La nuova generazione di vignaioli avanza: «Il mercato cambia, sul territorio grande potenziale»

IN BERGAMASCA. Puntano su produzioni limitate e un approccio artigianale sulla strada del biologico (e oltre). «Sul territorio grande potenziale ancora poco espresso».

Ci sono gli sposi Linda Taiocchi (36 anni) e Luca Nava (37) di «C’era una volta» (Palazzago, prima vendemmia 2020), che per tre inverni hanno imbracciato i decespugliatori per liberare un vigneto da quasi un ettaro soffocato per dieci anni dai rovi, da cui oggi producono poco più di 1000 bottiglie. Ma anche Alberto Panza (30 anni) di «Mo.Ka» (tra Ambivere e Pontida, prima vendemmia 2021, più di 3 ettari, 6000 bottiglie che per la nuova annata dovrebbero raddoppiare) o Simone Pagani (28 anni) di «Le Cerche» (tra Grumello e Castelli Calepio, quasi 3 ettari, prima vendemmia 2020, 3000 bottiglie), che hanno preso in gestione i vigneti di famiglia dopo averne venduto le uve per anni, iniziando a vinificare in proprio. C’è chi come Gabriele Frusca (27 anni) di Tenuta Iris (Grumello del Monte, 2,5 ettari, prima vendemmia 2018, più di 9000 bottiglie) che ha recuperato un’azienda agricola abbandonata, e Lino Mussinelli (41 anni) di «Petraia» (Adrara San Martino, 1,5 ettari, il primo vino uscirà in estate), che ha restaurato chilometri di vecchi muretti a secco per recuperare un patrimonio agricolo montano per cui prova ammirazione nostalgica.

Storie diverse ma con un aspetto in comune: tutti hanno iniziato a fare vino a Bergamo da meno di cinque anni. A loro si aggiungono altre tessere a formare un mosaico che racconta un territorio in fermento. Una dinamicità figlia di una nuova generazione di vignaioli nati negli Anni ’80 e ‘90, che lavorano con produzioni limitate e un approccio artigianale sulla strada del biologico (e oltre). Un movimento «dal basso», alimentato da giovani enologi, agricoltori, metalmeccanici, impiegati, operai.

Trend dei consumi e sensibilità

Macro-trend come la riduzione dei consumi pro capite di vino, la crescente sensibilità verso il benessere e la salute e l’attenzione verso le produzioni di qualità «acquistano complessità con scelte di consumo più responsabili, attente all’impatto sull’ambiente e al cambiamento climatico» spiega Giuseppe Locatelli, 36 anni, titolare di «Madér» (cantina a Castelli Calepio, prima annata 2021, poco più di 1000 bottiglie ma in crescita). «Si sta affermando - prosegue Locatelli - una comunità che nel vino non vede solo un liquido capace di emozionare ma il rispetto della vigna, la custodia di un frammento di territorio» e «il rapporto diretto con il viticoltore - aggiunge Alberto Panza -. La comunicazione è passata da dépliant e fiere al racconto quotidiano con i nuovi media, attraverso di cui riusciamo a creare un legame con le persone tramite un flusso di comunicazione personale e costante».

Attivo in ottica sostenibilità è Paolo Rusconi (33 anni) de «Le Terrazze del Canto» di Mapello (prima vendemmia nel 2021, oggi 3000 bottiglie, terreni in crescita a quasi 3 ettari), che sta sperimentando tecniche di permacultura e agro-omeopatia con l’obiettivo di abbattere i trattamenti a base metallica. Ne emerge una visione in cui il vino è prodotto culturale, e in cui il processo è parte integrante del risultato.

Un’altra forza su cui si sta puntando è la capacità di fare squadra, per raccontarsi soprattutto fuori Bergamo. «Facendo peso specifico sei più riconoscibile - spiega Rusconi - ma essere giovani e conterranei secondo me non basta. Auspico una filosofia comune, perché il valore che ti porta lontano è una visione etica condivisa».

Il territorio al centro

Forte è la fiducia nel territorio. «Vedo nella bergamasca - racconta Gabriele Frusca - un grande potenziale poco espresso», e che può essere valorizzato «attraverso la gestione consapevole delle risorse - aggiunge Giuseppe Locatelli -, delle persone e del rapporto con il passato». Tra i nuovi arrivi anche Ronchi di Genestaro, 1,5 ettari ad Ambivere, realtà che si occupa di apicoltura da più di 30 anni (prima vendemmia nel 2019); Agricola Colleoni (Palazzago), attiva da 40 anni nel giardinaggio e vivaismo che, per iniziativa di Giulia Colleoni (30 anni, enologa), ha valorizzato la vigna di famiglia (fino al 2019 si realizzava vino per autoconsumo) producendo 3000 bottiglie; La Pederzola (Scanzorosciate, oltre 2500 bottiglie, prima vendemmia 2020), dove Alessandro (39 anni) e Monica (50 anni) Cortinovis hanno piantato un ettaro recuperando in parte l’attività di allevamento interrotta da anni dal padre. Spostando lo sguardo agli ultimi dieci anni, troviamo altre realtà, tra cui Le Driadi (Palazzago), Cascina San Giovanni, La Serradesca (Scanzorosciate) e altre ancora.

«Dal 2015 ad oggi - spiega Andrea Longaretti, responsabile vitivinicolo di Coldiretti Bergamo - abbiamo assistito, tra le realtà legate a Coldiretti, ad un ricambio generazionale in una quindicina di aziende, tra passaggi in famiglia e subentri».

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