Sos camerieri e commessi: un’azienda su tre è in difficoltà

Ascom: quasi 7 mila le attività che segnalano problemi. Anche le agenzie faticano. Fusini: la logistica drena personale del terziario.

I cartelli «Cercasi personale» campeggiano fuori dai negozi, dai ristoranti e dai bar bergamaschi, anche per mesi. Pochi quelli che rispondono, in certi casi nessuno. «Per il primo anno - racconta Giorgio Beltrami titolare dello storico bar Centrale a Lovere e presidente del gruppo bar caffè e pasticcerie di Ascom Confcommercio Bergamo - ho dovuto chiudere i lunedì di agosto e lo farò per quelli sotto Natale, perché non ho personale. Io quel famoso cartello l’ho esposto da più di un anno. Non si è presentato nessuno». In quarantacinque anni di attività è la prima volta.

E si che il lavoro ci sarebbe. Secondo i dati diffusi da Ascom Confcommercio Bergamo, ricavati dal rapporto di ricerca sulle imprese del terziario realizzato da Format Research, il 34,7% delle imprese del terziario della nostra provincia negli ultimi sei mesi sta cercando personale. Di queste il 39%, praticamente una su tre, sta avendo «molte o abbastanza difficoltà» nel reperirlo. Il 38,5% lamenta alcune o poche difficoltà. Solo il 22,5% non riscontra alcuna criticità. La ricerca è stata condotta su un campione di 700 imprese. «Ma tradotto in numeri spicci per quanto riguarda la nostra provincia -spiega Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio Bergamo- stiamo parlando di circa 7 mila attività che negli ultimi mesi lamentano problematiche nella ricerca di uno o più unità di personale». Un’ enormità.

Quanto ha inciso la pandemia, il lockdown, e le riaperture a singhiozzo di bar, ristoranti, negozi e alberghi in tutto questo? «Se negli anni pre-pandemia si parlava di un problema di competenze (sui profili dei candidati) - aggiunge Fusini- oggi invece mancano proprio i candidati». Oltre il 50% delle imprese del terziario di Bergamo sta infatti avendo più difficoltà rispetto a quanto succedeva nel 2019. Nel dettaglio: il 43% lamenta difficoltà molto superiori, il 7,8% superiori, il 25,4% descrive una situazione simile. Solo il 4,1% segnala minori problemi. Il 60,2% dichiara poi che il difficile reperimento del personale (e dei profili adeguati) ha un grave impatto sulla competitività dell’impresa. Tradotto: se si cerca personale è perché serve nell’immediato.Tra i contratti proposti c’è una buona quota di indeterminato, il 39,7% (che comprende anche i contratti di apprendistato), a fronte di un 50% di contratti a tempo determinato.

Una «fuga» del personale, soprattutto dai pubblici esercizi, alberghi e ristorazione, che non nasce certo oggi. «Lo viviamo oggi in maniera drammatica ma è una questione che ci portiamo dietro da tempo -racconta Petronilla Frosio, presidente del Gruppo Ristoratori Ascom Confcommercio Bergamo- la ragioni sono diverse: manca il ricambio generazionale e c’è uno scollamento tra aspettative e realtà lavorativa soprattutto nelle giovani generazioni. Se dalle scuole alberghiere mi escono 100 ragazzi e poi dopo 4 o 5 anni di quei 100 al lavoro nella ristorazione ne ritrovo solo 4 o 5 è un problema. Quei pochi che rimangono, poi rimangono poco, si spostano continuamente. C’è un eccessiva mobilità nel settore».

L’identikit poi parla chiaro. Servono lavoratori qualificati (soprattutto nel settore ristorazione, turistico e alberghiero, meno nei pubblici esercizi): il 47% cerca personale che abbia un diploma di scuole superiori, il 25,7% una laurea. «Abbiamo bisogno di persone con competenze: che sappiano le lingue, conoscenze informatiche per la gestione delle prenotazioni online, di statistica, di economia» aggiunge Graziella Bonomi, vicepresidente del Gruppo Albergatori Ascom Confcommercio Bergamo-. Spesso ci rivolgiamo ad agenzie per il lavoro, ma anche loro nell’80% dei casi fanno fatica a trovare personale che rispecchi le nostre richieste. E quando lo trovano spesso ha già virato verso altre attività che magari abbiano orari d’ufficio o che non li facciano lavorare la domenica. La pandemia ha contribuito ad una riscoperta del tempo oltre al lavoro».

A preoccupare è anche questo infatti. La concorrenza fuori dal settore. «Commercio e turismo sono stati considerati per anni un’alternativa migliore rispetto al lavoro in fabbrica o in campagna - conclude Fusini - oggi non è più così. Post pandemia le persone ricercano settori percepiti più stabili e in espansione. La logistica, ad esempio, ha drenato parecchio personale dal terziario nell’ultimo anno».

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