Le assunzioni tirano il freno a mano e rallentano anche nel commercio

LAVORO. Il report della Provincia: nell’industria il calo sfiora il 7%, saldo negativo nel settore auto. I contratti a tempo indeterminato arretrano dell’11%, mentre sono in crescita le proroghe di quelli a termine.

In un tripudio di segni meno, un dato positivo c’è. E cioè che a fine giugno il saldo annualizzato – vale a dire la somma dei saldi degli ultimi quattro trimestri – segna una crescita di 5.824 dipendenti per il quinto anno consecutivo. Per il resto, i numeri del report sul mercato del lavoro in Bergamasca - a cura dell’Osservatorio di via Tasso - riferiti ai primi sei mesi del 2025, sono tutti in flessione.

Tengono le stabilizzazioni

Sono in calo le assunzioni - 63.489 contro le 67.100 del primo semestre 2024, pari a un meno 5,4% - lo stesso vale per le cessazioni - 57.873 contro le 61.271 del periodo gennaio-giugno dell’anno scorso, pari a un meno 5,5% - e non va meglio concentrando l’attenzione sulle tipologie di contratti. L’agognato posto fisso si traduce in 13.815 contratti, lasciando sul terreno ben 11 punti percentuali rispetto al primo semestre 2024. I contratti a tempo determinato scendono a 29.824 (meno 3,8%) e anche le missioni attivate nella somministrazione passano a 16.839 (meno 3%).

Le stabilizzazioni - ovvero le trasformazioni di un rapporto di lavoro precario a tempo indeterminato - tutto sommato reggono, attestandosi a quota 9.020 (meno 0,2%). E crescono (del 6%) le proroghe dei rapporti a tempo determinato: 25.051 nei primi sei mesi del 2025 contro le 23.593 dello stesso periodo dell’anno scorso.

I settori più e meno attrattivi

Commercio e servizi non si smentiscono e si confermano due settori catalizzatori di assunzioni, per quanto i numeri si ridimensionino dopo quattro trimestri di crescita continua. Al saldo del primo semestre contribuiscono in modo significativo i servizi di ristorazione (più 823), i servizi di pulizia e cura del paesaggio (più 452), gli altri servizi operativi alle imprese (più 357) e il commercio all’ingrosso (più 358). Risultati negativi per il magazzinaggio (meno 301) e il commercio al dettaglio (meno 115). Anche nelle costruzioni prosegue il trend positivo, complici forse i fondi Pnrr destinati al comparto. Le assunzioni (7.842) crescono infatti dell’1,5% a fronte di cessazioni stabili (6.650).

L’industria: dati in calo

A deludere è l’industria, dove le assunzioni (19.617) arretrano del 6,8%, ma il calo più marcato delle cessazioni (17.775) porta a un saldo semestrale positivo per 1.842 posizioni, in miglioramento rispetto alla prima metà del 2024. Si tratta di un recupero favorito dalla riduzione del saldo negativo delle missioni in somministrazione e dal contributo, seppur in rallentamento, delle trasformazioni a tempo indeterminato. Il saldo è positivo nei settori della gomma-plastica (più 413), dei prodotti in metallo (più 404), delle apparecchiature elettriche (più 249), alimentari (più 126) e bevande (più 157), prodotti chimici (più 137) e dei macchinari (più 109). È negativo nei comparti dell’auto (meno 186) e dei mezzi di trasporto (meno 25) e nel tessile (meno 23) e abbigliamento (meno 59).

Soffrono automotive e tessile

«i dati occupazionali hanno valori più positivi nei territori ad alta presenza di immigrazione»

Proprio a questo proposito, Luca Nieri della segreteria della Cisl di Bergamo, precisa che «desta forte preoccupazione che alcuni settori permangano in una situazione di lunga difficoltà, come automotive e tessile, le cui prospettive sono legate a dinamiche europee e nazionali». A maggior ragione considerando che «questi settori in Bergamasca occupano diverse decine di migliaia di lavoratori e sono un volano economico per tutta la provincia».
La riflessione di Orazio Amboni della Cgil di Bergamo è che «i dati occupazionali hanno valori più positivi nei territori ad alta presenza di immigrazione, come Trescore Balneario (più 11,8%)». Spostando lo sguardo, invece, sul fenomeno delle dimissioni volontarie, Amboni sottolinea che «sono in calo, ma restano sempre molto elevate (19.632, meno 8%), a fronte di 6.340 perdite involontarie del posto di lavoro».

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