Delta Index
Giovedì 04 Dicembre 2025
Italia senza nuove leve: gli over 50 salgono, i giovani arretrano
CAPITALE UMANO. La crescita occupazionale premia i lavoratori maturi e penalizza gli under 34: –159mila giovani in un anno. L’Osservatorio Delta Index: senza orientamento continuo, onboarding strutturato e comunicazione autentica, il ricambio generazionale non può reggere
Le statistiche di ottobre arrivano sempre come un bollettino che scandisce l’umore del Paese. Stavolta raccontano un’Italia in apparente salute: 75 mila occupati in più, disoccupazione al 6%, tasso di occupazione al 62,7%. Tutto sembra andare nella direzione giusta, come se il mercato del lavoro avesse finalmente trovato un ritmo stabile dopo anni di incertezze. Eppure basta fare quello che facciamo ogni settimana all’Osservatorio Delta Index – aprire la lente generazionale, mettere in colonna le età, osservare chi sale e chi scende – per scoprire che la fotografia complessiva nasconde un’inclinazione pericolosa.
Il nodo è lì, nella curva per età
Il confronto tra ottobre 2024 e ottobre 2025 è netto. Non serve interpretazione, parlano i numeri:
–108mila occupati tra i 15 e i 24 anni (tasso –1,9)
–51mila tra i 25 e i 34 anni (tasso –0,7)
+101mila tra i 35 e i 49 anni (tasso +0,8)
+344mila tra i 50 e i 64 anni (tasso +1,9)
+483mila over 50
La crescita c’è, ma non riguarda chi sta entrando o dovrebbe entrare ora nel mercato del lavoro. È un’Italia che lavora, ma senza i giovani.
Un Paese che perde energie fresche
A uno sguardo superficiale potrebbe sembrare un ciclo virtuoso: più stabilità, più continuità. Ma per chi studia la relazione tra aziende e Gen Z, questa polarizzazione è un campanello d’allarme: più il sistema si sorregge sugli over 50, più diventa fragile quando deve innovare, cambiare, riposizionarsi. Le imprese lo sanno già: la scarsità di giovani è la vera minaccia del prossimo decennio. E i dati Istat lo confermano mese dopo mese.
Il paradosso della disoccupazione giovanile «in calo»
La disoccupazione under 25 scende sotto il 20%. Sembra un segnale di ottimismo. Ma il punto è un altro: se scende l’occupazione e scende anche la disoccupazione, vuol dire che una parte dei giovani smette di cercare. Il mercato del lavoro italiano è pieno di adulti occupati e di giovani che restano ai margini. Una dinamica già osservata in passato, ma che oggi – con la crisi demografica – pesa il doppio. Il commento del Ministero del Lavoro parla di investimenti nelle competenze digitali, green, tecnico-professionali; di servizi per il lavoro potenziati; di misure per giovani, donne, lavoratori in transizione. Sono azioni strategiche, indispensabili. Ma viste dalla prospettiva Delta Index – la prospettiva delle relazioni quotidiane tra aziende e ragazzi – emerge un’altra verità: le leve strutturali non bastano se l’ingaggio non è continuo. E qui si apre la frattura. Tre fenomeni tornano sistematicamente:
Le aziende non sono riconoscibili
- Solo il 7% ha una strategia social strutturata
- I giovani cercano autenticità, trovano formalità
Il contatto avviene troppo tardi
Il 40% non ha relazioni stabili con scuole e ITS
Ci si incontra per la prima volta al colloquio: troppo tardi per costruire fiducia
L’ingresso in azienda non è accompagnato
Solo il 9% ha un onboarding vero, fatto di tutoraggio e feedback regolari
E senza guida i giovani si perdono nei primi mesi.
Questi tre elementi, messi insieme, costruiscono l’esatto perimetro della perdita annuale di occupati giovani.
I giovani non mancano, non vengono intercettati
C’è un punto che ritorna nelle testimonianze delle aziende che partecipano al nostro Osservatorio: «I giovani sono pochi e difficili da trovare». Ma il dato dice altro: sono pochi, sì, ma soprattutto difficili da coinvolgere con gli strumenti che il sistema utilizza oggi. Il mismatch più grande non è tra competenze richieste e competenze offerte: è tra narrazione del lavoro e percezione del lavoro.
- Job description generiche
- Processi di selezione tradizionali
- Ruoli poco spiegati
- Scarsa chiarezza sugli sviluppi
- Clima aziendale raccontato male o non raccontato
Quando il racconto non funziona, il mercato si svuota nella parte più giovane.
Una generazione che osserva prima di entrare
La Gen Z non entra al buio. Vuole capire come si sta, con chi lavorerà, cosa imparerà nei primi sei mesi. E oggi, su questi aspetti, troppe aziende sono ferme ai minimi storici. Lo vediamo chiaramente nel Delta Index: gli indicatori legati ad autenticità, onboarding e formazione continua sono quelli con i punteggi più bassi. E sono gli stessi che, nel mercato del lavoro, determinano turnover precoce o rinuncia in fase di candidatura.
Un Paese che cresce senza i giovani non regge
La vera domanda non è: «L’Italia cresce?». La domanda vera è: «Chi sta crescendo dentro quella crescita?». Se a trainare sono solo gli over 50, il sistema si allarga nel breve e si restringe nel lungo. Perché il ricambio generazionale non si improvvisa, si costruisce. E oggi questa costruzione è ancora troppo episodica. Cosa serve adesso? Per cambiare traiettoria servono tre azioni immediate, semplici e concrete:
- Anticipare l’incontro
Andare nelle scuole, negli ITS, nelle università non una volta l’anno, ma in modo stabile.
- Accompagnare davvero i primi 6 mesi
Un giovane resta quando trova qualcuno che gli spiega come si lavora, non quando trova un contratto.
- Rendere il lavoro comprensibile
Ruoli chiari, aspettative esplicitate, attività raccontate con trasparenza.
Il mercato del lavoro cresce. Ora bisogna far crescere anche la generazione che dovrebbe garantirgli futuro.
Per approfondire il tema del rapporto tra AZIENDE e GENERAZIONE Z collegarsi al sito dell’Osservatorio Delta Index e di Skillherz
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