Valencia, reporter positivo: ma sto bene
Cosa succederà all’Atalanta e ai tifosi?

«Mi sento perfetto. Ho i sintomi di un’influenza, ma niente di più. Sto bene, sono calmo e molto ben curato». Quello di Kike Mateu, 44 anni, giornalista della radio Intereconomia Valencia ed editorialista del quotidiano Las Provincias, è il primo caso di coronavirus accertato a Valencia.

Il contagio è avvenuto in occasione della sfida di San Siro tra il club spagnolo e l’Atalanta, sfida d’andata degli ottavi di finale di Champions League, giocata a Milano lo scorso 19 febbraio. Ma se le condizioni dell’uomo, ricoverato all’Hospital Clínico di Valencia da ieri mattina, non destano preoccupazioni, il clima nella città spagnola non è dei più sereni. E giocoforza impatta sui preparativi in vista della sfida di ritorno, fissata al Mestalla per il prossimo 10 marzo, tenendo in apprensione Bergamo e in particolare i 2.377 tifosi atalantini che dovrebbero gremire il settore ospiti.

Rientrato dalla città meneghina e accusati i primi sintomi, «per senso responsabilità sono andato dal medico, che mi ha mandato in ospedale per sottopormi al test – ha raccontato lo stesso giornalista in un videomessaggio pubblicato sul sito del quotidiano Las Provincias -. Nessuno è allarmato, mi sento bene». Ieri in serata il bollettino diffuso dalla Comunità valenciana ha portato a 8 il totale dei casi accertati. Quattro di questi, secondo i media spagnoli, sarebbero riconducibili proprio a un contagio legato al giornalista che ha seguito Atalanta-Valencia. Tutti, comunque, presentano condizioni non gravi. Ieri sera, i contagi in tutta la Spagna erano arrivati a 23

Che succederà, dunque, all’Atalanta e agli atalantini? Al momento nessuna decisione è stata presa, dunque il programma resta confermato. La situazione si sviluppa su due piani. In primis quello puramente sportivo, cioè sul disputare la gara, questione che al momento non è messa in dubbio: è soprattutto la Uefa ad avere in mano il pallino, e la federcalcio europea ha comunicato che «continuerà a monitorare attentamente la situazione relativa a Covid-19 e a collaborare con le autorità competenti al riguardo»; è alle scelte della Uefa che l’Atalanta – che non ha rilasciato comunicazioni – fa riferimento. Poi, appunto, c’è la «cornice», cioè la questione del pubblico. Le parole rilasciate mercoledì da Hermelinda Vanaclocha, vicedirettrice dell’Epidemiologia della Generalitat valenciana non erano un’iniezione di ottimismo («Non so nemmeno se l’Atalanta sarà in grado di venire a Valencia...»), ma anche la giornata di ieri è stata interlocutoria. A predicare calma è stato il sindaco di Valencia, Joan Ribó: «Siamo tutti tranquilli, abbiamo un ottimo sistema sanitario – ha dichiarato prima di un Consiglio comunale –. Faremo comunque tutto ciò che ci dicono le autorità sanitarie».

Praticamente certa sarà la misurazione della febbre per chi, provenendo dalle aree più colpite dal coronavirus e quindi anche da Bergamo, sbarcherà all’aeroporto di Valencia. E se il Valencia, raccontano i rumors, sarebbe dell’idea di preferire una «chiusura» ai tifosi bergamaschi (ma una scelta arbitraria del club potrebbe portare a sanzioni), le autorità locali concentrano la propria attenzione su un altro evento, immediatamente successivo alla sfida di Champions: cioè le Fallas, la festa principale della città che attira decine se non centinaia di migliaia di turisti e genera un giro d’affari rilevantissimo. Far scattare misure da psicosi, anticipandole sin dalla sfida di Champions, impatterebbe parecchio sui conti valenciani.

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