I due blocchi
e l’Ue più unita

La sintesi che il nostro premier, Mario Draghi, ha fatto delle conclusioni del G7
di Carlis Bay, in Cornovaglia, pare piuttosto affidabile. Perché l’Italia, pur ribadendo la propria fedeltà atlantica ed europeista, è un Paese moderato, e libero da particolari contenziosi. Ma soprattutto perché anche a questi livelli di alta politica, tra il dire e il fare la distanza può essere rilevante. In sede di presentazione avevamo detto che sarebbe stato un G7 all’insegna della Cina e così è stato.

Draghi ha detto che nessuno vuole (o meglio, può) impedire alla Cina di diventare una grande potenza economica, però i suoi valori e i suoi comportamenti sono tali, all’interno e all’esterno, da impedire una regolare concorrenza internazionale.

Il problema è che la Cina la vede in maniera esattamente opposta. A Pechino pensano che il G7 sia un organismo sostanzialmente imperialista, fatto per garantire la supremazia globale a un piccolo gruppo di Paesi che rappresentano solo il 10% della popolazione mondiale e che proprio quello cercano: un modo di frenare lo sviluppo della Cina. E l’ambasciata cinese di Londra lo ha messo nero su bianco.

È una contrapposizione da cui sarà molto difficile uscire. Anche perché riflette due diverse culture (potremmo quasi dire antropologie) e due diverse ambiguità. Per fare un esempio: il G5 di Huawei viene messo al bando dall’Occidente perché troppo legato alle strutture militari e statali cinesi. Ma i server di Jeff Bezos, su cui girano sia i computer dei servizi segreti Usa sia quelli di tantissimi media, possono davvero essere considerati liberi e indipendenti? Davvero agli Usa importa degli uiguri più della concorrenza, spesso poco leale, delle aziende cinesi?

Di Cina si parlerà ancora molto. Direttamente, quando Biden terrà il summit con la Ue (Bruxelles si è appena scontrata con Pechino a suon di sanzioni), e indirettamente durante il summit Nato, visto che l’Alleanza si è detta molto preoccupata della possibile alleanza tra Cina e Russia. E il braccio di ferro si ripercuoterà su molti tavoli. Il G7 vuole lavorare per estinguere la pandemia di Covid-19 entro il 2022, ma intanto i suoi Paesi mettono sotto accusa la Cina per la diffusione del virus. Il G7 vuole affermare una politica rispettosa dell’ambiente ma per realizzarla serve la partecipazione della Cina (e della Russia). Si è parlato di aiutare l’Africa, continente in cui la Cina ha piantato solide radici.

Insomma, in un modo o nell’altro sempre da lì bisogna passare. Il che riflette la sempre maggiore polarizzazione che si è andata consolidando negli ultimi anni. Si torna a grandi passi verso la vecchia questione dei due blocchi, con Pechino al posto di Mosca e Washington ancor più impegnata di prima a tenersi stretta l’alleanza con l’Europa.

In questo quadro, per di più con l’uscita di scena di Angela Merkel ormai prossima, è inevitabile prevedere un ricompattamento dei Paesi Ue tra loro e nella scia degli Usa. E dell’Italia nella Ue, come appunto Draghi non si stanca di ribadire. È una scelta che corrisponde alla nostra storia, ma adesso è anche una necessità. Siamo una barca troppo fragile per navigare in solitaria.

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