Crescere sì, ma in modo sostenibile.
È la nuova etica Gen Z del lavoro

CAPITALE UMANO. I giovani pretendono coerenza tra valori, formazione e impatto reale sull’ambiente e le comunità. La docente Alessandra Vischi (Alta Scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica): «Cercano un impiego “buono”. E non si intende solo lo stipendio»

La Gen Z non è attenta solo allo stipendio, ma anche alle modalità di lavoro che gli consentono di ottenerlo. Sempre più giovani scelgono infatti le aziende non solo per il contratto o i benefit, ma per l’impatto che generano sull’ambiente e sulla società. È la fotografia che emerge da diversi osservatori internazionali e nazionali: LinkedIn, nel suo Global Green Skills Report, mostra che a livello mondiale la quota di professionisti con competenze green è aumentata del 40% in tre anni, segno di una transizione già in atto. Anche se nell’ultimo report c’è stata un lieve rallentamento a livello italiano sul fronte delle assunzioni green: -0,1%. Ma la sostenibilità non si esprime solo nei ruoli: secondo l’Istat, una larga percentuale di imprese manifatturiere italiane ha dichiarato di aver adottato pratiche concrete di tutela ambientale e di voler potenziare tali iniziative entro quest’anno. E tornando sul target della Generazione Z, l’indagine Sylla, pubblicata nel libro «Ma quale Gen Z?» di Francesco Morace e Linda Gobbi, dice che per gli under 29 la sostenibilità ambientale nell’industria è fondamentale (vedi l’infografica qui sotto).

Laboratorio di sostenibilità

Il mondo del lavoro, insomma, si sta trasformando in un laboratorio di sostenibilità e proprio qui si gioca una parte decisiva dell’attrattività verso la Generazione Z. Le indagini europee lo confermano: per i giovani tra i 16 e i 30 anni, ambiente e sostenibilità figurano tra le massime priorità. La Youth Survey e l’Eurobarometro Giovani indicano che oltre il 60% degli under 30 considera la crisi climatica il problema principale del proprio tempo e più del 70% ritiene che le imprese debbano essere parte attiva del cambiamento. Una sensibilità che, spiega Alessandra Vischi, direttrice dell’Alta Scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica di Brescia, «nasce da un percorso educativo e valoriale lungo, frutto di un’attenzione crescente all’impatto delle scelte individuali e collettive. I giovani hanno interiorizzato la connessione tra benessere personale e benessere del pianeta. Questo è dovuto ai sempre più evidenti effetti dei cambiamenti climatici che costringono le coscienze ad assumerli quali oggetto di riflessione, talvolta sfociando in lecite preoccupazioni. Una formazione adeguata, tuttavia, consente di guardare alle criticità attuali con maggiore consapevolezza, acquisire competenze adeguate a saper governare i cambiamenti, assumere un approccio critico. Per trasformare questa consapevolezza in azione servono, infatti, strumenti, competenze e accompagnamento formativo».

Il costo della vita

La docente commenta così il report Youth Survey: «Nel report, oltre a essere evidente l’attenzione dei giovani rispetto ai cambiamenti climatici e all’ambiente, tra le priorità vi è al primo posto l’aumento dei prezzi e il costo della vita, mentre al terzo posto la situazione economica e la creazione di posti di lavoro. Ciò significa che una delle maggiori preoccupazioni dei giovani, oltre a quella ambientale, rimane il sostentamento economico legato al tema del lavoro, che insieme costituiscono le basi sulle quali progettare il proprio futuro». Sul fronte dell’occupazione, la docente invita alla prudenza: «I numeri dei green jobs sono incoraggianti, ma la loro accessibilità per i giovani non è ancora scontata. Esiste una distanza tra la domanda di competenze e l’offerta formativa, che va colmata. Per questo la formazione deve evolversi, creando figure ibride, capaci di coniugare conoscenze tecniche e visione etica».

