Lavoro, per chi chiede la Cigs scatta la formazione

La riforma. C’è l’obbligo di corsi per la rioccupazione, a chi non li frequenta viene tagliata l’indennità.

Qualche lavoratore se li ricorderà i corsi di formazione obbligatori legati alla cassa integrazione in deroga. Non sempre tarati sulle reali esigenze delle persone e magari con la pecca di essere un po’ troppo ripetitivi. Errori che, con l’obbligo di formazione per chi è interessato dalla cassa straordinaria, si spera possano essere evitati.

La legge di Bilancio 2022 ha modificato il decreto 148/2015 - meglio conosciuto come Jobs act - inserendo l’articolo 25 ter, che prevede che chi beneficia della Cigs, per «mantenere o sviluppare le competenze in vista della conclusione della procedura di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa», deve partecipare a «iniziative di carattere formativo o di riqualificazione, anche mediante fondi interprofessionali».

L’obiettivo, come spiega Gianni Bocchieri, coordinatore nucleo Pnnr Stato-Regioni, è «dare sostanza al principio secondo cui il sussidio sia condizionato alla formazione del lavoratore durante la cassa straordinaria, perché è in questo modo che si registra un avanzamento delle politiche attive in Italia, che è ciò di cui abbiamo bisogno».

Lo stato dell’arte è questo: il decreto è stato approvato dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, e ora è al vaglio della Corte dei conti: se riceverà il via libera, sarà poi pubblicato in Gazzetta Ufficiale e diventerà operativo. Tutto ciò che riguarda la formazione sarà materia di condivisione (o, se si preferisce, di discussione) in sede di accordo sindacale nelle singole aziende che richiedano l’ammortizzatore sociale. Ai sindacati è quindi riconosciuto un certo ruolo nella partita.

Quando invece non è prevista una rioccupazione interna, ma si è di fronte ad una crisi che come sbocco avrà la chiusura o il forte ridimensionamento dell’attività, «l’impresa stessa è, di solito, assai restia ad utilizzare i fondi interprofessionali per la formazione di lavoratori destinati a cambiare azienda - spiega Amboni -. Per questi casi sarà decisivo il ruolo dei Centri per l’impiego, che dovranno essere in grado di individuare percorsi formativi con alta probabilità di sbocchi occupazionali».

Ciò che già si sa - e non è cosa di poco conto - è che la mancata partecipazione senza un motivo valido ai corsi di formazione comporta sanzioni che vanno «dalla decurtazione di una mensilità di trattamento di integrazione salariale fino alla decadenza dallo stesso».

«Il nesso tra formazione e occupazione è forse più solido nel caso di Cigs per riconversione e ristrutturazione, quando cioè un’azienda intraprende percorsi formativi per i propri dipendenti per i quali è già prevista una rioccupazione, sempre nella stessa azienda, ma in diverse mansioni che richiedono, appunto, nuove competenze - spiega Orazio Amboni dell’ufficio studi della Cgil di Bergamo -. In questo caso sarà anche più facile utilizzare i fondi interprofessionali come Fondimpresa».

Quando invece non è prevista una rioccupazione interna, ma si è di fronte ad una crisi che come sbocco avrà la chiusura o il forte ridimensionamento dell’attività, «l’impresa stessa è, di solito, assai restia ad utilizzare i fondi interprofessionali per la formazione di lavoratori destinati a cambiare azienda - continua Amboni -. Per questi casi sarà decisivo il ruolo dei Centri per l’impiego, che dovranno essere in grado di individuare percorsi formativi con alta probabilità di sbocchi occupazionali».

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