La modella con quel cromosoma in più
Super sportiva e una vita da protagonista

A volte bisogna lasciarsi inghiottire dal buio per distinguere la luce delle stelle. Chiudere gli occhi e galleggiare nell’oscurità per riemergere e guardare la realtà con occhi diversi. Orietta Locatelli l’ha imparato da sua figlia Valentina Rota, 27 anni, giovane con la sindrome di Down di Almenno San Bartolomeo.

Ce lo mostra una foto di tanti anni fa, quando Valentina frequentava ancora la scuola primaria: «Ho visitato la grotta Europa di Bedulita con la mamma – racconta –, ma è stata dura, perché lei soffre di claustrofobia. Il percorso era accidentato e difficile, ma sono arrivata fino in fondo. Così abbiamo dimostrato tutte e due che potevamo riuscirci». L’accesso è angusto, in alcuni punti bisogna procedere strisciando anche se per un breve tragitto.

L’esperienza in grotta

«Prima di quel momento – spiega Orietta – avrei fatto qualunque cosa piuttosto che entrare in una grotta, mi sarei piuttosto buttata da un aereo con il paracadute, invece l’ho attraversata per due volte, Valentina mi ha fatto passare la paura». Questa ragazza elegante, dai lineamenti fini, con il suo sorriso contagioso scardina tutti i pregiudizi sulla «trisomia 21». L’anno della gita scolastica era il 2003: «Valentina ci teneva tanto – chiarisce Orietta –, perciò per prepararci avevamo fatto un lungo allenamento con mio cugino Paolo, speleologo e guida. Quando è arrivato il momento, però, una delle maestre si è incastrata in un passaggio, si è spaventata e quindi per precauzione ha deciso di non far entrare mia figlia. Lei è tornata a casa molto dispiaciuta e delusa, perciò la domenica successiva siamo tornate alla grotta insieme, accompagnate da Paolo. È stata un’impresa storica, non la scorderemo mai».

La testina alle superiori con 60 slide

La vita della famiglia Rota, da quando è nata Valentina, è stata sempre così: stretti tunnel da attraversare, molte grandi fatiche affrontate tenendosi per mano, e altrettante splendenti conquiste. Quando ci siamo incontrate, Valentina ha disposto sul tavolo i suoi album dei ricordi, ognuno dei quali segna un traguardo raggiunto: l’udienza con Papa Giovanni Paolo II nel 1997, quando aveva solo 5 anni, le gare di nuoto e tutte le sue medaglie, le sfilate in abiti eleganti, i set fotografici, i progetti dell’Associazione italiana Persone Down, ma soprattutto il suo diploma. «Ho frequentato il liceo psico-pedagogico a Presezzo – racconta –. Nella mia tesina per l’esame di Stato c’erano 60 slide e ho ottenuto un punteggio di 87 centesimi». In questo lavoro articolato ha raccolto le esperienze compiute in cinque anni, i suoi passi avanti sulla strada dell’autonomia, collegandole ai suoi film e alle sue opere d’arte preferite. «Alla fine del liceo c’è stato un gran galà – racconta – ho indossato un abito lungo e mi hanno dato un attestato».

Valentina si è avvicinata al mondo del lavoro in modo graduale, attraverso alcuni tirocini: «Sono stata in Comune, all’assessorato dei Servizi Sociali, ho svolto alcuni stage in cooperative, aziende e in un hotel, come receptionist e nell’amministrazione. Poi sono arrivata alla cooperativa sociale Ruah. Dopo tre mesi di prova ho avuto un contratto a tempo determinato che l’estate scorsa è diventato a tempo indeterminato. Quando l’ha visto, mio papà l’ha baciato. Faccio la segretaria e l’assistente, a volte svolgo lavoro d’archivio, e mi piace molto». Lo racconta sorridendo, con gli occhi che brillano di soddisfazione.

Tanti sport

Nel tempo libero si dedica allo sport, judo, danza, ippoterapia, nuota con la squadra promozionale Phb (Polisportiva bergamasca onlus), non agonistica, perché ha un problema al cuore. Ma si allena tutti i giorni anche a corpo libero e con i pesi, per mantenersi in forma. «Ho incominciato a nuotare prima di camminare – spiega –, avevo solo undici mesi. Mi sono fermata soltanto nell’ultimo anno di liceo, perché dovevo prepararmi bene per l’esame. Da tre anni faccio anche nuoto sincronizzato. La mia accompagnatrice ufficiale è la zia Lella, che è come una seconda mamma». L’aiuto della cognata è stato prezioso per Orietta, che qualche anno dopo la nascita di Valentina ha avuto due gemelle, Michela e Annalisa, oggi diciottenni: «Mi ha aiutata e sostituita in tutto quando le bambine erano piccole».