ASA, l’Alta Scuola per l’Ambiente che dirige, ne è un esempio concreto: in collaborazione con Arpa Lombardia, ha istituito venti borse di studio per under 28 impegnati nei master dedicati alla gestione e comunicazione della sostenibilità e al rischio climatico, con l’obiettivo di rispondere da un lato alle richieste delle imprese profit, no-profit e for benefit, dall’altro ai bisogni formativi dei giovani (e non solo), che inserendosi nelle organizzazioni potranno arricchire il tessuto lavorativo con le loro competenze: «Tutto questo perché il territorio necessita di professionisti capaci di governare i cambiamenti e promuovere un approccio sostenibile nei diversi contesti lavorativi». Secondo Deloitte, oltre il 40% dei lavoratori della Gen Z valuta l’impegno ambientale come fattore determinante nella scelta di un’azienda; per il 49% dei Millennial è tra le prime tre ragioni di permanenza o dimissione. Ma quanto di tutto questo è reale e quanto invece si ferma solo alla teoria? «Il rischio del greenwashing è concreto – avverte Vischi –: oggi la sostenibilità viene spesso letta come occasione per attirare i clienti e non come visione radicata nell’agire dell’impresa. È importante allora includere ogni sfera della sostenibilità nelle organizzazioni, come radicata cultura di impresa, quale autentico impegno che apre al futuro, nel segno del coinvolgimento di tutti gli stakeholder e leva strategica per il profitto nel medio-lungo periodo. Possono allora essere utili strumenti come certificazioni, report e valutazioni di impatto che attestino il reale impegno dell’organizzazione per uno sviluppo sostenibile».

Tra idealismo e pragmatismo

Sul piano valoriale, la Gen Z resta divisa tra idealismo e pragmatismo. «La sensibilità ambientale è altissima – spiega ancora Vischi – ma non sostituisce il bisogno di sicurezza economica, come mostrato precedentemente nel report Youth Survey. I giovani cercano un lavoro “buono”, che unisca dignità, coerenza e stabilità. Lo stipendio conta, ma conta anche il senso». In questo equilibrio tra aspirazione e realtà, le aziende giocano un ruolo decisivo: chi investe in sostenibilità autentica, in formazione e in welfare ambientale, costruisce non solo reputazione, ma fedeltà.

«Le imprese sono chiamate a favorire un lavoro educativo capace di realizzare la fioritura dell’umano –sottolinea Vischi –. Diviene così fondamentale la formazione, quale processo di cambiamento e crescita della persona, e ancora l’impegno di promuovere il benessere all’interno dell’impresa, così come l’attenzione a costituire spazi inclusivi, capaci di valorizzare le peculiarità di tutti e ciascuno».

Delta Index: urge il cambiamento

In questo scenario, il compito dell’Osservatorio Delta Index è dare voce a questo cambiamento, analizzando come l’attenzione alla sostenibilità stia ridefinendo i criteri di attrattività aziendale per la Generazione Z. I dati lo confermano: l’impresa del futuro non sarà solo efficiente o redditizia, ma anche coerente. Perché per i giovani lavoratori, la vera crescita non è solo professionale, ma anche etica. E il lavoro che vale è quello che, oltre a far guadagnare, aiuta a respirare meglio.

LA SCHEDA

Chi è Alessandra Vischi

Prof esperta di pedagogia e sostenibilità

Alessandra Vischi, ordinario di Pedagogia Generale e sociale, è direttrice dell’Alta Scuola per l’Ambiente (ASA) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Brescia. Si occupa di sostenibilità come cultura d’impresa e come competenza, formando figure ibride capaci di coniugare sapere tecnico e visione etica. Ha coordinato fino al 2024 l’area Formazione di ASA e dal 2022 dirige il master in Gestione e comunicazione della sostenibilità. È inoltre coordinatrice del corso di laurea magistrale in Progettazione pedagogica e formazione delle risorse umane, attivato nella Facoltà di Scienze della Formazione e dirige il gruppo di lavoro dedicato alle comunità energetiche rinnovabili di SIPeGeS.

Per approfondire il tema del rapporto tra AZIENDE e GENERAZIONE Z collegarsi al sito dell’Osservatorio Delta Index e di Skillherz

© RIPRODUZIONE RISERVATA