte Gleno: «Non mi piaceva andare a scuola, non riuscivo a stare tranquillo e i professori facevano fatica a gestirmi. Quando mi impegnavo, però, riuscivo a ottenere buoni risultati. All’Abf seguivo corsi di falegnameria, ma col tempo ho capito che non era l’attività giusta per me. Da quando sono qui, invece, seguo i corsi di formazione professionale dell’Enaip una volta all’anno e mi piacciono molto. Le spiegazioni degli insegnanti sono sempre chiare e posso applicare subito quello che imparo nelle attività quotidiane del negozio. Cerco di stare sempre attento e da pecora nera sono diventato il primo della classe – sorride –. Chi l’avrebbe mai detto?».

La sfida più importante per Matteo è stata quella di rispettare le regole, compreso l’abbigliamento: «Ero un po’ casinista, ho dovuto imparare, anche a scegliere i vestiti giusti, non troppo sportivi e non troppo modaioli, perché anche avere un aspetto sobrio e curato è una forma di rispetto nei confronti dei colleghi e di tutte le persone che incontro». I suoi compiti nel negozio gli hanno offerto subito molti spunti: «Ho imparato a ricordare i volti e i nomi dei nostri clienti abituali – dice Matteo –, quando entrano li riconosco, li saluto, chiedo sempre come va. Poi ho imparato a presentare le novità e le promozioni che offre il negozio. All’inizio ho fatto fatica, mi sentivo intimidito, ora invece, dopo quattro anni, mi sono abituato. Ci sono persone che vengono ogni giorno, qualcuno mi fa anche dei regali perché lo tratto bene, gli porto la spesa a domicilio, soprattutto alle persone più anziane, che faticano a sollevare pacchi pesanti. Ormai conosco bene le loro abitudini: so quali articoli scelgono, come il pane e il latte, se lo desiderano glieli tengo da parte. Ho imparato a conoscere perfino la dieta di alcuni, a consigliare la verdura, scegliendo quella di stagione. Conosco le caratteristiche dei prodotti: so cosa distingue, per esempio, quelli senza glutine, quelli artigianali e i biologici».

C’è un rapporto stretto tra «Why not» e la parrocchia: «Quando ho qualche momento libero cerco di dare una mano come volontario: a volte per esempio serve un po’ di volantinaggio». Matteo si è conquistato piano piano la fiducia dei responsabili della cooperativa: «All’inizio – spiega Davide – sarebbe uscito, andato al parco e rimasto fuori per tutta la mattinata, col tempo invece ha sviluppato precisione e senso di responsabilità». La sua più grande passione è il calcio: «Sono juventino e mi hanno detto che sul lavoro è meglio non parlarne – scherza –. A volte mi scaldo un po’, può capitare che ci sia qualcuno che tifa per un’altra squadra, magari capita di iniziare una discussione che poi non finisce più, e il negozio si trasforma in una succursale della Gazzetta dello sport. Qualche battuta sull’Atalanta si può fare, senza esagerare: tra un ordine e l’altro, un paio di commenti pacati sull’ultima partita».

Matteo fa parte di una famiglia numerosa, è il terzo di quattro fratelli: «Viviamo tutti insieme con mio padre, io sono il primo che è riuscito a trovare lavoro, gli altri stanno seguendo dei tirocini e in generale sono fieri di me, andiamo abbastanza d’accordo». Quest’anno Matteo è entrato nella squadra di calcio di Monterosso, e gioca nel ruolo di portiere: «Ho ripreso quest’anno dopo un lungo periodo di inattività. È sempre stato il mio sport, da quando avevo sei anni. Quando studiavo all’Abf il venerdì mattina ogni tanto organizzavano dei tornei, ma potevano partecipare solo i ragazzi che si comportavano bene, era un incentivo per stare tranquilli. Ora partecipo a due allenamenti alla settimana, la sera, dalle 20 alle 21,30. Anche lo sport è un bel mezzo di espressione, giocare mi fa sentire bene, anche se non vinciamo».

Il periodo dell’anno che Matteo preferisce è quello che precede il Natale: «È bello occuparsi dei cesti regalo e della bancarella che facciamo nel quartiere all’inizio dell’Avvento. C’è tanta gente e una bella atmosfera di attesa e di festa». Ci sono tante iniziative che ruotano intorno a «Why not», come per esempio i laboratori rivolti a ragazzi con disabilità: «Svolgiamo con loro diverse attività, come la realizzazione dei fiori di carta e delle decorazioni per le confezioni o i cesti, d’estate anche la cura di un frutteto e poi la preparazione delle marmellate con frutta prodotta». Un altro scoglio da superare per Matteo è stato la gestione del denaro: «La prima volta che ho ricevuto lo stipendio mi sembrava di essere ricchissimo, poi però ho anche sperimentato che il denaro se ne va via molto velocemente, bisogna imparare ad amministrarlo e a farlo durare fino alla fine del mese. Ho avuto bisogno di un po’ di aiuto in questo».

Anche il denaro che arrivava nella cassa all’inizio costituiva un problema: «Ogni tanto è capitato che mancassero piccole somme, dieci o venti euro, ma ora c’è un meccanismo di controllo che entra in funzione ogni due ore, e quando c’è un ammanco bisogna rimediare: questo di sicuro ha contribuito a farci diventare più scrupolosi e precisi nei resti». La vita di «Ciborobico» è scandita anche da piccole sfide che aiutano a migliorare: «A volte – osserva Matteo – facciamo a gara tra noi per promuovere alcuni prodotti specifici. Mettiamo in palio un caffè o una birra, ma questo rende il lavoro più interessante e spinge a superare timidezze e limiti. Qui non ho imparato solo a vendere ma anche a crescere e a pensare alla mia vita e al mio futuro».

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