Gli affetti

Fin dall’infanzia Valentina ha compreso l’importanza di essere il più possibile indipendente: «Ho seguito diversi corsi promossi dall’Aipd, Associazione italiana persone Down, compreso quello dei “Ragazzi in gamba”, perché è importante sapersi orientare in città, usare i mezzi pubblici, provvedere alla spesa, avere un posto di lavoro».L’Associazione italiana persone Down è stata costituita a Bergamo nel 2004: «A livello nazionale – racconta Orietta – esiste dal 1979, nella nostra provincia noi siamo stati tra i primi genitori che si sono iscritti. È un punto di riferimento fondamentale, offre strumenti di promozione sociale, propone corsi per le diverse fasce d’età. Valentina li ha seguiti tutti, compreso quello di affettività, un anno da sola e uno con il suo ragazzo, Nicola, che ha 33 anni e vive a Sarnico. Ha fatto un bellissimo lavoro sull’identità: è consapevole della sua sindrome, ne abbiamo sempre parlato liberamente». Valentina e Nicola sono fidanzati da quattro anni: «Speriamo di poter avere un futuro insieme – sorride – e magari un giorno di sposarci». Con l’Aipd ha partecipato anche al progetto weekend: «Organizzavamo tutto noi – chiarisce –, dovevamo decidere il luogo, provvedere alle prenotazioni di viaggio e soggiorno, preparare le valigie, i pasti, tenere in ordine. Ho cucinato, con qualche piccolo aiuto, la pasta alla carbonara».

La vita di Valentina è iniziata in salita, anche se ormai quei momenti sono solo un brutto ricordo: «Quando è nata, all’ospedale di Bergamo – dice Orietta –, me l’hanno portata via subito, in terapia intensiva, ed è stato drammatico, perché dagli esami prenatali non era risultato nulla di anomalo, perciò non sapevamo né della trisomia 21 né della grave cardiopatia da cui mia figlia era affetta, secondo i medici addirittura incompatibile con la vita. Le tecniche diagnostiche 27 anni fa non erano come quelle di oggi. Avevo 22 anni, mio marito Renato 31, era la nostra prima figlia, non c’erano altri casi in famiglia, siamo stati investiti da un uragano e non eravamo preparati. All’inizio le previsioni erano fosche, secondo i medici erano scarse le probabilità che nostra figlia potesse arrivare all’età scolare, e abbiamo versato molte lacrime, perché avevamo una grande paura di perderla. È stata operata per la prima volta a tre mesi e mezzo, per i primi tre anni abbiamo trascorso più tempo all’ospedale che a casa. Alla nascita di Valentina abbiamo conosciuto un’altra famiglia con una bimba con sindrome di Down, Arianna, e per molto tempo hanno seguito un percorso affine, sono cresciute insieme, seguendo terapie di fisioterapia, musicoterapia e psicomotricità, si aiutavano a vicenda, e lo stesso facevamo noi genitori».

All’inizio Orietta non sapeva niente della sindrome di Down: «L’associavo ai tratti e ai comportamenti stereotipati con cui viene superficialmente descritta». Poi però Renato e Orietta, sfogliando una rivista hanno scoperto per caso l’Associazione italiana bambini Down di Milano: «C’era una pagina con un’immagine molto suggestiva – ricorda Renato –, un bambino con trisomia 21 con un grosso salvagente, e lo slogan diceva “Non è un mare di guai”. Ci siamo detti che era un segno del destino, abbiamo deciso di metterci in contatto. La presidente ci ha fatto conoscere sua figlia Daniela, che allora aveva 16 anni, frequentava il liceo, si spostava in tram e in metropolitana da sola, si truccava, usciva con le amiche». Una testimonianza molto confortante: «Quando sono tornata a casa – commenta Orietta – volavo a un metro da terra e mi sono detta che non era un dramma come immaginavo. Ci siamo rimboccati le maniche, e ci siamo scoperti più forti di quanto pensassimo».

Le grandi occasioni

Il percorso è stato accidentato: «Abbiamo fatto il possibile, con tanto lavoro, perché Valentina non fosse tollerata ma accettata, perché valorizzasse i suoi talenti. Abbiamo dovuto superare tanti ostacoli, burocratici e umani, ancora tanti problemi di salute, ci sono stati periodi complicati, ma abbiamo incontrato anche specialisti molto validi, che ci hanno seguito con attenzione, e molte persone che hanno creduto in lei e sono diventati i nostri angeli custodi, seguendoci nel percorso di evoluzione e di crescita».

C’è anche qualche momento speciale nell’album dei ricordi, come l’incontro con Samuele Bersani: «Nel 2008 abbiamo passato una giornata in uno studio fotografico a Milano con il fotografo Gianmarco Chieregato per scattare le immagini di un ricettario dell’Aipd – afferma Valentina – “Le ricette del sorriso”, che poi è stato distribuito a livello nazionale con Sorrisi e Canzoni». Sempre grazie all’Aipd Valentina ha partecipato a un tirocinio alle Scuderie del Quirinale: «Ho lavorato come giardiniera e una volta ho pranzato con il presidente Giorgio Napolitano. È stata una grande emozione». Ha preso parte anche al flash mob «Body Positive Cat Walk» nel 2018 a Milano, organizzato da Laura Brioschi, curvy model e influencer, per mostrare che la bellezza è nella diversità: «Era il 25 febbraio, le altre modelle erano in costume ma io non potevo spogliarmi, perché faceva molto freddo e c’era il rischio che mi ammalassi».

Se le chiedono cosa pensa della sindrome di Down Valentina risponde con naturalezza e decisione:«È una condizione genetica, abbiamo un cromosoma in più e questo vuol dire che siamo speciali, possiamo fare tutto come gli altri, questo non ci impedisce di vivere normalmente e di essere felici. Oggi posso dire che voglio tantissimo bene alla mia famiglia e sono orgogliosa di me stessa. Mi sarebbe piaciuto poter frequentare l’università, ma non è stato possibile. In futuro chissà, rimane il mio sogno».

© RIPRODUZIONE RISERVATA