Post-Covid a due velocità. L’industria è in ripresa, commercio e servizi no

Il miglioramento c’è, ma lento e disomogeneo. Le criticità per la forte impennata delle materie prime; Mazzoleni: occupazione preservata grazie alla cassa.

Non c’è analisi o commento che non evidenzi come - dopo l’annus horribilis 2020 - l’industria bergamasca si stia riprendendo, mentre commercio e servizi siano ancora in evidente difficoltà. E l’indagine della Camera di commercio di Bergamo condotta ad aprile tra le imprese della nostra provincia (in collaborazione con Unioncamere Lombardia) non fa che confermare questo «sentiment». La percentuale di imprenditori che dichiara di aver subìto perdite difficilmente recuperabili nell’industria, infatti, si dimezza, passando dal 16% all’8%, mentre nell’artigianato, nei servizi e nel commercio al dettaglio si mantiene ancora tra il 20% e il 30%.

E, visto che è all’ordine del giorno il termine del blocco dei licenziamenti con tutte le ripercussioni del caso, è bene dire che, stando al report camerale proprio nell’industria solo l’8% degli intervistati prevede una riduzione dell’organico, mentre il 25% ipotizza un aumento della forza lavoro, anche se in questo momento sta continuando ad utilizzare la cassa integrazione (36%). Riguardo al ricorso agli ammortizzatori sociali, le percentuali negli altri settori sono più elevate, ad indicare un quadro ancora instabile: si tocca il 45% nei servizi, il 41% nel commercio e il 40% nell’artigianato.

A questo proposito, il presidente della Camera di commercio, Carlo Mazzoleni, precisa che «i livelli occupazionali sono stati sostanzialmente preservati nell’industria grazie all’ampio utilizzo della cassa integrazione e alle misure di blocco dei licenziamenti». Diverso è il quadro nei servizi, «fortemente colpiti dalle restrizioni del primo trimestre 2021», in cui la situazione «desta maggiori preoccupazioni».

Più in generale, invece, «l’indagine camerale mostra un quadro ancora segnato dagli effetti della pandemia, ma in netto miglioramento rispetto a luglio 2020». Nel manifatturiero, la principale criticità rimane quella legata al basso livello della domanda (clienti, ordini cancellati): lo è per il 36% delle realtà industriali e per il 38% di quelle artigiane. E, sempre nella manifattura, acquisisce rilevanza l’approvvigionamento, con la ridefinizione delle catene di fornitura delle imprese e l’impennata dei prezzi delle materie prime.

Le restrizioni imposte dalle misure anti-Covid sono invece la questione centrale per le imprese del terziario (50% nel commercio e 31% nei servizi), soprattutto per comparti come alloggio e ristorazione, servizi alla persona e commercio non alimentare. Sono invece in calo i problemi finanziari e di liquidità, sebbene nell’artigianato e nei servizi vengano ancora segnalati da una quota significativa di imprenditori, rispettivamente il 18% e il 14%. «Le misure di sostegno, in particolare, sembrano aver ridotto l’impatto finanziario della crisi da Covid-19 - afferma Mazzoleni -. Cresce anche la quota di imprese che sta realizzando o progettando nuovi investimenti, specialmente nell’industria».

Nonostante la crisi, esiste una quota rilevante di imprese che ha reagito in modo dinamico, realizzando o progettando nuovi investimenti: si tratta di un segmento pari a circa il 30% nell’industria e al 20% nel commercio e nei servizi. Le strategie di reazione dichiarate dalle imprese sono legate soprattutto alla ricerca di nuovi clienti e mercati, in particolare nel manifatturiero, mentre l’implementazione di servizi e prodotti innovativi presenta maggiore rilevanza nel commercio e nei servizi, impegnati a progettare soluzioni che consentano di proseguire l’attività nel rispetto delle norme di distanziamento (e-commerce, consegne a domicilio).

Nell’indagine di largo Belotti si affronta anche il tema dello smart working, che ha registrato un forte impulso durante la pandemia, soprattutto nell’industria dove ha raggiunto il 60% delle imprese, ma la maggior parte delle imprese sembra orientata a non mantenere questa forma di lavoro una volta uscite dall’emergenza. La stima della quota di imprese che utilizzerà forme di lavoro agile nel periodo post-Covid è comunque decisamente superiore ai livelli precedenti la pandemia: 10% per l’industria, 4% per il commercio, 6% per i servizi, ma solo l’1% per l’artigianato.

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