Bergamo potrà competere solo se diventerà grande

Come può una città come Bergamo, sui 100mila abitanti, attrarre giovani?Attrarre da altre parti d’Italia e del mondo, dovendo combattere con la concorrenza di Milano?

IL RAPPORTO CON MILANO

Nell’articolo del prof. Fulvio Adobati, pubblicato la scorsa settimana nelle pagine di Missione Bergamo, si toccava anche l’annosa questione del rapporto tra la nostra città e Milano. La metropoli si avvicina e diventa sempre più attrattiva, soprattutto per i giovani. Questo punto emerge da studi fatti, ma anche dall’esperienza personale, mia e di tanti.

Dovrebbe nascere una grande riflessione sui rapporti tra Bergamo e Milano. Rapporto che culturalmente vede un ruolo di subalternità: Bergamo è un grande bacino che fornisce lavoro, talenti, idee ed energie a Milano.

Come può una città come Bergamo, sui 100mila abitanti, attrarre giovani? Attrarre da altre parti d’Italia e del mondo, dovendo combattere con la concorrenza di Milano?

CREARE MASSA CRITICA…

Ecco perché Bergamo dovrebbe ragionare su come fare massa critica , ampliare il bacino. Una proposta già lanciata al tavolo Ocse anni fa (mi riferisco al documento “Sviluppo e competitività di Bergamo” elaborato da un gruppo di lavoro istituito alla Camera di commercio), partendo dai limiti di una città così piccola con tanti paesi vicino alla città. Andrebbero aggregati, per puntare a una realtà sui 300 mila e più abitanti.

Occorre fare massa critica, tanto più, avendo anche la presenza dell’aeroporto, molto potente, ma che finisce per essere solo uno degli aeroporti milanesi. L’alleanza tra Bergamo e Brescia come capitale italiana della cultura è un buon esempio e i vantaggi di questa sinergia si sono visti subito e in termini molto concreti.

C’è un tema del rapporto con altre città. È vero che la rivoluzione del telelavoro, il lavoro agile, potrebbe modificare questo pendolarismo, ma per come è organizzato, essendo in mano soprattutto a grandi imprese, finisce che lavorano comunque per altre zone d’Italia, per Milano non per Bergamo.

… PER DIVENTARE PIU’ ATTRATTIVI

Ci sono decisioni importanti, che spettano alla politica. Che spesso è chiusa in orizzonti localistici e in campanilismi molto radicati ma privi di visione e prospettiva sul futuro. La parola chiave, credo, per dare risposte ai giovani e al sistema produttivo è creare una massa critica, quello che gli economisti chiamano agglomerazione, avere cioè una capacità tale da offrire a chi vive nei nostri territori prospettive professionali, di servizi, di welfare, di costo della vita che siano interessanti.

Questo significa anche ripensare alle politiche abitative e le reti di protezione sociale investendo su alcune specializzazioni che siano distintive in Regione e anche a livello internazionale con centri di eccellenza capaci di mobilitare energie e progettualità.

Pensiamo alla felice intuizione del Kilometro Rosso che è polo dell’innovazione leader in Europa, anche il tentativo dell’Università con il Campus va in questa direzione, ma sono numeri ancora bassi per creare un hub, un polo di attrattività.

Pensiamo in Italia a città come Pisa che sono state capaci di diventare, su alcune aree specifiche, un centro di eccellenza capace di attirare talenti e risorse da ogni parte del mondo.

Tra l’altro Bergamo avrebbe il surplus della sua storia e bellezza. Anche se persiste una questione ambientale, da affrontare, per via del diffuso inquinamento.

Per alcuni aspetti, già oggi tutti i piccoli e grandi paesi che circondano la città, a partire da Seriate dove sono nato, fino ad arrivare ad Alzano Lombardo, Ponte San Pietro e Dalmine, dove peraltro c’è una sede importante dell’Università, sono quartieri di Bergamo, ma restano gestiti amministrativamente da soli.

Non c’è una strategia condivisa per gli asili, per il welfare, per le infrastrutture. Ogni sindaco si occupa del suo piccolo orticello: ma se ti occupi del tuo, non puoi creare un’azione di sistema, che poi fa massa critica, fa aggregazione. Possibile che aree con un minore valore aggiunto come Messina o Cagliari siamo diventate città metropolitane (con tutti i vantaggi che ne conseguono) e Bergamo no?

I numeri sono importanti. L’economia oggi non è più nelle fabbriche, è nei territori, è una competizione tra territori e sistemi formativi con la necessaria massa critica per investimenti tecnologici e centri di ricerca. Se uno studia questi fenomeni economici e sociali sa che l’economia oggi è un’economia fatta da una competizione di territori, che sono gli snodi di un’economia a rete, mondiale, delle catene del valore. O tu sei un nodo o non sei niente. Bergamo finisce per essere schiacciata tra Milano e Brescia (molto più forte), e rischia alla lunga di essere tagliata fuori.

È TEMPO DI SCELTE CORAGGIOSE

Bergamo è ancora un territorio molto forte, ha nei fatti attorno a sé una potenziale massa critica adeguata. Però quando il sindaco va a Roma a chiedere risorse, rappresenta una città da 100mila abitanti, non i 300 mila di una grande Bergamo.

Brescia è sui 200 mila abitanti ed è perciò di per sé più rilevante. Quindi, sempre nella logica di creare sufficiente massa critica, Bergamo dovrebbe esplorare forme strutturate di alleanza con Brescia.

L’anno della cultura ha dimostrato che l’idea è più che fattibile, ma si deve andare oltre iniziative estemporanee per creare un polo industriale che allora diventa il numero uno in Lombardia, un polo di attrazione mondiale della meccanica, con una unica Università (nella logica della Università di rete come avviene a Modena e Reggio Emilia dove insegno), un unico aeroporto, una unica fiera, una sinergia comune per attrarre turisti e risorse dall’estero, eccetera.

Vuol dire creare un hub, una calamita, che il giovane sa che se viene qua, migliora, perché sa che si aprono opportunità.

Certo ci sono dei passaggi in via amministrativa (che sono durissimi). Ma se tu hai a cuore il futuro di un territorio e delle sue genti, devi saper fare anche delle scelte coraggiose e che guardano avanti, abbandonando vecchie logiche di campanilismo che oggi è ostacolo allo sviluppo e alla condivisione del benessere.

Ci sono dei paesi nella bergamasca che hanno una lunga tradizione e che nel passato erano più importanti di Bergamo. Per il commercio, la produzione di certi metalli che passava da Gandino o altri paesi. La storia ce lo dice. Non è che noi dobbiamo restare ancorati all’oggi, dobbiamo immaginare e costruire il futuro. È qui che emerge la politica, la buona politica al servizio delle persone.

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