Dall’incidente alla vita piena d’energia
Una seconda nascita dopo il coma

Ogni metamorfosi, anche la più piccola, come un bruco che diventa farfalla, ha il sapore di un miracolo. Nel caso di Alessio Tavecchio il cambiamento è stato straordinario, radicale, e a generarlo è stato un gravissimo incidente stradale: oggi è per tutti «Il ragazzo che nacque due volte», come dice il titolo di uno dei suoi libri.

Campione paralimpico di nuoto, formatore, docente di corsi di educazione stradale, la sua testimonianza è contagiosa, e invita chiunque lo incontri ad avviare una trasformazione simile a quella che lo scrittore Paulo Coelho descrive ne «Lo Zahir»: «Chiudi la porta, cambia musica, rimuovi la polvere. Smetti di essere chi eri e trasformati in chi sei».

Originario della Val Brembana

Alessio è nato a Bergamo e la sua famiglia è della Val Brembana, ma da tempo vive a Milano: «Restano luoghi a cui sono particolarmente legato, ci torno sempre d’estate e per gli incontri nelle scuole». Nelle classi offre la testimonianza emozionante e coinvolgente di come si può affrontare la vita nonostante le difficoltà, e allo stesso tempo mostra attraverso un’esperienza drammatica «il vero senso delle regole, quanto vale la vita e perché bisogna indossare il casco».

A ventitré anni Alessio era un ragazzo come tanti altri, studiava ingegneria «ma con scarsissimi risultati – racconta –, stavo pensando di lasciare gli studi. Non c’era nulla che mi rendesse davvero felice. Grazie alla mia famiglia avevo tutto: moto, macchina, soldi, divertimento, amici, ma mi mancavano l’orizzonte e il senso. Soffrivo anche se non si vedeva, perché non avevo obiettivi né sogni, sentivo che qualcosa doveva cambiare».

Quel volo in moto per una buca

Ha un ricordo preciso dell’incidente: «Andavo a 50 chilometri orari, stavo per fermarmi. Non ho visto una buca sull’asfalto, sono volato a terra e ho colpito in pieno il guardrail. Mi sono fracassato la schiena e il viso. Sono arrivato in ospedale in arresto cardiaco e sembrava che non ci fosse più nulla da fare. Dopo otto giorni di coma, invece, mi sono svegliato. Ho sofferto, ho pianto tantissimo, ero disperato. Avevo solo 23 anni, i medici mi avevano detto che non avrei più camminato, avrei potuto avere un aspetto impresentabile e rischiavo di perdere la vista. Non era questo il futuro che desideravo. È stata l’esperienza più difficile della mia vita, eppure, ho capito quasi subito che questo poteva essere il grande cambiamento che aspettavo. Così mi sono messo l’animo in pace e ho affrontato la situazione. Mi sono detto che doveva esserci qualcosa di buono perfino in quello che mi era capitato e che andando avanti avrei potuto scoprirlo. Ho deciso di mettercela tutta e, ripensandoci ora, questo mi ha portato a scoprire chi sono, la forza che è in me, i miei talenti. Ho sempre avuto accanto mia madre in questo cammino; anche prima dell’incidente mi aveva sempre stimolato a compiere una crescita spirituale, mi sono reso conto che non l’avevo ascoltata abbastanza».

«Ricordo tutto del coma»

L’esperienza del coma ha lasciato il segno: «Mi ricordo tutto, e quel tempo trascorso a riflettere, senza poter parlare né muovermi, ha stravolto le mie prospettive e ha trasformato il mio punto di vista sulla realtà. Quando mi sono svegliato sono riuscito a considerare quell’incidente come un’opportunità e come una sfida più che un castigo o un’ingiustizia, ho scoperto quell’Alessio fatto di forza, coraggio e amore che prima era rimasto nell’ombra. Ne ho parlato con la mia famiglia e i miei amici: hanno sempre creduto in me e mi hanno aiutato a non arrendermi, a non perdere mai la fiducia nella guarigione e nella vita. È stato questo lavoro di squadra che mi ha portato dopo soli due anni a diventare un campione di nuoto».

Le medaglie d’oro di nuoto

Quella del ricovero in ospedale è la «Cronaca di una guarigione impossibile» che poi Alessio ha raccontato nella sua prima autobiografia: «Mi avevano pronosticato due anni di soggiorno in corsia, ma io ci sono rimasto solo per quattro mesi, compresa la riabilitazione, e quando sono andato a casa ero autonomo. All’inizio è stato difficile, un incidente ti cambia la vita da un momento all’altro. Ripensandoci non so davvero come ho fatto. A sette mesi dall’incidente vincevo tre medaglie d’oro ai campionati italiani di nuoto assoluti per disabili». L’inizio di molti successi: oggi le medaglie d’oro sono diventate trenta.

