«Quei casoncelli per 20 americani. In 48 ore mi trovai chef in California»

Da Clusone agli States, il passo è stato breve per Christian Fantoni, chef bergamasco classe 1973 che ha registrato un enorme successo oltreoceano. Una storia veramente originale quella di Christian che, una volta concluse le scuole medie, era intenzionato a diventare poliziotto.

«Purtroppo o per fortuna non sono riuscito a realizzare il mio primo sogno, quello di entrare in Polizia – ricorda con il sorriso Christian Fantoni da Chicago, dove lavora al “Rpm Italian Restaurant” –. Ero proprio convinto della scelta e pensavo che la mia strada lavorativa fosse tracciata, invece la vita mi stava riservando qualcosa di diverso».

I genitori di Christian lavoravano come guardiani al Palazzo Fogaccia di Clusone, dove da piccolo iniziò ad avvicinarsi a quella che sarebbe diventata la sua professione. «In quel periodo mia mamma era la cuoca privata del principe Giuseppe Giovanelli e lì ho avuto i primi contatti con chef veramente importanti. Tra i vari incontri, ho avuto la fortuna di conoscere il grande Sergio Mei che mi suggerì di provare un corso di cucina alla scuola alberghiera. A palazzo ho assistito a numerose feste e presentazioni da sogno, ricette uniche, sculture e torte raffinate, tutte cose stupende che mi spinsero a iscrivermi al centro di formazione professionale di Clusone».

Una volta conclusi gli studi, Christian Fantoni inizia a lavorare in alcuni ristoranti, ma la sua bravura lo porta subito in uno dei locali simbolo di Bergamo, la Taverna del Colleoni in Città Alta. Qui instaura un ottimo rapporto con il patron Pierangelo Cornaro e soddisfa i palati più esigenti, compresi turisti e addetti ai lavori che arrivano da molto lontano.

«Ricordo come fosse ieri, era un giovedì primaverile e la mattina sono arrivato presto alla Taverna del Colleoni, dove ad attendermi c’era il mitico Pierangelo Cornaro. Mi disse che stava arrivando un gruppo di americani e gli ospiti volevano assaggiare i piatti della nostra cucina. Cornaro aggiunse che fra l’altro stavano cercando candidati per gli Stati Uniti e mi buttò lì un “ti farebbe bene un’esperienza in America”. Quel giorno mi lasciò piena libertà per il menù, così mi misi all’opera e preparai una decina di piatti, tra cui gli immancabili casoncelli. A fine servizio il responsabile del gruppo, un signore romano che aveva numerosi ristoranti in California, mi chiamò al tavolo, composto da 20 veri americani. Mi ricordo che parlavano inglese e io proprio non capivo nulla. In italiano il responsabile mi chiese se volevo partire per gli Stati Uniti e andare a lavorare per lui a Los Angeles. Rimasi spiazzato, iniziai a chiedere quando intendeva dovessi partire e lui mi rispose che mi avrebbe chiamato più tardi. È stato di parola, perché intorno alla mezzanotte Pierangelo Cornaro mi chiamò in sala per dirmi che due giorni più tardi, il sabato mattina, avevo un volo prenotato per Los Angeles. Non ci credevo, ero tra lo sbalordito e l’affascinato per un’avventura irrinunciabile, che sarebbe iniziata in appena 36 ore. In fretta e furia, tutto sarebbe cambiato nella mia vita».

Chef Fantoni parte per l’America senza conoscere una parola di inglese, ma con in valigia le conoscenze della cucina italiana e tipica bergamasca che gli porteranno fortuna. «Il bello di essere negli States consiste nel fatto che c’è tanta libertà di potersi esprimere con nuove idee. Per questo motivo è stato facile andare un po’ ovunque con il mio lavoro. Ho iniziato al Rex, un ristorante italiano nel Centro di Los Angeles che ancora oggi giudico come uno tra i migliori locali dove io abbia mai lavorato. Era un ristorante da favola, nel vero senso della parola, dove ogni giorno arrivavano attori, personaggi pubblici famosi e politici. Tutti venivano a cena come se fosse un dovere e io ho avuto l’onore di preparare serate per gli Oscar, la presentazione di film, soap opera e programmi televisivi. Di lì a breve il proprietario mi chiese di iniziare una nuova avventura con una trattoria italiana e mi sono trovato a creare piatti e menù in collaborazione con un gruppo di chef. Ho viaggiato in lungo e in largo per tutta la California, dove abbiamo aperto ristoranti ovunque, sono passato da Milwaukee e poi sono tornato nuovamente a Los Angeles. Dopodiché sono andato a New York, dove ho avuto la fortuna di lavorare in numerosi ristoranti stellati, come il “San Domenico NYC” e nel 1999 a “Le Bernardin”, poi è arrivato Le Cirque e Le Cirque 2000 per ben 4 anni dal 1999 al 2003, con tre stelle Michelin e Fiamma con una stella Michelin. Ho anche aperto miei locali con diversi soci italiani e ho avuto modo di lavorare insieme a chef da favola, veri e propri giganti della cucina, in media dalle 14 alle 16 ore quotidiane. Ricordo la maestria di Gualtiero Marchesi, Claudio Sadler, Nadia Santin, Aimo Moroni, Giorgio Pinchiorri, Annie Feolde, Gianfranco Vissani, Alain Ducasse, Eric Ripert, Grey Kuntz, Paul Bocuse, Mario Batali, Michael White e tanti altri. Imparavo talmente tanto da tutti loro che mi ritrovavo a dover scrivere un libro al mese». Le esperienze sono proseguite ad alto livello, fino alla decisione di trasferirsi a Chicago nel 2008, dove Christian Fantoni ha lavorato al Bice restaurant, nei locali del gruppo Portillos, “Phil Stefani 437”, al Casati restaurant e al “Rpm Italian Restaurant”.

Nel frattempo, per il futuro Christian Fantoni ha numerosi progetti in attesa di essere sviluppati. «Alcuni non posso svelarli al momento, ma posso affermare in maniera convinta che mi darò da fare per far conoscere sempre maggiormente i prodotti italiani negli States. E se proprio devo confessare il mio sogno nel cassetto, beh, è quello di poter aprire un ristorante con cucina bergamasca di alto livello». Per Bergamo è un orgoglio avere uno chef famoso in giro per il mondo, ma che consigli può dare agli studenti che oggi studiano all’alberghiero? «Mi verrebbe da consigliare loro di cambiare lavoro… scherzi a parte, ricordate le radici da cui provenite e portatele sempre con voi per affrontare le sfide future. Ricordatevi, che la cucina non è quello che si vede in televisione. Occorre grande lavoro, forza di volontà e sacrifici».

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