È morto Giampiero Galeazzi, aveva 75 anni. Volto e voce storica dello sport in Rai

Leggi qui l’ultima intervista rilasciata a L’Eco nel 2019 alla vigilia della finale di Coppa Italia tra Atalanta-Lazio.

È morto a 75 anni il popolare giornalista sportivo ed ex canottiere azzurro Gian Piero Galeazzi. La sua voce ha scandito le imprese dei fratelli Abbagnale, in quello che era stato il suo primo amore, il canottaggio. Ma dal tennis al calcio, le sue telecronache hanno accompagnato milioni di tifosi. Nato a Roma il 18 maggio 1946, Gian Piero Galeazzi ha legato la sua vita allo sport, prima praticandolo - vinse il campionato italiano nel singolo di canottaggio nel 1967 - e poi raccontandolo. Entrato in Rai da giornalista sportivo, fu subito inviato alle Olimpiadi del ’72 a Monaco per poi passare in tv a occuparsi delle telecronache.

«Bisteccone», questo il soprannome che gli venne affibbiato per la sua mole, si divideva fra tennis e canottaggio, concedendosi anche qualche sortita come inviato per «La Domenica Sportiva» nei big match di serie A. Galeazzi fu anche inviato Rai per l’incontro di Reykjavik fra Gorbaciov e Reagan nel 1986 e passò poi a condurre trasmissioni storiche come «90° Minuto», oltre a cimentarsi su altri palcoscenici, dal Festival di Sanremo a Domenica In, facendo anche da doppiatore per «Space Jam», il film con protagonista Michael Jordan. Tifoso della Lazio, da anni combatteva contro una grave forma di diabete.

Leggi l’intervista realizzata a Gian Piero Galeazzi, gran tifoso laziale, da Dino Nikpalj in occasione della vigilia della finale di Coppa Italia dell’Atalanta contro la Lazio del 15 maggio 2019 .

«L’Atalanta? È forte, è forte. Mica è lì al quarto posto per caso». La voce non è più quella tuonante di quando accompagnava (spingeva, letteralmente) i fratelli Abbagnale o Antonio Rossi all’ennesimo trionfo olimpico, ma il timbro è di quelli riconoscibilissimi. Unico, quasi un marchio di fabbrica. Del resto Giampiero «Bisteccone» Galeazzi è un’autentica icona del giornalismo sportivo italiano, il primo a coniugare un rigore quasi maniacale nella materia con un certo qual gusto per lo spettacolo.

Se adesso va tanto di moda l’entertainment sportivo, lui ha anticipato i tempi e da mo’: da quando nel 1994 cominciò a lavorare con Mara Venier in quell’autentico contenitore nazionalpopolare che era Domenica In dei tempi d’oro. Un’occasione per ampliare i confini della sua popolarità, fino a quel momento confinata nel mondo degli appassionati sportivi. Anche se nel 1986 gli era capitato pure di fare l’inviato di politica internazionale per lo storico incontro di Reykjavik tra Gorbaciov e Reagan. Si trovava in Islanda per la telecronaca di Valur-Juventus di Coppa Campioni e la Rai pensò bene di fare economia.

Guarda le sue telecronache che sono diventate leggenda della Tv come quelle dei fratelli Abbagnale .

«Cosa penso dell’Atalanta? La squadra più inglese d’Italia la definirei, con un fior di allenatore come Gasperini» spiega. E considerato che nelle Coppe europee 4 finaliste su 4 sono della (fu perfida) Albione, è un fior di complimento. «Secondo me è lei la vera favorita per la Coppa Italia», prosegue Galeazzi. E per uno che non ha mai fatto mistero (anzi) delle sue simpatie laziali, è un fior di viatico per la finale. O forse solo sana scaramanzia in vista del match dell’Olimpico.

Inviato di punta della Rai, opinionista a 360 gradi, Galeazzi «a Bergamo ci è venuto un sacco di volte, la conosco benissimo». Nonostante il poco feeling tra le due tifoserie: «Hai voglia, ne ho visti di scontri allo stadio e fuori tra bergamaschi e laziali. Mai stata una trasferta tranquilla». Ma del resto il monumentale cronista romano - un armadio di uomo con un passato da campione di canottaggio - che sabato prossimo compirà 73 anni è avvezzo alle situazioni calde. Pochi forse sanno che nel 1972 era al Villaggio Olimpico di Monaco a raccontare da dentro la tragedia dell’attacco terroristico di Settembre Nero.

Ma la Lazio è la Lazio: Galeazzi faceva parte a pieno titolo di quella pattuglia di giornalisti-tifosi che caratterizzava il 90° Minuto di un altro grande giornalista sportivo, Paolo Valenti. Dicevi Tonino Carino e leggevi Ascoli, Marcello Giannini uguale Fiorentina, Giorgio Bubba tra Genoa e Sampdoria, Luigi Necco era Napoli e il Napoli, Cesare Castellotti il Torino. In questo quadro di nomi mitici, il nostro era la Lazio. Senza possibilità di equivoci.

L’oro Olimpico dei fratelli Abbagnale a Sidney 2000 e la storica telecronaca di Giampiero Galeazzi .

Lazio che «secondo me parte sfavorita, lo dice anche la classifica». Ma l’Atalanta «non deve fare l’errore di pensare che la vittoria di domenica scorsa sia decisiva. Ogni partita si riparte da zero, soprattutto se è una finale». Pratica nella quale i biancocelesti sono discretamente ferrati: 4 in 10 anni, 2 vinte e 2 perse. «Sì, ma mercoledì è un’altra storia, quanto fatto finora non conta». E per lui saranno 90 minuti (salvo supplementari e rigori) tutti di sofferenza. Del resto la Lazio è il suo grande amore sportivo; nel 2000 quando vinse lo scudetto non ci pensò un attimo a mollare il Foro Italico e una partita degli internazionali di tennis (pare molto noiosa) per andare a festeggiare 200 metri più in là, all’Olimpico. Sullo schermo, per un’ora , passarono solo le immagini. Senza commento alcuno.

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