
Bergamo senza confini / Bergamo Città
Domenica 12 Ottobre 2025
L’ingegnere bergamasco che cura le persone: «Qui negli Usa una sfida continua»
L’INTERVISTA. La storia di Riccardo Clemente, PhD in Engineering Management in Massachusetts, oggi il 28enne ha scelto la strada del sociale portando scienza e umanità sullo stesso piano. Racconta anche tu la tua storia di bergamasco all’estero: scrivi a [email protected].
Ci sono vite che si scelgono e vite che ti scelgono. E poi ci sono strade che, per quanto diritte, o almeno dritte immaginate, finiscono per deviare, aprendo scenari che non avremmo mai osato immaginare. C’è chi parte con un biglietto di andata e ritorno in tasca e poi, semplicemente, smette di cercare la via del ritorno. Non è una fuga, ma un’attrazione irresistibile che ti strappa dal tuo quotidiano e ti proietta in un luogo nuovo, dove l’anima ha più spazio per respirare. Riccardo Clemente, oggi ventottenne e originario di Bergamo città, non è un avventuriero, ma un esploratore. Non ha cercato la sua strada su una mappa, ma l’ha trovata in un paese di foreste e campus universitari; una strada iniziata a Lowell, vicino a Boston, dove un anno all’estero durante le superiori si è trasformato, quasi per magia, in un destino. Una nuova identità che ha scelto di costruire, non per una fuga ma per un’attrazione irrefrenabile verso il suo vero sé, un’eco interiore che ha saputo ascoltare in un luogo di profondo silenzio.
La prima tappa a Lowell
Nato e cresciuto nel cuore di Bergamo, in parrocchia a Sant’Alessandro in Colonna, ha sempre avuto le radici profonde e lo sguardo oltre l’orizzonte. Le sue prime memorie sono quelle di una comunità stretta, di strade che si conoscono a memoria e di volti familiari che ti accompagnano nella crescita. È questo il primo, indelebile, strato della sua identità. Ma il vero
«Mi ero trasferito vicino a Lowell per fare l’anno all’estero con una famiglia ospitante che viveva nei boschi. Non c’era niente da fare»
viaggio è cominciato a 17 anni, nel 2014, quando l’opportunità di studiare all’estero lo ha portato negli Stati Uniti. «Mi ero trasferito vicino a Lowell per fare l’anno all’estero con una famiglia ospitante che viveva nei boschi. Non c’era niente da fare», racconta con un sorriso che sa di consapevolezza. In quella quiete inaspettata, in quell’isolamento apparente tra alberi secolari e silenzi interrotti solo dal fruscio del vento, ha trovato una forza che non credeva di possedere. Vivere in quel luogo lontano da casa ha generato in lui una scintilla da cui ha preso luce tutto il suo futuro.
«Durante la mia permanenza negli Usa ho provato a fare l’esame di ammissione per le università americane e mi hanno preso: due università mi hanno proposto una borsa di studio». Così, quel singolo anno di studio si è trasformato in una laurea, e poi in un dottorato di ricerca, un percorso che lo ha portato a scavare nel futuro della tecnologia, un futuro che, forse, era già scritto per lui. Il suo è un racconto che ricorda come, a volte, le svolte più grandi non arrivino dai grandi rumori della vita, ma dal silenzio di una strada secondaria, da un sentiero dimenticato nei boschi. Il suo più grande campo di battaglia è stato un laboratorio, il suo strumento una stampante 3D, non per la plastica ma per il metallo, un mondo di ricerca e innovazione in cui l’immaginazione incontra la materia, un universo di precisione e avanguardia.
