L’ombra delle dark lady
ambigue, violente, distruttive

Da Lucrezia Borgia a Lady Macbeth, da Medea a Malefica, le «dark ladies» non passano mai di moda.

Dagli archetipi dei miti alle icone pop, è vero, come dice la psicologa tedesca Ute Ehrhardt, che «le cattive ragazze vanno dappertutto»; se ne trovano in abbondanza nella produzione narrativa di ogni parte del mondo. Protagoniste di noir, thriller, storie gotiche, personaggi complessi che esprimono il lato oscuro, ambiguo e distruttivo del femminile, in antagonismo con quello generativo, protettivo e creativo.

Sarah Schmidt ripercorre per esempio la storia vera di una famosa assassina americana in «Che cosa hai fatto Lizzie Borden?» (Piemme): a partire dal caso giudiziario di fine Ottocento costruisce un’architettura di relazioni familiari, rancori e violenze. Sono i vicoli di Londra, in un’atmosfera gotica, a fare da sfondo a «Le confessioni di Frannie Langton» (Einaudi): protagonista un’ex schiava che la gente considera «subdola e manipolatrice», accusata di aver ucciso i suoi padroni, una donna che lotta per la sua libertà.

C’è un legame di complicità apparentemente indissolubile al centro di «Mia sorella è un serial killer» (La Nave di Teseo), lavoro d’esordio affilato, ironico e sorprendente dell’autrice nigeriana Oyinkan Braithwaite. Ayoola uccide tutti i suoi fidanzati «per autodifesa». La sorella Korede copre le tracce e la protegge, ma tutto cambia quando entrambe si innamorano dello stesso uomo. Ci sono quattro «Donne carine e pericolose« (Piemme), infine, nel thriller di Gina La Manna, pronte a dichiararsi colpevoli di un delitto per proteggersi a vicenda, fra bugie, segreti.  

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