Inizia il Conclave, dall’ispirazione allo scrutinio. Servono i due terzi dei votanti - Cosa sapere

L’ATTESA. Regole e quorum, tutto pronto nella Cappella Sistina per l’elezione del 267esimo Papa.

Da qualche anno è tutto più semplice. La votazione del nuovo Papa avviene «per scrutinium», la scheda infilata nell’urna e il computo dei voti. Ma per 16 secoli è stata prevista anche la formula «per acclamationem», «per ispirationem», «per compromissum» e addirittura «per adorationem».

Storia e formule

Il Concilio di Trento impose l’obbligo dello scrutinio segreto, ma bisognerà aspettare Giovanni Paolo II perché la norma sia codificata in una Costituzione

Queste formule erano seguite tutte dall’acclamazione. Lo scrutinio appare nel canone 24 del Concilio Lateranense del 1215. Ma per secoli praticamente non viene preso in considerazione. Gregorio X, Papa nel 1621, con la Costituzione «Aeternis Patri», al primo posto indica il metodo dell’ispirazione, «quando, vale a dire, tutti i cardinali come per ispirazione dello Spirito Santo, proclamano un Sommo Pontefice unanimemente e a viva voce». E nessuno poteva dissentire. Sono rari i casi di elezione in questo modo.

Il più antico di cui si ha notizia è per Papa Fabiano nel 338. Poi Pasquale II nel 1099, che appena capì che avrebbero fatto il suo nome si nascose. Il Concilio di Trento impose l’obbligo dello scrutinio segreto, ma bisognerà aspettare Giovanni Paolo II perché la norma sia codificata in una Costituzione. Per adorazione vennero eletti diversi Papi. Avveniva che i cardinali andassero nella cella del prescelto e lo portassero nella Cappella Paolina per adorarlo e dopo tutti lo proclamavano Papa. Così venne eletto Giulio III nel 1550, prelevato alle tre di notte. L’ultimo fu Paolo IV il 2 maggio 1555, Papa Pietro Carafa, probabilmente il Papa più odiato della storia della Chiesa, al punto che alla sua morte i romani decapitarono la sua statua in Campidoglio e diedero l’assalto al carcere di Ripetta dove erano rinchiusi eretici e avversari politici condannati dall’Inquisizione. L’elezione per ispirazione invece avveniva dopo che un cardinale si alzava in piedi in Conclave e pronunciava a voce alta un nome. Tutti dovevano alzarsi e dire «eligo» a voce alta. Ma si poteva anche fare per iscritto. La formula «per compromessum» si aveva invece quando i cardinali affidavano ad alcuni di loro con una sorta di delega l’elezione, che aveva alla fine la promessa di riconoscere il prescelto come nuovo Papa. Questa possibilità resta fino a Paolo VI nella Costituzione «Romano Pontifici eligendo» del 1975.

Il quorum

Anche sui quorum sono cambiate tante cose. Prima del XII secolo era richiesta l’unanimità. Alessandro III, eletto nel 1159, introduce la regola dei 2/3, che rimase valida fino a Pio XII che la cambiò rafforzandola con i 2/3 più 1. Giovanni XXIII l’abolì. Paolo VI la ripristinò. Wojtyla tornò alla formula dei 2/3 dei votanti. Fino al Codice di diritto canonico del 1917 era nullo anche il voto dato a se stesso. Le schede si potevano aprire da un lato e risalire all’autore del voto. Pio XII trovò una soluzione e stabilì la regola del più uno. Cioè ai due terzi si doveva aggiungere un voto così se anche l’eletto avesse votato per se stesso si sarebbe rispettato comunque il quorum dei due terzi. Il Codice di diritto canonico del 1983 non prevede più la nullità del voto a se stesso, ma la definisce azione riprovevole.

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