Tatticismi in attesa
del semestre bianco

In un Paese sospettoso come il nostro, se il presidente del Consiglio annuncia che abbiamo ancora bisogno di un periodo in cui viga lo «stato di emergenza» a causa della non scomparsa pandemia da Covid, il sistema politico scatta pensando - più che alla questione di merito, di per sé piuttosto allarmante - che a Palazzo Chigi si siano innamorati dei pieni poteri consentiti in un periodo giuridicamente «straordinario» a causa dell’emergenza sanitaria. Pieni poteri vuol dire che Conte può proseguire a governare con i Dpcm che non hanno necessità di copertura

parlamentare. Quando poi il capo del governo ammette che per avere una proroga dovrà presentarsi in Parlamento per chiederla, i partiti – sia gli oppositori sia gli alleati –lo accusano di «cesarismo», come di uno che si permetta il lusso di concedere alle Camere di esercitare i loro legittimi poteri. Insomma, caro Giuseppe, ti sei montato la testa. È così?

Ora, Conte è arrivato sin qui aiutato da due venti poderosi. Il primo è la pandemia: chi fa cadere un governo in emergenza sanitaria? Il secondo è che nessuno, tranne Salvini e la Meloni, vuole votare. Il Pd perché sa che le probabilità di tornare al governo sarebbero assai risicate dal momento che tutti i sondaggi (Pagnoncelli docet) ci dicono che il Centrodestra vincerebbe con qualunque sistema elettorale e si eleggerebbe da solo il nuovo Capo dello Stato. Il M5S perché sa che i voti che nel 2018 incoronarono un’armata di neodeputati e neosenatori, non ci sono più. O meglio, ce n’è circa la metà, se va bene, e quindi a Roma tornerebbero in pochini. E siccome far cadere Conte adesso (diciamo dopo la trattativa europea sui fondi Covid) significa correre il rischio che Mattarella sciolga le Camere per non permettere un’altra soluzione pasticciata, il presidente del Consiglio si sente sicuro e chiede «pieni poteri» da emergenza per blindarsi e trattare il meno possibile con i partiti.

Che poi questo significhi tirare avanti stiracchiando le questioni aperte fin quando è possibile, è cosa che a Palazzo Chigi considerano come un danno collaterale. Siamo arrivati alla vigilia della consegna del nuovo Ponte di Genova per risolvere la questione della Società Autostrade che si è aperta quando il Morandi crollò. Chissà quando si chiuderà il dossier Ilva, tanto per dire.

Tutti fanno i conti con il calendario. Se si arriva a luglio 2021, poi si può buttare giù Conte senza tema di tornare alle urne. Da quel momento in poi infatti comincia il «semestre bianco» di Mattarella quando il Parlamento non si può sciogliere anticipatamente. Nel frattempo, si trama. E si intreccia la questione governo con quella del Quirinale. I candidati alla suprema carica sono una torma: a cominciare dallo stesso Conte, naturalmente. E poi ci sono i soliti Prodi e Casini, si è aggiunto Franceschini, non si tirerebbe indietro la Casellati. Le grandi manovre sono cominciate da tempo. La liaison tra Prodi e Berlusconi, i vecchi nemici, è molto significativa. E il colloquio di Di Maio con Draghi, candidato a tutto, anche.

Molto si capirà a settembre quando ben sei Regioni andranno al voto. Vedremo come ne uscirà la maggioranza che non è ancora riuscita a siglare uno straccio di alleanza locale. Insieme si voterà per il referendum sul numero dei parlamentari che si trasformerà in una facile vittoria del M5S. Da lì in poi i calcoli saranno tutti da rifare. A quella data Conte vuole arrivare ben saldo in sella, qualunque cosa pensino di lui i suoi «alleati».

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