Carenza di medici di base, l’idea della Regione: «Bonus a chi lavora in aree disagiate»

La proposta dell’assessore Moratti: 6 mila euro in più all’anno per chi lavora in aree «difficili». Gli amministratori: ma si agisca anche a livello nazionale.

Seimila euro annui extra ai medici che accettano di lavorare in «zone disagiate». È questa una delle soluzioni che Regione Lombardia sta valutando per ovviare alla carenza cronica di medici di medicina generale e di pediatri, annunciata martedì in Consiglio dalla vicepresidente e assessore al Welfare, Letizia Moratti. Una soluzione che, nell’idea di Regione, potrebbe essere utilizzata dalle Ats nel caso in cui non si riuscisse a coprire un ambito carente di medici di medicina generale nemmeno dopo tre bandi consecutivi. Moratti ha poi aggiunto: «Se il numero di medici che accettano l’inserimento negli ambiti carenti dovesse risultare inferiore alle reali necessità, è data a chi accetta anche la facoltà di incrementare il proprio massimale a 1.800 scelte, con un carico di assistiti massimo di duemila».

Ipotesi, oggetto di valutazione da parte della Regione, accolte positivamente dai tre presidenti delle Assemblee dei sindaci dei Distretti della bergamasca, che ritengono però non possano essere le uniche e nemmeno quelle definitive. «Concordo con le misura che l’assessore Moratti vuole mettere in campo – dichiara Gianbattista Brioschi, presidente dell’Assemblea dei sindaci del Distretto di Bergamo –. È un incentivo che era già stato paventato ai medici, anche se stiamo ancora parlando di palliativi e di mettere toppe a questa emergenza. È logico che chiedere ancora sacrifici ai medici, che già sono tirati, è difficile: qualcuno accetterà questa proposta, ma tanti non se la sentiranno, visto che alcuni stanno già lasciando perché stremati da questi due anni di pandemia. Quindi ben vengano queste misure, ma il problema va spostato davvero a livello nazionale. Bisognerebbe rivedere il contratto nazionale dei medici, soprattutto per i nuovi dottori neolaureati, per incentivarli a percorrere questa strada lavorativa. E bisogna discutere a livello nazionale dei medici in pensione che però vorrebbero rientrare a dare una mano in questa emergenza, facendo loro magari dei contratti ad hoc, in modo che si facciano carico di qualche centinaio di pazienti e possano così aiutare gli altri medici di medicina generale». «L’iniziativa è sicuramente apprezzabile e lodevole – concorda Gabriele Cortesi, presidente dell’Assemblea dei sindaci del Distretto Bergamo Est –. Non è però certamente risolutiva. Servono infatti altre due azioni che devono avvenire a livello governativo: la situazione si risolve con una revisione seria del contratto collettivo nazionale e con l’apertura dei numeri chiusi delle università».

«Si tratta di un segnale di attenzione – aggiunge Juri Imeri, presidente dell’Assemblea dei sindaci del Distretto Bergamo Ovest – da parte di Regione. È chiaro però che ci si aspetta che il governo faccia una riforma e abbia una strategia che sia definitiva per risolvere il problema. Non possiamo pensare che nel 2022, a maggior ragione dopo quello che abbiamo passato negli ultimi due anni, siamo qui a centellinare i medici».

L’iniziativa proposta dall’assessore Moratti è ritenuta buona anche da Alberto Mazzoleni, della Giunta nazionale Uncem, che la vede come un possibile punto di partenza per incentivi più strutturali a chi opera in aree disagiate. «È chiaro – spiega Mazzoleni – che la situazione sta diventando drammatica per tutti, soprattutto per la montagna. Penso sia il minimo poter stabilire incentivi. Servirà poi anche mantenere e rafforzare i presidi ospedalieri montani, per non lasciare i medici di famiglia soli». «Valuto molto positivamente la proposta – concorda anche Andrea Tremaglia, presidente Fratelli d’Italia Bergamo –. È la giusta direzione per riconoscere che i nostri territori più fragili meritano un’attenzione speciale». Marco Fumagalli, consigliere regionale del Movimento cinque stelle, chiede invece l’introduzione di «personale amministrativo che sburocratizzi l’attività dei medici, in modo che i medici possano concentrare esclusivamente la propria attività sui pazienti».

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