«Raggiunta e tenuta sott’acqua»: così ho ucciso Romina

Fara Gera d’Adda Il convivente ricostruisce il delitto. La donna era riuscita a uscire dall’auto inabissata nel fiume, ma l’ha inseguita per finirla. In cella l’uomo ha manifestato propositi suicidi: è in ospedale per cure psichiatriche. Arresto convalidato, tornerà in carcere.

Come mai dell’auto inabissata nel fiume risultava aperta solo la portiera del passeggero?, gli ha chiesto il gip Vito Di Vita. E a questo punto Carlo Fumagalli, operaio di 49 anni, ha raccontato come ha fatto a uccidere la convivente Romina Vento, 44. L’uomo ha spiegato che lei era riuscita a uscire dall’abitacolo e a riemergere. E questo coincide con le testimonianze dei due uomini usciti dal centro sportivo di via Reseghetti a Fara Gera d’Adda, che poco dopo le 21,30 di martedì 19 aprile l’hanno sentita gridare aiuto. Fumagalli ha spiegato che pure lui è uscito dalla portiera del passeggero per raggiungere la compagna e affogarla, tenendole la testa sott’acqua fino a che lei non ha perso coscienza. Poi ha nuotato verso l’isolotto dal quale ha raggiunto a piedi Vaprio, dove è stato ritrovato in stato confusionale e con gli abiti inzuppati tre ore più tardi. Ai due uomini accorsi per soccorrerlo e che gli chiedevano quanti erano sull’auto, il 49enne ha urlato «Mio figlio, mio figlio!». Ma il bambino di 10 anni della coppia in quel momento era con la sorella quindicenne nell’abitazione della famiglia in via Udine a Fara Gera d’Adda (ora i due minorenni sono affidati alla nonna materna), a poche centinaia di metri dal punto dove Fumagalli aveva lanciato la sua Renault Megane nell’Adda.

Fumagalli ha spiegato di aver raggiunto la compagna e di averle tenuto la testa sott’acqua fino a che lei non ha perso coscienza

Arresto convalidato

Provato, non del tutto presente, l’operaio venerdì 23 aprile, durante l’interrogatorio di convalida dell’arresto, ha ripetuto al gip la stessa versione che aveva fornito al pm Carmen Santoro e ai carabinieri mercoledì quando era stato interrogato in carcere dove si trovava con l’accusa di omicidio volontario aggravato dal rapporto di convivenza. Giovedì sera, però, in cella ha manifestato intenzioni suicide ed è così stato trasferito all’ospedale Papa Giovanni, dove è sottoposto a trattamento psichiatrico e dove ieri si è svolto l’interrogatorio davanti al giudice delle indagini preliminari, che nel pomeriggio ha convalidato l’arresto e disposto il carcere (non appena sarà dimesso dall’ospedale).

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«Un gesto dovuto ai sensi di colpa – osserva il difensore Fabrizio Manzari -. Non so dire se ha manifestato i suoi intenti a un detenuto con cui condivideva la cella o alla polizia penitenziaria che lo controllava. Non c’è stato un vero e proprio tentativo. Il mio assistito dichiara che ha visto una cordicella per le tende abbandonata e ha urlato che avrebbe voluto utilizzarla per impiccarsi. A questo punto è stato bloccato dagli agenti».

«Raptus che si innesta in una situazione di grave disagio psichico»

Cura psichiatrica interrotta

Dalla fine della scorsa estate Fumagalli era in preda a disagi psichici ed era sottoposto a una terapia psichiatrica che però l’operaio aveva interrotto nelle ultime 5 settimane. «Più che di depressione si tratta di deliri notturni e ossessioni – prosegue il legale -, ma non determinati dalla crisi di coppia». Semmai, quella potrebbe essere una conseguenza. Romina Vento s’era decisa a interrompere il rapporto, che Fumagalli cercava invece disperatamente di rinsaldare.

Ed è stata proprio la determinazione della donna a lasciarlo la causa scatenante, stando a quanto raccontato da Fumagalli. Lui l’altra sera era passato a prenderla in auto dopo che lei, intorno alle 20,30, aveva terminato il turno di lavoro al Pastificio Annoni di Fara d’Adda. Con loro sulla Megane era salito un collega di lei. I due l’avevano accompagnato a casa, poi nell’abitacolo era scoppiata un’accesa discussione. «Lui ha chiesto la ragione, evidentemente sperava di recuperare questo rapporto che da tempo stava scialando, lei gli avrebbe detto che l’avrebbe lasciato definitivamente», continua Manzari. A questo punto sarebbe scattato quello che il difensore inquadra come «raptus che si innesta in una situazione di grave disagio psichico». «Il mio assistito avrebbe avuto uno scatto d’ira, gli è andato il sangue alla testa, così ha detto il mio assistito – riporta il legale - e invece di tornare a casa ha preso un’altra strada e s’è gettato in acqua con l’auto. Fino a martedì non aveva dato segni, nessuno tra parenti e colleghi ricorda gesti violenti, tantomeno con compagna e figli».

«Gettandosi in acqua a tutta velocità con l’auto aveva accettato il rischio di morire anche lui»

L’ipotesi omicidio-suicidio

Infine, anche il difensore, come qualche inquirente, apre all’ipotesi di un iniziale tentativo di omicidio-suicidio: «Gettandosi in acqua a tutta velocità con l’auto aveva accettato il rischio di morire anche lui». Non è escluso che Fumagalli ritenesse che lo schianto in acqua avrebbe fatto perdere i sensi a entrambi e che poi, inabissandosi l’auto, sarebbe subentrata la morte per annegamento. Invece, quando ha visto Romina tentare di mettersi in salvo uscendo dall’abitacolo, l’ha raggiunta e l’ha finita tenendole la testa sott’acqua.

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