Dal sogno della Padania all’addio alla Lega
Ecco chi era Franco Colleoni
«Padania libera». Fino a quando Franco Colleoni è rimasto nella Lega rispondeva così al telefono. Poi dopo le dimissioni dalla segreteria provinciale nel 2005 la sua strada e quella del movimento si sono divise e il Carroccio è rimasto solo il nome del suo ristorante di Brembo di Dalmine, dove ieri è stato trovato senza vita. Morto lo stesso giorno di Marco Formentini, primo (e finora solo) sindaco leghista di Milano: nel 1997 erano stati eletti insieme al Parlamento di Mantova, nelle lista dei «Democratici europei, lavoro padano».
Colleoni era un leghista duro e puro «un soldato sempre in prima fila per il movimento» lo ricorda Roberto Calderoli: «Ha iniziato a militare ad inizio anni ’90 con grande passione, prima a Dalmine, poi segretario di circoscrizione e dal 1995 assessore in Provincia». La Giunta di Giovanni Cappelluzzo che da un lato si era aperta in modo quasi rassicurante (per gli altri) alla società civile pescando a piene mani nelle associazioni, dall’altro cautelata con assessori di provata fede. Leghista, ovviamente: un monocolore che per 4 anni aveva mandato sotto qualsiasi tentativo di opposizione, pure trasversale.

Curioso di tutto ed
esperto di niente. Classe 1968 (ohibò…), maturità tecnica e studi in
Giurisprudenza, lavora a L’Eco di Bergamo dal novembre 1997. Vicecaporedattore
dal 2014, è stato inviato e per tre anni ha guidato la redazione web. Scrive di
cronaca, politica, trasporti e Atalanta, della quale è tifosissimo. Ha da
sempre una passionaccia per il calcio inglese in tutte le sue forme e categorie,
una spiccata simpatia per il Manchester City e una fornitissima biblioteca,
anche di storie di calcio. Che prova a raccontare su Corner.
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