Inflazione giù del 3,6% in quattro mesi, crescono ancora i tassi dei mutui

I DATI DELL’ISTAT. Variazione prezzi al +6,4% contro il +10 di novembre 2022. Cala l’energia, timida frenata del carrello della spesa. Interessi sui prestiti al 4,12%, Belotti: «Ma siamo al picco».

Un rallentamento, di nuovo. La corsa dell’inflazione perde ancora velocità, dopo un’escalation ormai lunga un anno: perché se i prezzi sono ancora decisamente al di sopra dei livelli pre-guerra (il conflitto ha accelerato in realtà una situazione già in ascesa), ora si consolidano alcuni segnali di «raffreddamento».

Secondo i dati diffusi ieri dall’Istat e riferiti a marzo, in Bergamasca l’inflazione annua – la variazione tendenziale, cioè la variazione dei prezzi tra marzo 2023 e marzo 2022 – è scesa al 6,4%, contro il valore del 7,9% che si registrava a febbraio. Una «limatura» di un punto e mezzo percentuale (in linea col dato nazionale, che ha visto un arretramento dal 9,1% al 7,6%) che rappresenta il quarto mese consecutivo di riduzione del valore dell’inflazione annua, che aveva raggiunto il picco a novembre 2022 (+10% in Bergamasca). Rispetto dunque all’apice di novembre, ora l’indice è sceso di 3,6 punti (in quattro mesi).

Una conferma più significativa è nel dato dell’inflazione congiunturale, cioè la variazione mensile dei prezzi: sempre in provincia di Bergamo, a marzo i prezzi sono scesi complessivamente dello 0,3% rispetto a febbraio ; l’ultimo «segno meno» risaliva a settembre 2022 (-0,1%), e in precedenza a settembre 2021 (-0,2%).

La flessione dell’indice generale dei prezzi è legata ancora al calo dei prezzi dell’energia, la voce fin qui più pesante. «A marzo prosegue la fase di rapido rientro dell’inflazione – spiega l’Istat -, guidata dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici, sia della componente regolamentata sia di quella non regolamentata (entrambe in netto calo su base congiunturale). Emergono, inoltre, nonostante il permanere delle tensioni al rialzo nel comparto dei beni alimentari non lavorati e dei servizi, segnali di esaurimento della fase di accelerazione che, nei mesi scorsi, aveva caratterizzato la dinamica dei prezzi di ampi settori del paniere».

Guardando alla variazione mensile dei prezzi in Bergamasca, l’energia elettrica e il gas arretrano del 17,5%, e così più in generale le spese per l’abitazione scendono del 7,5%. Salgono invece dello 0,8% i prezzi dei trasporti e dello 0,7% quelli dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche. Quest’ultima voce, il vero e proprio carrello della spesa, dà però segnali di timida frenata dopo una lunga rincorsa: se si passa infatti all’inflazione annua, questa voce si attesta al +11,3%, mentre a febbraio l’indicatore si attestava all’11,6% raggiungendo il picco. In altri termini: la spesa è sempre salata, ma i rincari iniziano a essere meno pesanti. Altre voci della quotidianità: l’inflazione annua per abbigliamento e calzature è del 3,2%, quella degli articoli per la casa è pari al 7,8%, i servizi per la salute sono all’1,6%, i ristoranti al 7%, i servizi per l’alloggio (alberghi e altre strutture) al 12,3%.

Bergamo rimane ancora nella parte bassa della classifica dell’inflazione, solo 6 province italiane evidenziano un’inflazione annua più contenuta: si tratta di Cremona (6,3%), Rovigo (6,2%), Gorizia (6,2%), Catanzaro (5,9%), Reggio Calabria (5,9%) e Potenza (4,8%); il dato più pesante è a Genova (9,8%), mentre in Lombardia è in testa Milano (8,2%).

Il caro-mutui

A rappresentare ancora un’incognita sono invece i tassi dei mutui. La nota diramata nei giorni scorsi dalla Banca d’Italia sull’andamento del credito ha segnalato che a febbraio i tassi d’interesse sui prestiti erogati alle famiglie per l’acquisto di abitazioni si sono attestati al 4,12% (si parla del Taeg, nello specifico), contro il 3,95% di gennaio. Valori che non si vedevano dal 2012, sulla scorta del progressivo rialzo dei tassi imposto dalla Banca centrale europea per mitigare l’inflazione. Tradotto in concreto: secondo le stime dell’Unione nazionale consumatori, rispetto a un anno fa le rate dei mutui pesano fino a 159 euro in più al mese in media.

Quali sono gli effetti sul mercato immobiliare? Il risultato, come confermano i dati Istat, è una riduzione dei mutui e degli altri finanziamenti legati all’acquisto di immobili del 7,4% a livello nazionale, mentre su base regionale la flessione è ancora più consistente: -21,4%. Si è passati infatti dai 27.847 mutui del secondo trimestre ai 21.878 del terzo. «Sicuramente il continuo aumento dei tassi rappresenta un elemento ostativo alla tranquillità del mercato – premette Gianfederico Belotti, agente immobiliare e direttore del borsino “Valore Casa&Terreni” -, considerando che l’80% degli acquirenti ricorre al mutuo. È però lettura condivisa che questi livelli rappresentino il picco, e che possa intravedersi una progressiva discesa che nel giro di un anno potrebbe riportare i tassi ai valori consueti. Un effetto dell’inflazione sul mercato immobiliare lo si legge nell’aumento dei prezzi per la costruzione del nuovo, specie per le “case green”, per via del forte incremento dei costi delle materie prime».

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