Non coinvolti sul lavoro?
Generazioni a confronto

CAPITALE UMANO. Engagement e motivazione: così cambiano i bisogni dei lavoratori, giovani e meno giovani. All’Aidp Lombardia gruppo di Bergamo il dibattito con il direttore scientifico Paolo Iacci: «Una cena può renderti felice, ma non ti spinge a lavare i piatti»

All’aumento di stipendio preferiscono essere ingaggiati dall’azienda: è questa la grande trasformazione, silenziosa ma profonda, che attraversa oggi il mondo dei lavoratori. Una rivoluzione che coinvolge tutte e quattro le generazioni attualmente attive e che impone alle organizzazioni un ripensamento radicale delle logiche di motivazione e gestione delle persone. Se ne è discusso a Gromlongo (Palazzago), durante l’incontro promosso da Aidp Lombardia gruppo Bergamo presso l’agriturismo Il Belvedere, con ospite Paolo Iacci, docente di Gestione delle Risorse umane all’Università degli Studi di Milano e direttore scientifico di Aidp nazionale.

Differenze tra engagement e soddisfazione

L’occasione era la presentazione del suo nuovo libro, «La rivoluzione silenziosa. Quando le persone ridisegnano le regole» (Egea, 2025), punto di partenza per un confronto vivo e partecipato tra professionisti HR, direttori del personale e consulenti del mondo organizzativo. Il cuore del dibattito all’incontro di Aidp si è concentrato su una distinzione fondamentale: quella che passa tra la soddisfazione e l’engagement. Una differenza sottile ma decisamente sostanziale, ben sintetizzata dal professor Iacci con una metafora efficace: «Posso essere soddisfatto di una meravigliosa cena a casa di amici, ma non è detto che decida di lavare i piatti». Essere soddisfatti non significa necessariamente sentirsi coinvolti. L’engagement, infatti, è qualcosa di più profondo: è senso di appartenenza, motivazione, desiderio di contribuire e fare la differenza.

In Italia solo l’8% si sente coinvolto

Un concetto tanto più urgente alla luce dei dati presentati e discussi durante la serata, in particolare quelli del Gallup Global Workplace Report 2024: a livello globale solo il 23% dei lavoratori si sente realmente coinvolto nel proprio lavoro. In Italia, la percentuale scende all’8%. Il 15% si dichiara addirittura apertamente ostile verso la propria azienda. Tra i giovani sotto i 35 anni, il 65% è alla ricerca attiva di un nuovo impiego, ma appena il 32% ritiene possibile trovarlo nella propria area. Il clima generale? Un mix di rassegnazione, disincanto e solitudine.

La percezione di solitudine

Proprio la solitudine è un’altra delle parole chiave emerse nel confronto. Un quarto dei lavoratori under 35 afferma di sentirsi solo ogni giorno, con punte ancora più alte tra chi lavora esclusivamente da remoto. Dall’altra parte, paradossalmente, sono gli over 50 a dimostrarsi più ingaggiati: più stabili, meno inclini alla mobilità, ma ancora coinvolti nel proprio ruolo e spesso desiderosi di lasciare un contributo significativo.

Il 35% dei manager sotto pressione

Non è mancata una riflessione sul ruolo dei manager, oggi sempre più sotto pressione. Solo il 35% dei manager a livello globale si dichiara davvero ingaggiato: una cifra che preoccupa, considerando la loro funzione cruciale nel motivare e trattenere i giovani talenti in azienda. Particolarmente significativo il confronto con la platea, composta da figure Hr e responsabili del personale: dagli interventi è emersa con chiarezza la necessità di sviluppare strategie di engagement differenziate, capaci di rispondere alle diverse esigenze delle generazioni presenti oggi in azienda. Se la rivoluzione è silenziosa, come suggerisce il titolo del libro di Iacci, i suoi effetti si fanno però sempre più visibili. Dentro e fuori le aziende.

Per approfondire il tema del rapporto tra AZIENDE e GENERAZIONE Z collegarsi al sito dell’Osservatorio Delta Index

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