Cannabis, sottostimati
gli effetti dannosi

Parlare di cannabis vuol dire attribuire a questa pianta significati diversi, a meno che non si definiscano specifiche ben precise. Infatti, esistono almeno tre accezioni che spesso si confondono e si sovrappongono: la cannabis ricreativa, la cannabis light e la cannabis medica. Ne parleremo, ricordando che qualsiasi estratto della pianta contiene centinaia di sostanze chimiche diverse che possono differenziarsi fra di loro in rapporto alla specie - sativa, indica e ruderalis - e loro provenienza da semi, foglie oppure infiorescenze.

Fra le molecole presenti nella cannabis conosciamo in modo approfondito il delta-9-Thc (tetraidrocannabinolo) e il Cbd (cannabidiolo), che sembrano avere effetti opposti sul sistema nervoso centrale. Il Thc compromette l’apprendimento, determina apatia, aumenta l’ansia e produce effetti simil-psicotici nonché la comparsa di dipendenza, tutte reazioni che dipendono dalla quantità di Thc. Questa sostanza è presente in tutta la pianta, ma è concentrata particolarmente nelle infiorescenze femminili. Quando le infiorescenze sono essiccate, vengono denominate «marijuana»; la resina che le ricopre, invece, prende il nome di «hashish» e, se viene trasformata in materiale oleoso, viene definita «cannabis liquida».

La qualità di Thc è molto diversa rispetto alla cannabis che si utilizzava 20 anni orsono, perché con l’avvento di nuove tecniche di estrazione, selezione e ingegneria genetica, la concentrazione di Thc, normalmente nell’ordine del 5%, può raggiungere il 60%. Aumentando il contenuto di Thc rispetto al cannabidiolo, se ne accentuano gli effetti negativi.

Accanto alle sostanze citate, sono presenti almeno 100 fitocannabinoidi, di cui abbiamo conoscenze molto limitate. La cannabis ricreativa, è quella che potremmo definire «da strada», che si vende in modo clandestino e i cui sequestri (il 33% di tutte le droghe sequestrare dalla Polizia) rivelano spesso la presenza di sostanze additive, che possono aggiungere alla cannabis effetti diversi spesso molto tossici e indurre la dipendenza.È possibile perciò che gli effetti della cannabis oggi disponibile siano sottostimati e ciò preoccupa maggiormente per quanto potrà accadere in futuro ai giovani adolescenti che fumano in modo abituale il cosiddetto «spinello». Di quanto aumenteranno le malattie mentali che sono state rilevate anche a distanza di 10-15 anni?

La cannabis light, cioè leggera, è una novità, certamente non desiderabile, per l’Italia, frutto di una legge fatta come al solito in modo approssimativo come avviene quando le leggi hanno a che fare con conoscenze scientifiche. Infatti, la legge aveva la finalità di contribuire al miglioramento dell’agricoltura, rappresentando una coltura che comunque ha una sua collocazione nel mercato oltre a possedere effetti benefici nella rotazione, capace di diminuire il consumo dei suoli e la desertificazione. Ciò tuttavia non ha determinato un aumento di prodotti industriali della filiera della carta, dei tessili e dei prodotti biodegradabili, ma ha indotto una proliferazione di migliaia di negozi - denominati appunto cannabis light - che vendono accanto ai prodotti commestibili - cioccolato, biscotti, birra, formaggio - anche le infiorescenze che dovrebbero essere vendute solo per ricerca, uso tecnico da collezione ed esposizione - ma non per uso umano. Sembra una vera presa in giro come se il prescrivere «non per uso umano» impedisse a chi compra le piante di fumarsi le infiorescenze, che comunque contengono Thc in quantità utili a garantire tutti gli effetti ricercati da chi vuole drogarsi.

Invano il Consiglio superiore di sanità ha fatto sentire la sua voce contraria. I provvedimenti attesi per evitare la vendita delle piante sono ancora in discussione, anche a causa dei pareri discordanti delle Sezioni IV e VI della Corte di Cassazione. Intanto, l’idea che la cannabis sia considerata erroneamente una droga leggera, tanto che si può acquistare nei negozi liberamente, crea una pericolosa confusione. Chi va a controllare se si usa per scopo umano? In un’epoca in cui la droga si diffonde fra i giovani, lo Stato non sta facendo un buon servizio alla salute pubblica.

Infine la cannabis terapeutica. L’impiego in questo senso va visto nell’interesse dei pazienti. Un prodotto che viene impiegato per molte indicazioni: dal dolore alla sclerosi multipla, dalla fibromialgia al vomito da chemioterapia, non può che destare ampi dubbi e necessità di adeguate verifiche. Tanto più che purtroppo anche le norme italiane per l’utilizzo della cannabis terapeutica nascono male. Il prodotto che circola è importato o coltivato in Italia dallo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Peraltro questo prodotto non ha mai ricevuto alcuna autorizzazione da parte dell’Aifa, l’agenzia regolatoria che dovrebbe dare obbligatoriamente un parere sulla sua qualità, l’efficacia e la sicurezza. Tale parere è tanto più necessario in quanto la cannabis terapeutica in realtà è rappresentata dalle infiorescenze, di cui è obbligatoria la misura di sole due sostanze chimiche rispetto alle centinaia presenti. In definitiva c’è una grande confusione per tutti gli utilizzi della cannabis a cui è urgentissimo porre ordine.

* presidente Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs

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