Immuni ora è operativa anche a Bergamo
Cosa succede se incontrate un positivo

Come funziona l’app di contact tracing e cosa succede se incontrate un positivo?

Immuni è operativa anche in provincia di Bergamo. Nell’ultima settimana l’app di contact tracing è stata sperimentata in quattro regioni - Puglia, Liguria, Abruzzo, Marche - e ora debutta a livello nazionale, anche nelle regioni che nelle ultime settimane hanno registrato più casi positivi. Lombardia compresa, quindi anche in Bergamasca. Ad oggi l’app è stata scaricata da 2,5 milioni di italiani, ma da lunedì 15 giugno è partita una massiccia campagna pubblicitaria per aumentare il numero di download. Più persone la scaricano, più sarà efficace.

Il compito dell’app è molto semplice: tracciare i contatti delle persone che risultano positive al Covid-19 e quindi potenzialmente contagiose. Ogni cittadini quindi può appartenere a due categorie: un nuovo contagiato che deve avvisare tutte le persone che ha incontrato negli ultimi 14 giorni oppure una delle persone che nelle ultime due settimane ha incontrato qualcuno risultato poi positivo.

L’app funziona attraverso il Bluetooth, cioè la tecnologia che consente di trasmettere i dati da uno smartphone all’altro. Per intenderci, lo stesso mezzo che viene utilizzato per connettersi alle casse portatili oppure agli auricolari. È importante spiegare quale tecnologia viene usata perché il tema è strettamente legato alla privacy. L’alternativa valutata dal ministero dell’Innovazione infatti si basava sul Gps, che consente di tracciare anche la geolocalizzazione degli smartphone. Il Bluetooth invece trasmette solo i dati da uno smartphone all’altro. Questo scambio è possibile grazie al lavoro fatto da Apple e Google che hanno consentito agli sviluppatori di sfruttare questa tecnologia per il tracciamento dei contatti nel rispetto della privacy. L’utilizzo del Bluetooth è l’unica autorizzazione che va rilasciata una volta scaricata l’app.

Come funziona? Secondo l’informativa resa nota dagli sviluppatori gli unici dati che l’app registra sono il giorno in cui si è verificato il contatto, la durata del contatto, informazioni sull’attenuazione del segnale per stimare la distanza tra i due dispositivi. Ogni giorno l’app genera una stringa alfanumerica che va a generare un codice identificativo. Ogni 15 minuti lo smartphone emette, attraverso il Bluetooth un nuovo codice. I dispositivi che entrano in contatto per 15 minuti e a una distanza di due metri si scambiano i codici identificativi e registrano questa informazione.

Per spiegare in modo concreto il procedimento, sul sito dell’app viene raccontato un tipico caso di contatto tra Marco e Alice. «Una volta installata da Alice, l’app fa sì che il suo smartphone emetta continuativamente un segnale Bluetooth Low Energy che include un codice casuale. Lo stesso vale per Marco. Quando Alice si avvicina a Marco, gli smartphone dei due utenti registrano nella propria memoria il codice casuale dell’altro, tenendo quindi traccia di quel contatto. Registrano anche quanto è durato il contatto e a che distanza erano i due smartphone approssimativamente.

I codici sono generati del tutto casualmente, senza contenere alcuna informazione sul dispositivo o l’utente. Inoltre, sono modificati diverse volte ogni ora, in modo da proteggere ulteriormente la privacy degli utenti.

Supponiamo che, successivamente, Marco risulti positivo al SARS-CoV-2. Con l’aiuto di un operatore sanitario, Marco potrà caricare su un server delle chiavi crittografiche dalle quali è possibile derivare i suoi codici casuali.

Per ogni utente, l’app scarica periodicamente dal server le nuove chiavi crittografiche inviate dagli utenti che sono risultati positivi al virus. L’app usa queste chiavi per derivare i loro codici casuali e controlla se qualcuno di quei codici corrisponde a quelli registrati nella memoria dello smartphone nei giorni precedenti. In questo caso, l’app di Alice troverà il codice casuale di Marco, verificherà se la durata e la distanza del contatto siano state tali da aver potuto causare un contagio e, se sì, avvertirà Alice».

Qualche limite c’è. Lo hanno spiegato gli stessi sviluppatori di Bending Spoons. Il segnale Bluetooth Low Energy usato dalla app Immuni e dalle altre app nazionali di tracciamento che sfruttano la tecnologia di Apple-Google «è molto influenzato da vari fattori di disturbo, per esempio gli ostacoli (in primis i corpi degli utenti) che si frappongono fra i due smartphone. Quindi non è realistico pensare di non avere ’falsi positivì e ’falsi negativì. Perché un utente venga notificato l’esposizione deve essere avvenuta a una distanza inferiore ai 2 metri per un tempo superiore ai 15 minuti», scrive Bending Spoons precisando che tali parametri sono stati decisi dal ministero della Salute.

Nel merito del funzionamento dell’app, «gli smartphone non possono misurare direttamente la distanza a cui avviene un contatto. Quindi, Immuni usa l’attenuazione del segnale Bluetooth Low Energy per ricavarne una stima. I nostri data scientist hanno eseguito svariati test di calibrazione per rendere questa stima la più affidabile possibile. Siamo anche in continuo dialogo con i gruppi di altri Paesi per imparare gli uni dagli altri e migliorare il risultato finale a beneficio di tutti - proseguono gli sviluppatori - I parametri al momento in uso sono quelli che, in base ai nostri test, garantiscono la stima mediamente più corretta relativamente alla soglia dei 2 metri».

«La calibrazione attuale è stata fatta in condizioni realistiche (per esempio, con gli smartphone in mano al tester o in tasca dello stesso)- sottolinea Bending Spoons - Peraltro, la calibrazione è in continuo divenire, man mano che facciamo altri test e Apple e Google proseguono col perfezionamento della calibrazione delle potenze del segnale Bluetooth Low Energy per i vari modelli di smartphone (Immuni ne supporta oltre 10.000)».

«Non sappiamo fare stime di quanti utenti finiranno per scaricare Immuni. Ed è difficile stimarne l’impatto ai vari livelli di diffusione (il nostro team di data science ha fatto tantissime simulazioni), perché questo dipende molto da tanti altri fattori. Quel che è certo è che più persone usano Immuni, più l’app può essere efficace». Anche se è chiaro che «Maggiore è la diffusione di Immuni, più sono i potenziali contagiati che l’app riesce ad avvertire e che possono quindi isolarsi, aiutando a contenere l’epidemia e ad accelerare il ritorno alla normalità. Se anche l’app finisse per salvare una sola vita, probabilmente ne sarebbe valsa la pena», sottolinea Bending Spoons, che invita a fare il download dell’app.

«Se tutti attendono a scaricarla per vedere se si diffonde abbastanza, entriamo in un circolo vizioso. Visto che l’app è gratis e che tutela molto bene la privacy, ci sentiamo di invitare tutti a scaricarla in serenità - scrivono gli sviluppatori - Alla fine vedremo se e quanto avrà aiutato. In ogni caso, così facendo non avremo rimpianti. Avremo fatto il massimo di cui eravamo capaci per aiutare l’Italia».

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