Panetterie in ritirata: pesano concorrenza, orari e mancanza di ricambio generazionale

SCENARI. Nel 2023 saldo negativo: 13 attività in meno. «Lavoro gratificante, ma ai giovani risulta pesante. Offerta da integrare con proposte gastronomiche».

La nostra provincia registra un saldo negativo pari a 13 attività tra nuovi panifici e rivendite di pane che hanno abbassato la saracinesca. Mancanza di ricambio generazionale, concorrenza della grande distribuzione e orari di lavoro poco attraenti tra le cause del fenomeno, destinato a mietere altre imprese in assenza di interventi per rilanciare il mestiere. Secondo le stime di Aspan, l’associazione che raggruppa i panificatori bergamaschi, in tutto il nostro territorio si contano circa 400 attività, con un calo che negli ultimi anni risulta costante. La qualità della vita oggi è alla base delle scelte di giovani e lavoratori, che spesso preferiscono il posto fisso o un’occupazione che non impegni troppo.

Il nodo generazionale

«I ragazzi di oggi hanno priorità diverse rispetto alle generazioni precedenti – afferma Massimo Ferrandi, presidente di Aspan -. Se da un lato non è corretto affermare che i giovani non hanno voglia di lavorare, dall’altro occorre sottolineare che il problema sta proprio nel tipo di impiego. Alzarsi di notte e sacrificare il fine settimana rappresenta uno scoglio insuperabile per molti, ma si tratta delle stesse problematiche sofferte da bar e ristoranti. Nell’ultimo anno abbiamo assistito alla chiusura di numerose panetterie, dovuta in primis al fatto che, arrivati all’età della pensione, non si trova chi prosegue e l’unica soluzione è chiudere l’attività. È un vero peccato, perché in questo modo vengono sacrificati anni di impegno e di riflesso manca anche un’entrata, dall’affitto all’avviamento, che in passato integrava la pensione».

Costi fissi alti

Il comparto ha vissuto momenti duri tra costi fissi alti, insieme al rincaro di materie prime ed energia. Tutti elementi che, sommati al duro lavoro, finiscono per orientare i giovani verso altre occupazioni. «Capisco chi preferisce andare a lavorare in un supermercato, perché ha turni prestabiliti e una qualità di vita forse migliore, senza le preoccupazioni legate alla gestione di un’attività in proprio – prosegue Ferrandi -. Ma nel contempo ho un paio di giovani che lavorano con me, che spero un domani proseguano a fare il pane. Se iniziano alle 5 del mattino, il pomeriggio è libero con turni di riposo anche il sabato – conclude Ferrandi -. Il capitale umano è il bene più importante e dobbiamo diventare maggiormente attrattivi perché il nostro è un bel mestiere, dove impari un’arte. Indubbiamente paghiamo la concorrenza dei numerosi supermercati e di conseguenza bisogna proporre prodotti alternativi, come una migliore offerta di gastronomia con pasta e piatti pronti».

In linea con Aspan, troviamo anche Roberto Capello, presidente dell’Unione regionale panificatori della Lombardia, che evidenzia come «per avvicinare i giovani bisogna rendere redditizio, attrattivo e sostenibile il lavoro. Oggi in media si consumano 90 grammi di pane a testa e occorre pensare ad un panificio più diversificato con aree di somministrazione e prodotti nuovi come pasta fresca, piatti pronti e dolci. La tendenza in Lombardia è in linea con quanto registrato a Bergamo, ma se mancano le nuove leve, una grande responsabilità è proprio della nostra categoria, dove ci si dipinge spesso come super eroi che fanno un lavoro faticosissimo – aggiunge Capello -. In realtà, apportando tecnologia e organizzazione, migliorano anche le condizioni di vita. Oggi ci si alza alle 2 di notte per servire i supermercati che ci fanno concorrenza, mentre i clienti comprano il pane durante la giornata: che senso ha sfornare alle 4 di mattina quando vendo pomeriggio e sera? In funzione di ciò dobbiamo valorizzare il tempo e la nostra professionalità. Dobbiamo riconfigurarci per affrontare al meglio i cambiamenti in atto. Il nostro lavoro va reso socialmente più confrontabile con altre occupazioni e più appetibile per giovani e donne».

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