Depositi bancari, è stagnazione: un «tesoretto» da 36,8 miliardi

I DATI. Al 30 aprile la giacenza in aumento solo dell’1,8% rispetto a dodici mesi prima secondo i dati di Bankitalia. Piarulli (Adiconsum): l’inflazione pesa sui risparmi, ora la tendenza è investire i soldi.

Per i conti correnti è tempo di stagnazione. Prima, in fase pandemica, la consistenza dei depositi si è ingrossata per scelta prudenziale, così da accumulare un tesoretto in attesa di decifrare il futuro in mezzo a quella tempesta inedita. Poi, invece, l’esplosione della bolla inflazionistica aveva intaccato quei gruzzoletti. Adesso, ecco una sostanziale stabilità che si trascina ormai da un paio di anni.

Un modesto incremento

È quello che emerge leggendo gli ultimi dati della Banca d’Italia sui depositi bancari in Bergamasca, con la situazione aggiornata al 30 aprile 2025. A quella data, in Bergamasca la giacenza complessiva dei depositi bancari – sommando quindi la «contabilità» di famiglie, imprese e istituzioni di vario tipo – era pari a poco meno di 36,8 miliardi di euro, in lieve aumento dell’1,8% rispetto ai circa 36,1 miliardi del 30 aprile 2024 (più precisamente, l’aumento è stato di 664 milioni di euro). Un piccolo incremento percentuale che si segnala come l’oscillazione più contenuta dell’ultimo periodo: nel 2024 – sempre facendo il confronto col 30 aprile di ogni anno – la flessione annua era stata del 2,2%, nel 2023 la consistenza era calata del 4,9% (alle spalle c’era l’anno in cui i prezzi, soprattutto quelli energetici, erano saliti alle stelle), mentre prima la crescita era stata rilevante (per via della «cautela» legata alla pandemia), con un +4,4% nel 2022, addirittura un +12,7% nel 2021 e un +8,2% nel 2020.

Cos’è cambiato negli ultimi tempi? «Il “congelamento” dei depositi bancari è l’effetto di un combinato disposto», spiega Carlo Piarulli, responsabile nazionale del Dipartimento Credito-Finanza-Assicurazione di Adiconsum: in altri termini, da un lato l’inflazione impedisce di risparmiare, dall’altro lato c’è una tendenza a investire più che a tener fermi i soldi sui conti. Luci e ombre, insomma, ma il dato più concreto è la difficoltà di molte famiglie: «Il peso dell’inflazione nella vita di tutti i giorni sembra maggiore rispetto alle rilevazioni ufficiali – riflette Piarulli -, e i prezzi in Italia stanno salendo ben più di quanto stia avvenendo nei principali Paesi dell’Unione europea, come Francia o Germania». C’è però «anche una maggiore consapevolezza su come gestire il proprio patrimonio e su quali scelte operare – osserva l’esperto -: le condizioni di mercato nell’ultimo periodo hanno portato molte persone a investire». E dunque «muovendo» fondi che altrimenti sarebbero rimasti depositati senza particolari vantaggi, «alla luce degli interessi ormai minimi assicurati dalla maggior parte dei conti».

La difficoltà delle famiglie

Nonostante tutto, laddove possibile, gli italiani (e i bergamaschi) si confermano ancora un popolo di risparmiatori. Di quei quasi 36,8 miliardi di euro depositati nelle banche bergamasche, 24,4 miliardi fanno capo in senso stretto alle famiglie. La dinamica è sostanzialmente sovrapponibile: nell’ultimo anno la consistenza è aumentata dell’1,1% (pari a +277 milioni di euro), dopo un biennio precedente di erosione e dopo – ancora – la fase espansiva del Covid. Quindi, come si stanno orientando le famiglie? «Una delle soluzioni adottate è quella dei conti deposito, per cui vincolo per uno o due anni una parte dei miei risparmi, confidando in un interesse leggermente superiore rispetto a quello del conto tradizionale – spiega Piarulli -, anche se va considerato che comunque alla fine viene imposto il 26% di trattenuta sul rendimento: quindi, facendo bene i conti, il margine è risicato».

Il clima di incertezza

Se poi si restringe il campo all’andamento mensile dell’ultimo anno, balzano all’occhio alcune curiosità: a dicembre, complice soprattutto l’iniezione di liquidità garantita dalle tredicesime per lavoratori e pensionati, i conti delle famiglie tendono a crescere, ma quell’«accantonamento» viene poi vanificato nei mesi successivi. La sensazione dominante è che «la situazione sia stagnante soprattutto per una mancanza di fiducia – riflette Piarulli -. Vale anche per le imprese, lo si coglie parlando con gli imprenditori e lo suggerisce anche l’andamento degli impieghi: c’è scarsa richiesta, segno di timori e di incertezze, peraltro comprensibili visto quanto sta succedendo». Capitolo investimenti: «Le aste dei titoli di Stato vanno bene – conferma Piarulli -, ma occorrerebbe leggere più a fondo quei dati. Le aste registrano buoni risultati soprattutto perché le banche fanno investimenti, mentre tra le famiglie c’è sempre una tendenza al risparmio anche per far fronte a timori ed eventuali imprevisti».

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