Da Bergamo note di chitarra classica anche dalla torre di Harry Potter

LA STORIA. Stefano Fiacco a 27 anni vanta una collaborazione con il celebre compositore cubano Leo Brouwer. Gli studi al Conservatorio Donizetti e al Trinity di Londra.

Nella sua casa di Londra, a poca distanza dal Trinity Laban Conservatoire of Music and Dance, istituzione musicale in cui ha studiato durante il suo periodo di Erasmus, a fargli compagnia ci sono tre liuti, un violoncello e una chitarra classica. Oltre all’edizione di un pezzo di uno dei compositori e chitarristi classici più famosi del mondo, Leo Brouwer, che porta il suo nome. Stefano Fiacco, 27 anni, è nato a Roma, città d’origine dei suoi genitori, ma ha sempre vissuto a Celadina, prima di partire per Londra, città in cui abita da ormai più di quattro anni.

Le scuole medie a Celadina

«Già alle medie, a Celadina, ho optato per un indirizzo musicale e ho cominciato a suonare la chitarra classica. Poi mi sono iscritto al liceo musicale, il “Secco Suardo”. Ho saputo di questa possibilità di studio grazie alla figlia della mia insegnante di chitarra, era una cosa nuovissima allora. Poi, ho continuato il mio percorso di studi iscrivendomi al Conservatorio Donizetti di Bergamo». Qui il suo ricordo va a uno tra i maestri che più l’hanno segnato, Nicola Jappelli. «Era particolarmente appassionato di un compositore cubano, Leo Brouwer, un musicista straordinario, ancora attivo oggi a 86 anni. È stato lui a farmelo scoprire, me ne innamorai. Per la laurea del Conservatorio, decisi quindi di suonare un concerto con tutte musiche di Brouwer, dalle prime opere al periodo contemporaneo».

Sulle note di Brouwer

«Uno di questi pezzi è particolarmente lungo e difficile e per giunta non tra i più famosi - ricorda -: in Rete ho trovato solo un paio di registrazioni come riferimento, tra cui quella di un chitarrista classico inglese, Graham Anthony Devine. Provai a mettermi in contatto con lui, chiedendogli di poter andare a Londra, dove abita, per fare una lezione su questo pezzo insieme a lui. Accettò: era il gennaio del 2020. Andai a trovarlo in febbraio, mi ha insegnato davvero molte cose su questo pezzo e su altri dello stesso compositore. Scoprii, tra l’altro, che era il Capo di dipartimento di Chitarra del Conservatorio Trinity di Londra». Uno dei sogni di Stefano sarebbe stato quello di suonare il concerto di laurea nella Sala Locatelli in Città Alta a Bergamo. Purtroppo, a causa della pandemia, la sua esibizione fu prima rimandata di tre mesi e, poi, trasformata in una registrazione on-line.

Conservatorio al Trinity

«Il secondo anno del biennio di Conservatorio l’ho fatto a Londra, proprio presso il Trinity. Sempre qui ho deciso di iscrivermi a un “Artist Diploma”, un titolo di studio che in Italia non esiste. Nel Regno Unito, invece, è come se fosse un master: è un gradino sopra rispetto al Master of Music (il nostro diploma accademica di II livello) ed essenzialmente si tratta di un percorso di studi fortemente concentrato sullo strumento. L’ho conseguito nel 2023» spiega Stefano Fiacco.

L’esperienza a Londra ha permesso a Stefano di suonare in posti in cui mai avrebbe immaginato. «Come progetto per l’ultimo anno del Conservatorio la richiesta era di rispondere alla domanda: “Che cosa potete offrire di diverso al pubblico?”. Così, ho provato a chiedere di poter filmare delle mie esibizioni in grattacieli tra la City e Canary Wharf. Alcuni hanno accettato ed è stato davvero emozionante». Ancor di più, però, lo è stato suonare all’interno della Torre dell’orologio di King’s Cross, la stazione che compare in «Harry Potter». «Insieme alla mia amica arpista Lucia Foti, che abita a mezz’ora da casa mia, ma ci siamo conosciuti a Londra, abbiamo organizzato qui un vero e proprio concerto con il pubblico. Era la prima esperienza in cui abbiamo curato tutto in prima persona, dall’inizio alla fine. È stato molto stressante, ma è andata bene e ci siamo divertiti tantissimo».

Chitarra classica e arpa

Ma l’emozione più grande è vedere il suo nome scritto sull’edizione di un pezzo di Brouwer. «Tramite il suo editore, ai tempi della laurea, gli avevo chiesto di poter avere accesso a un bellissimo pezzo per chitarra classica e violoncello. Me l’hanno fatto avere nonostante non fosse ancora pronto per la pubblicazione: ho rifinito le parti che ancora non erano perfette e, poco dopo, ho fatto lo stesso lavoro per un’altra composizione, “El Decamerón Negro”, la cui nuova edizione ha anche il mio nome all’interno».

Stefano è attualmente iscritto alla Guildhall School of Music & Drama, dove sta perfezionando le sue abilità con il liuto. «Insegno anche in diverse scuole, agli alunni della secondaria, che qui è intesa come medie e liceo insieme: quindi ho studenti che vanno dagli 11 ai 18 anni, oltre a qualche allievo privato. Per adesso insegno solo chitarra classica. Se dovessi dare un consiglio a chi nella vita vuole fare musica, direi di sperimentare e non fossilizzarsi su uno strumento o un genere specifico. Alle medie, insieme ad alcuni amici, per divertimento suonavo anche la chitarra elettrica in una band. Cercavo in autonomia come si facevano gli accordi delle canzoni degli Ac/dc e iniziavo a imparare le canzoni da solo: se hai basi solide, puoi fare quello che vuoi».

L’insegnamento e i concerti

«Qui a Londra – prosegue Stefano – mi esibisco ogni volta che ne ho l’occasione. Ci sono molte più opportunità rispetto all’Italia: per esempio, durante la settimana, molte chiese organizzano dei “lunch time concert”. Sono esibizioni che si tengono intorno all’ora di pranzo, a cui assistono parecchie persone. Ai tempi del Trinity mi sono esibito diverse volte in queste occasioni: anche se pagano poco o nulla, sono molto utili per entrare nella mentalità corretta. Dopo che ho visto questa realtà, la prima volta che sono tornato a Celadina ho provato a proporre di fare la stessa cosa nella nostra chiesa: prima o poi succederà». E il futuro? «Il mio sogno sarebbe portare avanti il duo con Lucia Foti, suonando insieme un pezzo di Leo Brouwer scritto appositamente per chitarra e arpa: mi hanno detto che ci sta lavorando. Torno a Bergamo ogni volta che ne ho l’opportunità. Quest’anno per la prima volta non sono tornato a Natale, perché ho visitato i nonni a Roma. Un po’ mi è dispiaciuto non vedere i miei amici e fare un giro per la città. Una delle cose che mi manca di più è utilizzare la macchina e decidere dove andare quando voglio: qui uso solo la metropolitana e le distanze sono molto più marcate».

Bergamo senza confini

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