«Dopo la laurea in Ingegneria alla Western New England University in Massachusetts, mi è stata offerta una borsa di studio completa per continuare i miei studi verso il conseguimento del dottorato in Engineering Management. Non solo venivo pagato per lavorare per l’università facendo ricerca, ma insegnavo corsi a studenti più piccoli. La mia ricerca principale per il dottorato poi riguardava la manifattura additiva, la stampa 3D in
Il Covid, che per molti è stato un periodo di stallo e incertezza, per lui è stato un momento di opportunità. Ha seguito corsi extra e ha spinto la sua ricerca, fino a concluderla prima del previsto (in tre anni anziché in quattro), dimostrando come la disciplina e la passione possano vincere su qualsiasi ostacolo.
metallo». La sua è stata una vita fatta di equazioni, formule e progetti, una disciplina che ha dominato anche durante il periodo più buio della pandemia. Mentre il mondo si fermava, lui accelerava. Il Covid, che per molti è stato un periodo di stallo e incertezza, per lui è stato un momento di opportunità. Ha seguito corsi extra e ha spinto la sua ricerca, fino a concluderla prima del previsto (in tre anni anziché in quattro), dimostrando come la disciplina e la passione possano vincere su qualsiasi ostacolo. E proprio quando il percorso sembrava tracciato, con la strada maestra della carriera accademica aperta davanti a sé, Riccardo ha compiuto un’altra, inattesa, deviazione. Ha cambiato rotta, virando verso un mondo completamente diverso: quello della sanità e del sociale. L’ingegnere, lo scienziato, ha abbracciato la vocazione dell’assistenza.
«Prima ho lavorato per qualche mese in un ospedale in un team “particolare” che si occupava di far funzionare qualsiasi cosa meglio e più velocemente». Oggi invece è Corporate Quality Manager per una grande organizzazione, il «Center for Human Development», dove gestisce una serie di servizi per persone con disabilità, problemi psichiatrici, o altri problemi sociali. Un cambio di rotta non convenzionale, lontano dalla ricerca di laboratorio, che rivela un lato umano e pragmatico, un desiderio di non solo creare, ma anche di prendersi cura. «Questo tipo di lavoro è diverso dal mio passato, ma è interessante perché devo bilanciare tutto, devo cercare di mediare e risolvere i problemi che si creano, spronando i programmi a mantenere alto il servizio in modo continuo 365 giorni all’anno».
L’impegno nel sociale
È un lavoro fatto di persone, di storie, di piccoli e grandi bisogni che richiedono una continua presenza. Non si tratta di risolvere equazioni complesse, ma di risolvere problemi umani, un’arte che, per un ingegnere, richiede una sensibilità e una flessibilità nuove. L’America, per Riccardo, non è solo una terra di opportunità, ma anche un luogo di profonda riflessione sulla vita e sulle sue regole non scritte. «Ho vissuto sempre qui a Springfield in Massachusetts, una comunità che è più simile a noi europei, ha mantenuto per certi versi uno stile di vita molto vicino al nostro. Il sistema qui è meritocratico, ti insegna molto. Non conta l’età, ma solo la meritocrazia e il tipo di apporto che dai nel tuo lavoro: ti danno opportunità e sta a te sfruttarle».
La mentalità meritocratica
È un sistema spietato, ma onesto, che non concede sconti, dove il tempo sembra scorrere più veloce e ogni giorno è una prova. «Di contro, se sbagli o viene meno la necessità di averti come impiegato, tutti sono sostituibili e si cambia pagina del libro». Una mentalità diversa, a cui ha dovuto adattarsi, imparando a non dare nulla per scontato e a costruire il suo futuro giorno dopo giorno, senza la rete di sicurezza che spesso si trova in Italia. Dopo aver conosciuto nel 2019 Erin, ragazza americana che nel luglio 2025 è divenuta sua moglie (i due si sono sposati nel Connecticut), Riccardo ha messo radici forti ormai anche negli Usa, ma il legame con l’Italia non si è mai spezzato, è un filo invisibile che lo tiene ancorato alla sua terra. «Bergamo è sempre nel mio cuore. Certe cose qui mancano». Un sentimento che non è nostalgia, ma consapevolezza di una differenza profonda tra due mondi. Ma il futuro è un orizzonte aperto, un orizzonte che potrebbe anche riportarlo a casa. «Restare negli Usa non è mai scontato. Io al momento sono molto felice dove sono e ho anche un’ottima carriera. Sto mettendo le basi per un possibile ritorno futuro, soprattutto per riportare competenze e conoscenze raramente trovabili in Italia». È un desiderio di tornare non per fuggire, ma per dare. Per ora, il suo ponte tra due mondi è ancora lì, in un’America che gli ha dato molto e che lui, a sua volta, sta cercando di migliorare, giorno dopo giorno.
Bergamo senza confini
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
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