Ottici, grande turnover: le chiusure dei piccoli e il boom delle catene

SCENARIO. Negli ultimi anni l’offerta ha cambiato pelle con tanti negozi concentrati nei centri commerciali. Benedetti (Federottica): «Competenze da tutelare».

«Vederci chiaro» sul perché, negli ultimi 20 anni, i negozi di ottica abbiano subito una evidente riduzione numerica - 213 nel 2005, 186 oggi (-12,6%) - ha poco a che fare con le diottrie. La causa della loro contrazione va ricercata in una congiuntura di fattori che spazia dalla chiusura definitiva delle attività personali alla loro sostituzione da catene spesso concentrate in specifiche aree, dall’aumento della complessità e dei costi di gestione di un punto vendita all’acquisto di attrezzature all’avanguardia sino alla necessità di una formazione continua e del personale.

«Questi fattori – spiega Marco Benedetti, presidente di Federottica Bergamo e vicepresidente nazionale Nord Italia -, da un lato garantiscono un servizio di alta qualità al cliente, ma dall’altro sono una barriera per l’apertura o il mantenimento di attività indipendenti».

Anche l’evoluzione del mercato, con la crescita delle catene e dei grandi gruppi, ha messo il carico da dieci. Non secondarie, inoltre, le difficoltà legate al ricambio generazionale, dovuto a problematiche oggettive. «Da un lato, infatti, avviare o rilevare un punto vendita oggi richiede competenze elevate, un investimento economico significativo e una forte motivazione personale. D’altro, la percezione esterna della professione, non riflettendo sempre la sua reale complessità, contribuisce a un certo disinteresse da parte dei giovani». Se valorizzare il ruolo dell’ottico optometrista come figura professionale chiave per il benessere visivo delle persone potrebbe essere un incentivo di attrazione, il lungo iter formativo professionalizzante rema invece a sfavore.

«Indipendenti in calo»

«Questa professione – puntualizza Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo - richiede un investimento in formazione articolato che spesso scoraggia i giovani. Molti, terminati gli studi, preferiscono il lavoro dipendente rispetto alla fatica e ai rischi del mettersi in proprio. Il settore, però, deve fare i conti anche con altre problematiche come la progressiva riduzione dei negozi indipendenti nei centri storici, con ricadute sulla desertificazione commerciale delle aree urbane».

In base ai dati di Confcommercio Bergamo, infatti, degli attuali 186 punti vendita 82 si trovano tra città e hinterland (44,0%) e 49 in pianura (26,3%), mentre un numero sparuto è presente nelle valli. La maggioranza è gestita come ditta individuale (47,1%) sebbene sia in crescita la formula a responsabilità limitata (26,3%). Negli ultimi anni, il cambiamento della forma societaria è andato di pari passo con quello della figura dell’ottico optometrista. Il venditore di occhiali di vecchia generazione ha infatti ceduto il passo ad un professionista della visione, che utilizza strumenti tecnologici avanzati, si aggiorna costantemente e rappresenta il primo punto di riferimento in materia di benessere visivo. Le stesse attività personali hanno modificato la loro veste configurandosi come presidi di prossimità qualificati, in grado di fornire indicazioni utili e dove essere coinvolti in una esperienza a 360° che di empatia e condivisione faccia il suo focus.

La professionalità fa la differenza

«Questa evoluzione – prosegue Benedetti – è anche legata alla modifica della clientela sempre più informata, esigente e consapevole, alla ricerca non solo di un prodotto, ma di un servizio completo, e personalizzato». Proprio queste caratteristiche rappresentano oggi il format classico. Discorso a parte meritano le catene che fanno di una clientela più sensibile al prezzo, alla rapidità del servizio ed attratta dalle promozioni, il loro target principe.

«La vera differenza tra attività a conduzione famigliare e catene la fa la professionalità: formare e trattenere personale qualificato nei centri indipendenti è sempre più complesso, ma essenziale per garantire standard elevati. Per questo è fondamentale sostenere questi professionisti con politiche di formazione e promuovere una cultura della visione che metta il cliente e le sue reali esigenze visive al centro, andando oltre la semplice vendita del prodotto», conclude Benedetti.

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