Delta Index
Mercoledì 17 Dicembre 2025
«L’errore fa paura alle aziende. Ma senza non possono crescere»
CAPITALE UMANO. Dalla settima puntata della video-intervista dell’Osservatorio Delta Index al manager Alessandro Profumo (ex Unicredit e Leonardo) emerge una sfida culturale chiave: trasformare lo sbaglio in un alleato educativo. Le imprese che vogliono attrarre giovani devono imparare a farne uno strumento di crescita.
C’è un passaggio della conversazione con Alessandro Profumo che colpisce per chiarezza e radicalità: il tema dell’errore non riguarda solo i giovani, ma il modo in cui una società – e prima ancora le sue aziende – concepiscono la crescita. È da qui che prende forma la settima puntata della video-intervista dell’Osservatorio Delta Index al manager ex Ceo di Unicredit e Leonardo, dedicata alla cultura dell’errore come leva educativa e organizzativa.
Il punto di partenza è una constatazione netta: oggi viviamo in un contesto che tende a penalizzare lo sbaglio, a esporlo immediatamente al giudizio pubblico e a trasformarlo in un marchio. Un meccanismo che agisce con particolare forza sulle nuove generazioni. «Siamo in una società che ti mette un po’ in croce se sbagli», osserva Profumo, richiamando un clima culturale che lascia poco spazio alla sperimentazione e all’apprendimento progressivo.
Un cortocircuito evidente
Nel mondo del lavoro questo approccio produce un cortocircuito evidente. Alle ragazze e ai ragazzi si chiede di essere pronti, competenti, affidabili fin dal primo ingresso in azienda, ma allo stesso tempo non si costruiscono contesti nei quali sia possibile apprendere davvero. L’errore viene vissuto come una deviazione da correggere, non come una tappa del percorso. Eppure, come sottolinea Profumo, il tema è semplice quanto scomodo: «Se non tolleri l’errore, non farai mai crescere le persone».
La riflessione chiama direttamente in causa il ruolo delle imprese e, soprattutto, della leadership. Tollerare l’errore non significa abbassare gli standard o rinunciare alla responsabilità, ma riconoscere che la crescita professionale passa inevitabilmente da tentativi, aggiustamenti, ripensamenti. È una logica di investimento, non di concessione. Le organizzazioni che pretendono performance immediate senza prevedere margini di apprendimento rischiano di bruciare capitale umano prima ancora di averlo sviluppato.
Il carico della pressione sociale
Nel rapporto con la Generazione Z questo nodo diventa ancora più strategico. I giovani entrano nel mondo del lavoro portandosi dietro un forte carico di pressione sociale, aspettative elevate e una scarsa tolleranza collettiva verso l’errore. In questo scenario, l’azienda può scegliere se replicare il modello punitivo esterno o se differenziarsi, diventando uno spazio protetto di crescita. Un luogo in cui sbagliare non equivale a fallire, ma a capire meglio come migliorare.
Profumo allarga ulteriormente il campo, spostando l’attenzione dagli under 27 agli adulti. Il vero tema, suggerisce, non è solo come educhiamo i giovani, ma come noi stessi siamo disposti a metterci in discussione. La cultura dell’errore riguarda prima di tutto manager e imprenditori, chiamati a rivedere il proprio rapporto con il controllo, con l’autorità e con il cambiamento. «Noi dobbiamo capire come diventiamo motori di cambiamento per noi stessi», afferma, ribaltando la prospettiva tradizionale.
In questa chiave, l’errore diventa uno strumento di leadership. Accettarlo significa spostare il focus dalla mera esecuzione allo sviluppo delle persone, dal breve al medio-lungo periodo, dalla gestione alla costruzione. È un passaggio culturale complesso, che richiede tempo, coerenza e una chiara visione organizzativa, ma che incide direttamente sulla capacità di attrarre e trattenere i giovani.
Per l’Osservatorio Delta Index, questo tema si inserisce pienamente nel dibattito sull’attrattività delle imprese. Le aziende che sapranno costruire ambienti di lavoro capaci di valorizzare l’apprendimento, anche attraverso l’errore, saranno quelle più credibili agli occhi delle nuove generazioni. Non perché promettono percorsi facili, ma perché offrono contesti seri, maturi e orientati alla crescita reale.
Per approfondire il tema del rapporto tra AZIENDE e GENERAZIONE Z collegarsi al sito dell’Osservatorio Delta Index e di Skillherz
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