Terziario, anno nero con 1.155 chiusure: giù frutta e profumi

La crisi.Dati fortemente negativi fino a fine novembre con il +17% di serrate rispetto al 2021. Agenti commercio assicurativi, ristoranti e ambulanti tra i settori più colpiti.

Piove sul bagnato per il terziario bergamasco: tante attività, che erano riuscite a resistere anche all’ondata più acuta del Covid con i relativi lockdown, si stanno progressivamente arrendendo sotto i colpi dei costi sempre più alti. Il caro bollette ha dato il colpo di grazia: così questo 2022 si sta chiudendo con una raffica di serrate che avvicina pericolosamente ai numeri del 2020, sotto scacco per l’emergenza pandemica.

Numeri impietosi

I numeri forniti da Ascom Bergamo sono impietosi: le chiusure registrate da inizio anno al 30 novembre sono infatti state 1.155, 172 in più (+ 17,5%) rispetto alle chiusure registrate nei primi undici mesi dello scorso anno. Non siamo ai livelli dell’anno 2020, quello dei lockdown, ma manca veramente poco e con le chiusure annunciate per le bollette insostenibili potremmo registrare l’anno peggiore per numero di cessazioni. Guardando i settori, il record assoluto di chiusure tocca il settore dei servizi e degli ausiliari del commercio: agenti di commercio, procacciatori e agenti assicurativi in testa con 353 cessazione (30,6%), seguiti a ruota dal commercio non alimentare con la chiusura di 335 imprese (29%);più contenuto, si fa per dire, il numero delle chiusure delle imprese del settore della ristorazione e ricettività con 239 (20,7%), gli ambulanti con 129 (11,2%) e il commercio alimentare con 99 (8,6%).

Il problema non tocca solo le imprese nate da poco, ma anche quelle storiche. 28 imprese chiuse (2,4%) avevano infatti meno di un anno, un terzo (30,1%) non aveva 5 anni e una su due (52,50%) aveva meno di dieci anni. Tra le tipologie, accanto a quelle note per un turnover molto alto (i venditori del settore assicurativo che con 56 chiusure a fronte di 798 imprese toccano il 7%) il record per il commercio è dei fruttivendoli che con 16 chiusure su 257 attività registrano il 6,2% di tasso di mortalità contro il 3,4% dei macellai, il 4,9% dei panettieri e il 5,4% del dettaglio alimentare che con le sue 46 chiusure in provincia impoverisce ancora i centri storici.

Tra le attività storiche alcune merceologie si fanno sempre più rare: le profumerie con 10 chiusure su 172 imprese (5,8%), le cartolibrerie con 15 su 306 (4,9%) e le edicole con 9 chiusure su 183 (4,9%).Tra chi resiste con solo 7 chiusure su 300 attività (2,3%), i benzinai 7 su 218 (3,2%) e i fioristi con 10 su 294 (3,4%).

Fusini: temiamo per dicembre

«Il problema è grave - spiega il direttore Ascom Bergamo Oscar Fusini -, non solo da un punto di vista quantitativo. Il fenomeno nuovo che si affaccia è che a chiudere non sono solo le imprese più piccole e nate per ultime, come avveniva da diversi anni ma anche quelle storiche e temiamo che dicembre ci riservi un numero di chiusure superiore a quello registrato nel 2020 che fu l’anno orribile per il terziario».

Il fenomeno delle tante chiusure tra i negozi storici «è un campanello d’allarme abbastanza inedito - aggiunge Fusini -. Un’impresa su due che ha chiuso quest’anno aveva infatti più di dieci anni e quindi sono attività che avevano abbondantemente superato la prova dello start up, ma con le condizioni attuali non riescono a continuare. Queste realtà, per dimensioni e numero di addetti e soprattutto per perdita di competenze ed esperienza, non saranno rimpiazzabili da imprese future che nasceranno non appena, ci auguriamo, la crisi energetica sarà rientrata».

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