L’impennata mutui: adesso Bergamo si scopre più povera

Ricerca Fabi. Salgono a 110mila le famiglie indebitate.Casa: interessi a +43% per chi ha scelto il tasso variabile. «Col rialzo dei tassi la situazione potrebbe peggiorare».

Casa dolce casa, ma il rincaro dei mutui è un boccone amaro da mandar giù per tante famiglie bergamasche. Negli ultimi mesi gli interessi sulle rate dei finanziamenti a tasso variabile già aperti sono cresciute in media del 43%: vuol dire che chi pagava una rata di circa 500 euro al mese oggi si ritrova a pagare 715 euro, quindi oltre 200 euro in più.

A fare i calcoli è la Fabi (Federazione autonoma bancari italiani), che in uno studio sull’impatto del rialzo del costo del denaro al 3% deciso dalla Banca centrale europea a gennaio per contenere l’inflazione ed entrato in vigore l’8 febbraio fa il punto su come sia cambiato il credito alle famiglie del nostro Paese e sui possibili scenari futuri.

Al giugno 2022 erano 55 mila i finanziamenti accesi per l’acquisto di casa

In Italia i nuclei indebitati sono 6,8 milioni, pari a circa il 25% del totale. Di questi, 3 milioni e mezzo hanno acceso un mutuo per comprare una casa. Nella Bergamasca sono 110.981 le famiglie con un finanziamento in corso, 55.491 delle quali stanno rimborsando un mutuo per l’acquisto di un immobile. I dati elaborati da Fabi su statistiche di Banca d’Italia e Istat di giugno 2022 fotografano un totale di 492 sportelli del territorio orobico, nei quali i depositi ammontano a 37,7 miliardi di euro, mentre i prestiti superano di poco i 35 miliardi, divisi tra famiglie (per un valore di 13,6 miliardi di euro), aziende (17,9 miliardi), imprese familiari (1,4 miliardi) e pubblica amministrazione (264 milioni).

La situazione è destinata a peggiorare, perché già si parla dell’incremento di un ulteriore mezzo punto dei tassi d’interesse a marzo: se così fosse, le rate di tutti i tipi di finanziamento diventerebbero ancora più salate. «I nuovi mutui a tasso variabile - fa presente la Fabi - potrebbero arrivare, in media, al 3,4% dallo 0,6% di fine 2021: vuol dire che per un prestito da 150mila euro della durata di 20 anni la rata mensile sarà di 872 euro, ben 206 euro in più (+31%) rispetto a quella da 665 euro che si sarebbe ottenuta un anno fa».

Non va meglio per i nuovi mutui a tasso fisso, passati da un interesse medio di circa 1,8% a più del 4%, con rate mensili in crescita a seconda delle diverse offerte delle banche. È ancora la Fabi a fare i conti: per un mutuo a tasso fisso da 200mila euro di 25 anni (il tasso medio applicato dalle banche potrebbe essere del 3,9%), la rata mensile è di 1.056 euro; per un prestito da 100mila euro, sempre di 25 anni, col tasso al 3,7%, la rata mensile è, invece, di 517 euro.

La stangata non riguarda solo chi compra casa, ma anche chi chiede un finanziamento per comprare l’automobile o gli elettrodomestici. A fine 2021 il tasso d’interesse medio era dell’8,1%. Oggi, con i tassi Bce al 3%, potrebbe arrivare all’11,3%: per acquistare un’automobile da 25.000 euro interamente a rate, con un finanziamento da 10 anni, il costo totale passa da 37.426 euro a 42.986 euro, con una differenza complessiva di 5.560 euro (+15%). Per acquistare una lavatrice da 750 euro interamente a rate, con un finanziamento da 5 anni, il costo totale passa da 942 euro a 1.022 euro, con una differenza complessiva di 81 euro (+8,6%).

Per dare sollievo alle famiglie italiane, con la legge di bilancio 2023 il governo Meloni ha rispolverato una vecchia norma «salva mutui» del 2011 che dà la possibilità di rinegoziare il finanziamento con la propria banca per passare dal tasso variabile a quello fisso mantenendo invariato lo spread. «Una soluzione che, però, non sempre risulta conveniente - dicono gli esperti - perché gli elementi da valutare sono diversi, come il tasso di riferimento a cui è agganciato il mutuo, la durata residua e, non ultimo, l’Isee del nucleo familiare».

Anche secondo il rapporto mensile Abi a gennaio il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è il 3,53% (a dicembre era il 3,01%). «Siamo tornati ai valori di novembre 2013», spiega il vicedirettore generale vicario dell’Abi, Gianfranco Torriero. Nello stesso tempo le richieste di prestiti da parte di famiglie e imprese sono aumentate dell’1,3% rispetto a un anno fa, mentre i depositi sono calati dello 0,9%.

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