L’addio a Pepi Merisio - Foto e video
«Sincero e onesto, un grande uomo»

Il ricordo del parroco di Sant’Anna al funerale del decano della fotografia. «La società ha bisogno di persone creative, positive, capaci di messaggi di pace come Pepi Merisio».

«Pepi ha vissuto da cristiano, è stato uomo onesto e sincero. La nostra società ha bisogno di persone creative, positive che danno messaggi di pace come ha fatto Merisio» : così don Eliseo Pasinelli, parroco di Sant’Anna a Bergamo, ha voluto ricordare Pepi Merisio durante la celebrazione del funerale nella mattinata di venerdì 5 febbraio: un grande fotografo dalle straordinarie doti artistiche ma soprattutto dalle indiscusse qualità umane, vissuto nel solco del cristianesimo.

Pepi Merisio è stato celebrato in questi giorni come il decano del fotogiornalismo italiano, protagonista indiscusso dell’epoca d’oro dei reportage, narratore antropologico per immagini, scopritore di genti e terre e – soprattutto - fotografo personale di Paolo VI. Don Pasinelli però ha voluto ricordare l’uomo Pepi Merisio: onesto, sincero, testimone di fede. Il maestro di fotografia è morto il 3 febbraio scorso, all’età di 90 anni, all’ospedale Humanitas Gavazzeni dove era ricoverato da alcuni giorni. Nella chiesa si Sant’Anna in Borgo Palazzo, in molti pur nel rispetto delle restrizioni anti Covid, hanno voluto stringersi in un ultimo caloroso abbraccio ai figli Luca e Marta e ai numerosi nipoti. Presente anche il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori.

«Cantore di una civiltà contadina al tramonto», come è sempre stato definito, nato a Caravaggio nel 1931, Merisio ha vissuto gli anni della caduta del fascismo e della rinascita nazionale, ha assistito all’abbandono delle campagne travolte dal boom economico, che ha strappato il Paese alle radici rurali, ha fissato nelle istantanee storie vere e tradizioni autentiche, senza indugiare in nostalgici rimpianti. A ricordarlo, anche in chiesa, uno dei suoi scatti in bianco e nero di un realismo bruciante, capace di scatenare emozioni.

Merisio non ha mai mancato di porre attenzione alla religione, ai riti, alle liturgie, al mondo cattolico insomma («Il lavoro che mi ha dato più soddisfazione? Il fotografare il mondo contadino, forse l’humus cattolico»). Nel 1964 pubblicò su Epoca il servizio «Una giornata col Papa», pietra miliare della grande fotografia, avviando un lungo lavoro con Papa Paolo VI. Dal 1964 al 1978 sarà lui a seguire il pontificato di Paolo VI in Vaticano e nei viaggi all’estero. Con il pontefice condividerà intere giornate, immortalerà gli eventi più esaltanti, ma talvolta più riservati di Montini.

Oggi la preziosa eredità di Merisio è in gran parte custodita nel Fondo Merisio al Museo delle Storie di Bergamo: 252.000 diapositive, 165.000 negativi su pellicola e 154.000 stampe, un archivio sterminato, un interminabile racconto per immagini: istantanee che ora sono affreschi, ora poesia, ora omaggio ora narrazione sociale. Merisio ha sempre mantenuto fede all’etica della sua professione. «Io fotografo allo stesso modo il contadino come il Papa – diceva -. Il rapporto che stabilisco con il soggetto è umano; non inseguo effetti particolari o spettacolari. Nelle foto cerco di essere il realista possibile. Contemplo la presenza umana tutta».

© RIPRODUZIONE RISERVATA