Al governo da un mese, il retaggio del passato

Italia. Non è passato ancora un mese dall’insediamento del governo Meloni, eppure la giovane premier di FdI ha già impresso una forte impronta di destra alla sua azione. Ha parlato poco, in ossequio all’adagio pragmatico «poche chiacchiere, molti fatti». Tuttavia, è riuscita a fare quanto basta per offrirci un’idea dei punti di forza e di debolezza della sua premiership.

Persino con le sue sortite identitarie, in qualche modo dovute a un esecutivo orgogliosamente di destra (rave party, ergastolo ostativo, questione migranti), è riuscita a inciampare, con il risultato di dover fare imbarazzanti e, nel caso dell’incidente con la Francia, spiacevoli retromarce. Sono emersi nell’occasione alcuni dei seri handicap che possono mettere a repentaglio la tenuta del primo governo della destra postfascista (per di più, guidato da una donna). Appunto.

Lo stigma di forza antisistema, che ha inflitto alla destra italiana il ghetto per mezzo secolo, le ha impedito di allevare una classe di governo preparata

Senza entrare nel merito della congruità o meno del ripensamento critico sulla sua matrice nostalgica, non c’è dubbio che nel vissuto e nei (retro) pensieri di una parte del suo popolo permangono scorie di un passato che non passa. Ciò costituisce piombo sulle sue ali e fornisce un’arma di ricatto agli avversari. Il retaggio della matrice neofascista del premier si fa sentire anche da un altro punto di vista. Lo stigma di forza antisistema, che ha inflitto alla destra italiana il ghetto per mezzo secolo, le ha impedito di allevare una classe di governo preparata. L’increscioso incidente della nave ong di salvataggio dei migranti Ocean Viking, così come l’uscita infelice del sottosegretario alla Salute Morello Gennato (ha messo in dubbio l’utilità dei vaccini) comprovano che FdI ha ancora parecchia strada da percorrere per affermarsi come un’affidabile e seria forza di governo. In politica interna come in quella estera. In questo campo delicatissimo la solidarietà che notoriamente la lega ai Paesi sovranisti (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca) la mettono in una condizione di sospetto agli occhi degli altri partners europei.

Altro limite alla sua azione di governo è l’aver adottato sinora specificatamente provvedimenti mirati al suo elettorato, il che le ostacola lo sforzo di allargare il bacino elettorale

Altro guaio che si è subito appalesato in diminutio del premier è la pervicacia con cui gli alleati - in modo insistente Salvini, più discretamente Berlusconi - continuano a intestarsi provvedimenti del governo e a forzarne la mano. Altro limite alla sua azione di governo è l’aver adottato sinora specificatamente provvedimenti mirati al suo elettorato (pare peraltro con profitto, a giudicare dai sondaggi) il che le ostacola lo sforzo di allargare il bacino elettorale che - deve sapere - resta minoritario nel Paese al di là dei numeri parlamentari.

Al suo attivo Meloni può vantare invece una serie di fattori. Anzitutto, una leadership indiscussa che mette ancor più in risalto lo smarrimento che regna nel campo dell’opposizione, con il Pd che non riesce nemmeno a definire le modalità, non parliamo delle candidature, per l’elezione del nuovo segretario.

Meloni ha saputo accaparrarsi la nomea di paladina dell’atlantismo, sfilandola dalle mani non solo di Salvini, ma persino di Berlusconi

Altro vantaggio che Meloni si è assicurata le viene dall’aver saputo accaparrarsi la nomea di paladina dell’atlantismo sfilandola dalle mani non solo di Salvini, ma persino di Berlusconi che pure su questo tema tanto puntava per avvalorare la sua caratura di garante della coalizione agli occhi dell’Occidente democratico.

Siamo comunque al primo check up del governo Meloni, quando ancora non ha adottato scelte vere sui grandi temi: emergenza energetica, erosione dei salari a causa dell’inflazione, minaccia di recessione, per non parlare della guerra in corso nel cuore dell’Europa. Aspettiamo la legge di bilancio e avremo nuovi, più sostanziosi elementi di giudizio per tracciare un bilancio più convincente sul primo esecutivo di destra della storia repubblicana.

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