Una nuova guida di Bergamo con le voci di Donizetti, Mayr, Tasso e Giovanni XXIII

Gli autori sono Angelo Mapelli e Olimpio Talarico, docenti del liceo delle Scienze umane Secco Suardo. Un’opera originale che è guida, saggio e racconto allo stesso tempo, nella quale a descrivere le bellezze della città sono personaggi illustri del passato

«Non un guida, non un saggio, non un racconto, ma tutt’e tre queste cose insieme»: questo è, nelle parole e intenzioni dei due autori, «Bergamo viva» (Aliberti Editore, pp. 186, euro 14,90), una nuova guida della città concepita, però, in modi lontanissimi dallo stile Lonely Planet o Touring Club: «l’importante era non fare un doppione di guide già esistenti», spiegano gli autori: due non bergamaschi, docenti di Lettere presso un Liceo bergamasco: il milanese Angelo Mapelli, il crotonese Olimpio Talarico. E’ il loro secondo libro «a quattro mani» (ma non si scrive con una mano sola?), dopo «Racconti tra Nord e Sud» (Rubbettino, 2014): «due maniere, due stili diversi, che hanno dovuto armonizzarsi». La forma che è stata data alla presentazione dei monumenti, opere d’arte, bellezze della città e del suo territorio è quella del dialogo tra/con figure illustri del passato. E’, per esempio, un lungo colloquio tra Simone Mayr e Gaetano Donizetti a illustrare pregi, eminenze, storia degli edifici della Piazza Vecchia: la statua del Tasso, con opportuna eco delle «riserve» che suscitò in più d’una voce («Meglio in carcere eterno a Ferrara / Che fra l’ugne d’un altro Vismara», recita sonetto denigratorio citato dal Belotti), per il suo aspetto più da «Atlante corpulento» che da «esile» poeta; il Palazzo della Ragione, il Campanone con i suoi cento colpi, il Palazzo Nuovo, la Cappella Colleoni. E dallo stesso Torquato, di ritorno a Bergamo nell’agosto 1587, e in compagnia del cugino Ercole, sono visitate e lodate le opere del Lotto e la valle d’Astino.

L’Accademia Carrara è oggetto di un’«intervista impossibile» all’eponimo conte Giacomo, il centro della Città Bassa, da San Leonardo al Sentierone, è percorso da Angelo Roncalli, di ritorno da Roma nel novembre 1901. Chiude, infine, una descrizione del Bosco della Memoria, dove una bambina guarda «un uccellino appoggiato su un ramo, incurante dei morti, delle malattie, delle sirene». Come nel «Settimo Sigillo», dove la funebre tensione della peste, della partita a scacchi con la Morte, dà pur luogo al bambino che «giunge al miracolo» (Bergman), al frullare improvviso delle ali di un passero.

L’illustrazione dialogica dei luoghi è integrata da note esplicative, a pie’ di pagina, in corpo minore e stile più «tecnicamente», propriamente informativo/erudito, che compensano, anche, la sfasatura cronologica fra il passato dei colloqui immaginari e l’oggi. A Mapelli si deve, in particolare, la parte più storica, storico-artistica, erudita («mi è stata utilissima la “Storia” di Bortolo Belotti, rivela). Forse soprattutto a Talarico quel sentimento dei luoghi, quella capacità di «sentire» il paesaggio, che lo scrittore di Crotone aveva già dispiegato nei suoi romanzi calabresi, ed ha dovuto trasferire, qui, nei diversi scenari del Nord. La «guida», del resto, nasce dall’«obbligo di dire “grazie” alla bellezza di Bergamo e del suo territorio», come si denuncia nelle primissime pagine. E, a volte, come si scrive nell’ultima, pur in temperie di malattia e morte, «basta la bellezza di un posto a rassicurarci».

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