Un’esperienza nata quasi per caso: «Quando mi sono ritrovato sulla sedia a rotelle – spiega Alessio – avevo bisogno di trovare un modo per alleviare i dolori alla schiena, e mi hanno consigliato il nuoto. Ho incominciato ad allenarmi e i coach hanno visto che galleggiavo bene, mi hanno proposto di inserirmi in una squadra. Anziché continuare con le consuete due sedute alla settimana ho incominciato ad andare in piscina tutti i giorni, perché mi ero proposto di impegnarmi al massimo in qualunque impresa avessi iniziato. Gli altri atleti in gara si chiedevano da dove fossi venuto e come mai fossi così forte. Per me quei risultati erano il frutto di determinazione, fiducia in me stesso, pensiero positivo. In quel momento non avevo altre occupazioni e lo sport mi ha dato molto: ha potenziato la mia autonomia, la forza di volontà mi ha aiutato a mettere da parte le paure, a superare ostacoli e barriere». Tra le sfide che ha affrontato c’è stata anche quella di mettere su casa per conto suo: «Stavo bene con la mia famiglia ma a un certo punto ho sentito il bisogno di vivere da solo, per dimostrare che potevo riuscirci. A trent’anni sono partito per la mia avventura». Qualche anno dopo ha incontrato Clorinda, che poi è diventata sua moglie: «Ora abbiamo due bellissime bambine di sette e dieci anni. C’è chi mi dice che sono stato fortunato. Ma se non fosse così? Se dipendesse da noi, da quanto crediamo e ci impegniamo in ciò che facciamo? La vita viene incontro alle persone che osano, si impegnano e non si lasciano andare, per me è stato così».

Lo sport per Alessio è stato davvero l’inizio di una vita diversa: «Ho partecipato alle Paralimpiadi di Atlanta e il Coni mi ha scelto come testimonial per due anni. È stata un’occasione per cimentarmi in esperienze diverse, ho incominciato a parlare in pubblico, mi sono accorto di riuscire a entrare spontaneamente in contatto con le persone». Dopo un’attenta riflessione, Alessio ha deciso di sfruttare questa sua capacità anche per inventarsi una professione: «Sono diventato formatore, professionista nel campo della sicurezza stradale, impegnandomi nell’offrire motivazione, nella riscoperta dei talenti personali, aiuto le persone a scoprire come affrontare le difficoltà, i cambiamenti di vita». Alessio tiene incontri, lezioni e seminari in ospedali, associazioni, aziende, scuole, carceri: «Parto dalla mia storia, perché lo considero mio compito. Sono stato sul punto di morire, ho avuto una seconda chance, ce l’ho messa tutta per ricominciare ed è questo impegno, questa fiducia che cerco di trasmettere a chi si trova in difficoltà. Se posso fare tutto questo stando su una sedia a rotelle, mi immagino quanto potenziale possa esserci nei ragazzi che incontro nelle scuole. Loro non hanno grandi problemi, ma spesso non credono in se stessi e mi ricordano l’Alessio di prima, che per cambiare aveva bisogno solo di un po’ di conoscenza e consapevolezza in più. Non serve un incidente, ci sono tante altre strade, la solidarietà, la ricerca, la conoscenza, l’amore. Per me ci è voluto quel paletto, ai ragazzi insegno che liberando il loro potere creativo possono realizzare cose molto più grandi. Ho ricominciato a studiare, mi sono rivolto a professionisti del settore, ho aperto una società che si occupa di corsi ed è andata bene. Nel frattempo ho trovato tanti modi per mettere la mia esperienza a servizio degli altri, anche i libri mi hanno aiutato a farmi conoscere».

La sua fondazione

È nato un circolo virtuoso, che ha portato Alessio a costruire una rete sempre più ampia di contatti, amicizie, relazioni e a intraprendere nuove attività professionali, ora raccolte nel «Progetto vita» (www.alessioprogettovita.it) . Nel 1996 ha pubblicato la prima autobiografia, poi il secondo volume, «Una marcia in più» con l’esperienza dei corsi di educazione stradale, infine il terzo, «Il ragazzo che nacque due volte» (www.ilragazzochenacqueduevolte.it) , «una revisione del primo, arricchita e ampliata»; sono diventati bestseller, vendendo complessivamente oltre centomila copie.

Con la Fondazione che porta il suo nome (www.alessio.org) aiuta altre persone in difficoltà a riscoprire il valore della vita attraverso lo sport, l’autonomia, il lavoro e il sostegno psicologico motivazionale, «gli strumenti che mi hanno permesso di riemergere». È impegnato a costruire un centro polifunzionale integrato: «Ho avviato il progetto, già finanziato, ma ci sono ancora tanti ostacoli burocratici». E lancia un appello: «Magari c’è un buon cuore bergamasco che può offrirmi trentamila metri di terreno e saprò come valorizzarlo. Ospiterà laboratori, orti, vigneti, coltivazioni per sostenere la formazione e il lavoro di persone disabili e anziane. Vorrei costruire anche un centro sportivo dedicato alla preparazione agonistica degli atleti disabili per le discipline paralimpiche, perché in Lombardia non c’è ancora, e chi ne ha bisogno deve affrontare molte difficoltà nelle strutture “normali”».

Secondo Alessio, appassionato di fisica quantistica «la nostra vera origine è energia, la nostra essenza è una vibrazione, non è materia. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Da qui viene tutta la mia forza, la mia determinazione. Non ho paura del futuro, so di poter sbagliare, ma soprattutto di poter imparare». Infine, come dice una poesia di Alda Merini, «Se diventi farfalla/nessuno pensa più/ a ciò che è stato / quando strisciavi per terra/ e non volevi le ali».

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