Nuovi italiani, nuova manifattura. Il merito come leva di mobilità sociale

CAPITALE UMANO. Nella quarta puntata della video-intervista, Alessandro Profumo riflette sul ruolo dei «nuovi italiani» nella manifattura e sulla necessità di costruire percorsi di mobilità sociale reali. Per l’ex Ceo di UniCredit e Leonardo, la diversità è un fattore competitivo che rafforza flessibilità e capacità di crescita, ma richiede un investimento serio sulle competenze.

Nelle aule dell’Istituto Pesenti, dove si parlano «quaranta lingue» e la manifattura italiana si rigenera attraverso i figli dell’immigrazione, Alessandro Profumo nell’intervista all’ Osservatorio Delta Index fa una fotografia nitida di ciò che sta accadendo nel lavoro e nella scuola italiana. «La diversità è un valore: dà un contributo enorme a mantenersi flessibili e a far crescere», osserva l’ex Ceo di UniCredit e Leonardo, abituato a guidare gruppi industriali con decine di nazionalità al proprio interno. Una convinzione maturata «sul campo», nella gestione di realtà complesse e globali.

Competenze e mobilità sociale: la vera leva del merito

Per Profumo, il nodo centrale non è l’origine sociale o geografica, ma la capacità di costruire competenze solide. È la formazione - quella che permette ai ragazzi di essere subito occupabili - a fare la differenza nella mobilità sociale e nel superamento del «Cap», la barriera invisibile dell’origine. «Questa scuola dà capacità reali, e infatti all’uscita sono praticamente tutti occupati», sottolinea ricordando che, in un Paese segnato dal calo demografico, avere persone formate è un’esigenza strutturale per il sistema produttivo.

Il pragmatismo degli imprenditori: «Mi serve o non mi serve»

Il cuore della sua analisi è il pragmatismo delle imprese. «Gli imprenditori guardano alla capacità: mi serve o non mi serve», dice con franchezza. Il resto - l’origine, il colore della pelle - non pesa nel processo decisionale di chi vive ogni giorno la pressione della produzione e dei mercati. Ma questa lettura chiama in causa il sistema formativo: i banchi di meccanica, le officine scolastiche, l’evoluzione verso la programmazione delle macchine a controllo numerico. Senza competenze aggiornate, non c’è inclusione possibile.

Piccole imprese e grandi filiere: la sfida dell’integrazione

Il passaggio successivo riguarda le piccole e medie imprese: integrate più facilmente nei gruppi ristretti, ma spesso fragili nella capacità di stare sul mercato. Servono filiere, sostiene Profumo, e serve la responsabilità delle grandi aziende di sostenere le realtà più piccole. Non è solo un tema industriale: è un tema sociale, perché sono proprio queste filiere a garantire uno sbocco professionale stabile ai «nuovi italiani» che escono da scuole come il Pesenti.

Un sistema da rendere attrattivo per non perdere i giovani

In questo scenario, il merito non è uno slogan astratto: è la possibilità di mettere le persone nella condizione di emergere con le loro capacità. Una responsabilità condivisa tra scuola, imprese e territorio. E una strategia necessaria per rendere attrattivo un sistema produttivo che, ancora oggi, perde giovani verso l’estero, dove stipendi e condizioni di vita risultano spesso più favorevoli. È una dinamica «normale», ammette Profumo, ma che non dovrebbe trasformarsi in una fuga obbligata.

La manifattura del futuro passa dai «nuovi italiani»

Questa puntata della video-intervista Delta Index rimette al centro un messaggio chiaro: la manifattura del futuro sarà costruita da ragazzi che parlano lingue diverse, portano storie diverse e condividono un unico tratto comune: il desiderio di crescere. A noi, come sistema, il compito di creare le condizioni perché questo potenziale diventi sviluppo.

Per approfondire il tema del rapporto tra AZIENDE e GENERAZIONE Z collegarsi al sito dell’Osservatorio Delta Index e di Skillherz

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