Economia / Bergamo Città
Lunedì 29 Dicembre 2025
Confcommercio Bergamo, 4 imprese su dieci colpite dalle tensioni geopolitiche
L’ANALISI. Format Research: il 56% ha modificato i rapporti con l’estero, ma prevale la prudenza sugli investimenti.
Bergamo
Le tensioni geopolitiche e i dazi stanno lasciando il segno sul tessuto imprenditoriale bergamasco del terziario. Secondo un’indagine condotta da Format Research per Confcommercio Bergamo, più di quattro imprese su dieci del terziario (il 44%) hanno registrato effetti riconducibili all’instabilità internazionale, con i rincari energetici che rappresentano l’impatto più diffuso (rilevato dal 22%).
Tra gli altri effetti concreti, per l’11% delle imprese le interruzioni logistiche hanno causato ritardi nei servizi e malcontento tra i clienti. Anche la domanda estera è diventata instabile (come evidenzia l’11% delle imprese): alcuni mercati sono in calo, altri sono diventati più difficili da raggiungere. Al 44% delle imprese che registra degli effetti concreti sulla propria impresa, si somma un altro 21% di imprenditori che, anche se non ha subito effetti immediati, è condizionato pesantemente nelle scelte dal clima di incertezza. Il tessuto imprenditoriale bergamasco reagisce all’instabilità con prudenza e controllo: poche scelte radicali, molta attenzione ai costi e ai fornitori.
«Instabilità, calo dei consumi e rincari energetici, con l’energia elettrica tra le più costose a livello europeo, impongono prudenza e frenano inevitabilmente gli investimenti»
Le imprese si concentrano sulla gestione quotidiana per difendere margini e continuità operativa, rimandando le decisioni di lungo periodo in attesa di uno scenario più stabile. «Le imprese del terziario bergamasco dimostrano resilienza e pragmatismo - commenta Giampietro Rota, presidente Gruppo Grossisti e Distributori vino e bevande Confcommercio Bergamo-. Prevale un atteggiamento di controllo dei costi e attenzione alla continuità operativa, con poche scelte radicali e molto focus sulla difesa dei margini. Instabilità, calo dei consumi e rincari energetici, con l’energia elettrica tra le più costose a livello europeo, impongono prudenza e frenano inevitabilmente gli investimenti».
Aurora Minetti, presidente del Gruppo Grossisti Alimentari Confcommercio Bergamo pone l’accento sul settore, alle prese con un clima di incertezza: «Il settore della distribuzione alimentare deve compiere oggi una scelta decisiva: smettere di reagire in ordine sparso e iniziare ad agire come filiera. I dati bergamaschi sono eloquenti: due imprese su tre operano in un clima che blocca programmazione e investimenti. La risposta finora è stata pragmatica ma frammentata: diversificare fornitori, rivedere mercati, ridurre l’esposizione al rischio. È resilienza, certo, ma anche il limite di una strategia puramente difensiva e individuale».
«I dati bergamaschi sono eloquenti: due imprese su tre operano in un clima che blocca programmazione e investimenti. La risposta finora è stata pragmatica ma frammentata: diversificare fornitori, rivedere mercati, ridurre l’esposizione al rischio»
Il settore della distribuzione alimentare, sottolinea Minetti, è l’«anello centrale tra produzione e consumatore»: «Questa posizione ci impone una responsabilità: passare dalla somma di adattamenti individuali a una logica collettiva di filiera. Significa tutelare insieme imprese, consumatori e territori, garantendo continuità, qualità e trasparenza. L’urgenza è ancora più evidente guardando al contesto nazionale. Il Rapporto 2025 sul mercato enogastronomico presentato da Roberta Garibaldi conferma che l’agroalimentare italiano è un asset competitivo globale, riconosciuto per identità, qualità e territorio. In un settore così forte, la filiera non può essere un punto di dispersione, ma di coesione. Questo richiede coraggio: il coraggio di decisioni corali che vadano oltre il vantaggio immediato, per costruire un equilibrio più solido e duraturo. Servono scelte controcorrente, visione comune, rinuncia a vantaggi di breve periodo».
Ma perché questo sia possibile serve un contesto favorevole: «Meno burocrazia, più dinamicità nelle risposte alle esigenze del mercato- aggiunge Aurora Minetti- . Non è un auspicio, è una condizione necessaria perché le filiere possano evolvere. La distribuzione alimentare è pronta a fare la propria parte. Ora tocca a noi scegliere: gestire passivamente l’incertezza o rafforzare il sistema con una visione condivisa, responsabile e coraggiosa che tuteli imprese, consumatori e territori»”.
La ricerca
Relazioni internazionali in evoluzione
Il dato più significativo riguarda le relazioni con l’estero: il 56% delle imprese del terziario ha modificato i propri rapporti con fornitori o clienti internazionali. Nel dettaglio, il 38% ha rivisto le strategie di approvvigionamento, mentre il 28% ha scelto di intensificare i rapporti con i mercati ritenuti più affidabili. Il 21% ha sospeso alcuni contratti internazionali perché le condizioni non erano più sostenibili. Il 13% di chi lavora nel turismo ha visto ridursi l’arrivo di alcuni flussi con un impatto diretto sull’offerta.
Il dato più significativo riguarda le relazioni con l’estero: il 56% delle imprese del terziario ha modificato i propri rapporti con fornitori o clienti internazionali
Strategie difensive e attenzione ai costi
Di fronte all’incertezza, le imprese bergamasche adottano un approccio prudente. Il 41% non ha ritenuto necessario adottare strategie particolari, concentrandosi sulla gestione ordinaria. Tra chi ha agito, il 24% punta sulla diversificazione dei fornitori per ridurre la dipendenza da singole fonti, mentre l’11% cerca di creare collaborazioni di filiera per rafforzare il proprio potere contrattuale. Il 9% ha optato per investimenti in efficienza energetica e digitale per ridurre dipendenze esterne, l’8% ha scelto contratti più flessibili e brevi per reagire velocemente a cambi di scenario. Il 7% opta per un vero e proprio ridisegno delle filiere.
Per il 19% l’instabilità è un freno forte che impedisce la programmazione a lungo termine, imponendo di concentrarsi su investimenti a breve termine, rimandando le decisioni strategiche in attesa di uno scenario più stabile
Investimenti: prudenza ma non blocco
Nonostante l’instabilità, quasi la metà delle imprese (49%) afferma che i piani di investimento e crescita non sono stati modificati. Per il 19% l’instabilità è un freno forte che impedisce la programmazione a lungo termine, imponendo di concentrarsi su investimenti a breve termine, rimandando le decisioni strategiche in attesa di uno scenario più stabile. Il 32% procede con cautela, privilegiando investimenti piccoli e scalabili.
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