Armi e guerre, il no chiaro e assoluto di Francesco

MONDO. Ripete e poi ancora ripete. C’è un uomo che non si stanca, punta il dito e chiede cocciutamente di guardare oltre. Non parla solo ai cristiani, perché i segni tragici del nostro mondo inquietano tutti (o dovrebbero farlo) in ogni luogo, in ogni angolo di mondo, in ogni frangente di tempo.

Papa Francesco è l’unico che si cimenta nell’impresa perché i segni di oggi invece di connotare la pienezza della nostra umanità ne indicano la sua distruzione. È accaduto anche a Natale, «segno» di consolazione, dono di cura per gli altri per via della storia di quel bambino di Betlemme, segno di speranza che spesso mandiamo delusa. Il giorno di Natale non è stato diverso dagli altri drammatici che lo hanno preceduto. I segni sparsi nei media raccontano distruzione, irresponsabilità, geopolitiche perverse, avarizia dei cuori.

Eppure quell’uomo continua a credere e narrare la possibilità che finalmente ci sia altro, segni di gioia e fatica per la pace e che l’umanità l’intenda. In tre giorni di festa Francesco ha alzato la voce sopra la cattiveria del mondo con una parola di appena due lettere: «no». Altrimenti il mondo tradisce il segno indicato dagli angeli ai pastori. Sarebbe una follia per tutti, credenti e laici, la distruzione del segno dell’incarnazione, quel bambino diventato uno di noi, diventato augurio, speranza, valore e persino principio etico, insomma diventato uomo, che gli uomini tuttavia s’ingegnano ogni giorno a distruggere e seppellire. Davanti c’è solo il «no» del Papa, nitido, preciso, assoluto, inequivocabile e definitivo.

Quante volte lo ha ripetuto? Da due anni, invasione dell’Ucraina, non passa giorno che non lo ricordi e da due mesi, terrorismo di Hamas e risposta spropositata di Israele, non passa giorno senza un richiamo. Da sabato ha rafforzato la parola «no»: no alla guerra «viaggio senza meta», no alla guerra «sconfitta dei vincitori», no alla guerra «follia senza ritorno». E poi no alle «stragi di innocenti» nel mondo, no e ancora no agli armamenti e ai signori che ne muovono i fili nel commercio più immondo del pianeta. Una sola piccola sillaba: «no» a tutto quanto non sia «pane». Se si leggono in sequenza l’omelia della Messa della notte, la benedizione «Urbi et orbi», l’Angelus di Santo Stefano quella piccola sillaba diventa un urlo, perché solo questo il Papa ha ormai in suo potere, alzare la voce per scuotere uomini e Cancellerie, perché vedano finalmente la distruzione che sta dilaniando il pianeta e l’abbuffata di violenze, corruttele e arroganze che tutto avvolge. Bergoglio ha supplicato, cioè ha invocato l’aiuto divino dal balcone di Piazza San Pietro, perché sa benissimo che da solo non può farcela. Ha supplicato per l’Ucraina, per Gaza, per la Siria, lo Yemen, l’Armenia e l’Azerbaigian, il Sahel e il Corno d’Africa, per le Coree divise. Ha supplicato per i migranti che cercano un avvenire migliore e vanno a morire in viaggi tremendi «in balia di trafficanti senza scrupoli». Francesco sa di essere solo un messaggero, un portavoce. Ma è quello di cui oggi il mondo ha bisogno. Francesco è l’unico che parla, non risparmia moniti e invettive. Per questo fa bene a chiedere sempre di pregare per lui. Uno così va sostenuto, aiutato nella sua forza di leader mondiale che reclama per tutti una vita diversa e migliore.

Altri non ce ne sono. Gli altri distinguono, segnalano, insistono sul percepito. Bergoglio invece fa come Giovanni il Battista, il «più grande tra i nati di donna», secondo il Vangelo di Matteo, e denuncia senza risparmiare nessuno, vicino a tutti coloro che subiscono le angherie del potere, che muoiono per gli abusi e i crimini di chi si fa sberleffi dei profeti o al massimo tutela i vicini, i propri cari e protegge l’identità di chi la pensa allo stesso modo. Francesco non ha preferenze e dice che «i piccoli di Gesù» sono tutti «i bambini devastati dalle guerre». Non è cosa facile da dire nel tempo in cui anche le vittime non sono tutte uguali, né lo è denunciare «le trame del male» che «si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e nel nascondimento». Bergoglio lo fa e bisogna sostenerlo, perché la profezia sulla nefandezza del potere che muove la guerra nasce difficilmente e facilmente muore.

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