Dai ristoranti all’agroalimentare
Il cibo è un business che vola

I dati della Camera di commercio rielaborati da Ascom: nel primo trimestre di quest’anno in città si contavano 245 tra ristoranti, pizzerie e trattorie a fronte dei 139 del 2009. In dieci anni una crescita del 76%. E l’agroalimentare genera nella Bergamasca un valore aggiunto pari a 1,4 miliardi di euro.

Per rendersene conto basta fare due passi in piazza Pontida, lungo viale Papa Giovanni o sulla Corsarola: l’avanzata di ristoranti, pizzerie e locali che vendono cibo da asporto in città è inarrestabile. Trovare un posto dove mangiare, dalle prime ore della mattina alla tarda serata, non è più un problema a Bergamo. Una piadina, un gelato, persino un arancino sono più facili da acquistare di un cacciavite o una spoletta di filo. Stando ai dati della Camera di commercio rielaborati da Ascom, nel primo trimestre di quest’anno in città si contavano 390 tra bar, pasticcerie e gelaterie, una ventina in più di dieci anni fa. Ristoranti, pizzerie e trattorie erano invece 245 a fronte dei 139 del 2009. In dieci anni una crescita del 76%. Due le cause principali all’origine del boom: le nuove abitudini dei consumatori e l’aumento dei flussi turistici.

Ma c’è un altro settore, ancora legato al cibo, che va a gonfie vele: l’agroalimentare genera nella Bergamasca un valore aggiunto pari a 1,4 miliardi di euro e occupa 28 mila addetti, risultando la filiera più rilevante dal punto di vista occupazionale dopo quella del «sistema casa». Il tutto al netto dell’agricoltura, che per sé sola occupa nelle sue 4.869 aziende attive 6.863 addetti. È il quadro che emerge dall’analisi delle filiere produttive bergamasche elaborata dalla Camera di commercio Bergamo che – oltre ad aver individuato nell’insieme di attività che ruotano intorno alla casa (edilizia, impianti, servizi) la più importante della nostra provincia in termini di numero di aziende (31 mila circa), addetti (82 mila) e valore aggiunto (3,8 miliardi) – ha identificato proprio nell’agroalimentare quella capace di offrire lavoro a una fetta consistente di persone. Ma c’è di più, perché quello che viene chiamato «agribusiness», seppur per poco (10,2%), è anche tra le 9 sulle 14 filiere produttive bergamasche a registrare un’incidenza sopra la media, in termini di valore complessivo dell’economia lombarda, al quale Bergamo contribuisce per circa un decimo (9,7%).

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