Da Sarnico a Parigi nello studio che progetta edifici per le Olimpiadi

LA STORIA. A 28 anni Nadia Buelli è architetto nella capitale francese. Gli studi al liceo artistico Manzù e al Politecnico di Milano. «Qui i professionisti italiani apprezzati e... pagati».

Per tutti è la città dell’amore. Molti probabilmente non sanno, però, che Parigi è anche la città degli architetti. Sono numerosi i professionisti che, dopo la laurea, scelgono la capitale della Francia per muovere i primi passi nel mondo del lavoro, vivere un’esperienza formativa e ritagliarsi il proprio spazio nell’universo dell’architettura. Tra questi c’è anche Nadia Buelli, 28 anni di Sarnico, che dopo essersi laureata al Politecnico di Milano ha deciso di trasferirsi a Parigi.

«In realtà prima di discutere la tesi ero già stata a Parigi – ammette Buelli, raccontando di come la “Ville Lumiere” le abbia regalato fin da subito la motivazione che stava cercando –. A fine 2019 ho superato gli ultimi gli esami, ma dopo qualche mese è arrivato il Covid e ho deciso che avrei affrontato la tesi con calma. Avevo bisogno di partire, vivere un’esperienza nuova, e ho deciso di partecipare a un bando per una borsa di studio “Erasmus traineeship” per un tirocinio all’estero. E così a inizio 2021 sono partita per Parigi, dove sono rimasta fino a novembre. Ho trovato un ambiente che mi ha dato una “scossa” e una grande motivazione: le condizioni lavorative per gli architetti qui sono molto più favorevoli di quelle italiane».

Tesi sul monte Saresano

Rientrata a Milano per finire la tesi dedicata ai «paesaggi fragili» e a un progetto di riqualificazione dell’area del monte Saresano su cui oggi insiste il cementificio di Tavernola, Nadia Buelli ha concluso il suo percorso di studi al Politecnico nell’aprile 2022: «Subito dopo la discussione della tesi sono volata a Bruxelles, ma mi sono resa conto che mi mancava Parigi, per questo a settembre 2022 sono tornata qui con l’intenzione di rimanere».

Oggi la 28enne vive nel quinto «arrondissement», quello che comprende la zona centrale della città sulla «rive gauche», la riva sinistra della Senna, e lavora nel diciannovesimo, lo stesso quartiere che aveva avuto modo di scoprire durante l’Erasmus. «Sono affezionata a questa zona di Parigi – prosegue –. Essendo cresciuta sul lago d’Iseo la vicinanza all’acqua è importante: grazie al canale Saint-Martin mi sento più vicina a casa». A Sarnico è tornata per le feste di Natale, per poi rientrare a Parigi. «Lavoro per uno studio di architettura (lo stesso dove avevo svolto lo stage) che si è occupato di alcuni edifici sportivi per le Olimpiadi 2024, che inizieranno a luglio» spiega la giovane professionista, mentre tra una frase e l’altra traspaiono soddisfazione, un briciolo di orgoglio e una grande passione.

«In quest’ultimo periodo, dopo aver vinto un bando di concorso, stiamo portando avanti un progetto per un centro di ricerca contro il cancro dell’istituto Gustave Roussy - spiega ancora -. Si tratta di una superficie di oltre 30mila metri quadrati da destinare alla ricerca oncologica, un grosso polo da creare da zero. Esiste già un ospedale con diversi edifici, ma servono nuovi spazi multifunzionali per abitazioni, sport e attività culturali. Lo studio per cui lavoro, tra l’altro, si concentra sul costruire con meno materiali possibile, che è un po’ un filone dell’architettura contemporanea della scuola francese: costruire in maniera sobria, con linee pulite ed essenziali e utilizzando materiali che impattino il meno possibile sull’ambiente. Lo stesso spirito con cui avevo elaborato la mia tesi di laurea».

Da Sarnico, dove suonava anche come percussionista nella banda, alle aule del liceo artistico Giacomo a Pio Manzù di Bergamo, passando per quelle del Politecnico di Milano, fino al centro di Parigi per inseguire un sogno fatto di spazi, luoghi, essenzialità, sostenibilità e studio dei materiali. «Mi sono avvicinata all’architettura perché, oltre al fatto che mi piaceva pensare agli spazi, sono sempre stata affascinata da ciò che definisce i luoghi come tali – ricorda –. Rispetto all’Italia, qui gli architetti sono molto più tutelati e le condizioni contrattuali non sono paragonabili. Si lavora tanto, ma gli stipendi sono buoni e, specie per un architetto, a Parigi è tutta un’altra vita. Infatti, non per niente, si dice che gli italiani a Parigi lavorino nelle pizzerie o facciano gli architetti».

Architetti italiani apprezzati

Ma com’è vivere in una città come Parigi? «Ci sono pro e contro: ovviamente spostarsi in un altro Paese porta con sé alcune difficoltà, in primis quella linguistica – racconta ancora, ripensando a quando sentiva la necessità di partire e aveva scelto proprio la capitale della Francia –. Quando sono arrivata non sapevo il francese, ma avevo una base scolastica risalente alle elementari. Per fortuna lo si impara facilmente, anche perché qui viene richiesto come requisito per lavorare. Magari i parigini in sé non sono così affabili (sorride mentre parla al telefono, ndr), ma è una città che ospita qualsiasi tipo di cultura, apre orizzonti, permette di fare incontri, vengono organizzate innumerevoli iniziative e, nonostante sia molto grande, una volta che ci si abitua a spostarsi in bicicletta tutto diventa più semplice».

Parigi è Parigi, ma anche l’Italia resta l’Italia per Nadia Buelli, così come per altri bergamaschi che si sono trasferiti all’estero. «Mi mancano il lago, il cibo italiano e il fatto che da noi ci si possa spostare da un piccolo centro all’altro per una gita fuori porta o un’escursione nella natura – sottolinea, ripensando a casa –, mentre vivendo a Parigi va a finire che resti sempre a Parigi, anche quando hai del tempo libero. Sta di fatto che, comunque, le piccolissime taglie degli appartamenti portano a uscire molto di più e a vivere la città, dove c’è davvero l’imbarazzo della scelta. In primavera si fanno i pic-nic all’aperto, si frequentano i parchi urbani, si cena in compagnia e almeno una mostra ogni weekend è d’obbligo».

Ma la vita alla «parisienne» non è tutta rose e fiori. «Parigi è carissima, ma se gli affitti sono quasi identici a quelli di Milano, gli stipendi di un architetto che sta cominciando la sua carriera lavorativa sono il doppio di quelli italiani – conclude –. Tra l’altro gli architetti italiani sono molto ambiti e apprezzati: le nostre università, Politecnico compreso, permettono di raggiungere un buon livello di preparazione. Mi piacerebbe tornare in Italia, nel prossimo futuro, ma non so ancora come e con quale modalità. Nel frattempo continuo a lavorare, per fare quante più esperienze possibili».

Bergamo senza Confini

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