Casse piene, mani legate: l’affanno dei sindaci

Qualche anno fa il tormentone, tra i sindaci, suonava più o meno così: «Pochi fondi, e pure quelli non posso spenderli». «Colpa», all’epoca, da un lato dei tagli, dall’altro del vituperato patto di stabilità, che teneva ferme risorse importanti nelle casse dei municipi. Ora il quadro, almeno sul fronte delle potenziali opere pubbliche, è molto cambiato, eppure ad affacciarsi è un incredibile paradosso: soldi come mai prima potenzialmente in arrivo, con l’affanno però di non riuscire a spenderli.

Un campanello d’allarme è risuonato in questi giorni con i contributi statali per gli investimenti nei Comuni sotto i mille abitanti: per non perdere il treno bisognava dare il via ai lavori entro il 15 maggio. Ma non mancano realtà che non ce l’hanno fatta (ora si spera in una riapertura dei termini) o che comunque hanno tagliato il traguardo con l’acqua alla gola. E all’origine del problema ci sono, suppergiù, gli stessi fattori che rischiano di «impallare», nei prossimi mesi, in modo più allargato anche l’impiego delle risorse legate ai bandi del Pnrr e a contributi «collaterali»: scadenze in vari casi molto ravvicinate, da far convivere, giusto per dirne qualcuna: con l’italica burocrazia; con personale negli uffici tecnici ridotto all’osso e, soprattutto nelle piccole realtà, già oberato di lavoro per gli «strascichi» del 110% e di altri bonus (senza contare la carenza dei segretari, cardine di moltissime azioni all’interno dei municipi); con la congiuntura, tutt’altro che semplice. Per la prima volta dopo anni, gli enti locali (Provincia inclusa) segnalano difficoltà e lentezze nell’aggiudicare alcuni appalti, visto che tra imprese già piuttosto cariche di lavoro e incertezza sui costi di materiali, carburanti, energia, per certi cantieri non c’è esattamente la fila. Così magari ci si trova a rinviare gare, a dover reperire risorse aggiuntive modificando i bilanci, ad accorpare più interventi per creare pacchetti «appetibili». E intanto il tempo se ne va, cantava quello.

Sarebbe davvero una beffa: Comuni che negli anni hanno imparato a far le «formichine», adesso che sperimentano la possibilità di amministrare davvero, di orientare – almeno sul lato delle opere - scelte che potranno essere decisive per i prossimi anni, si trovano con armi in parte spuntate. La fiducia, va detto, c’è, la voglia di fare pure, ma occorre mettere le amministrazioni in condizione di partecipare ai bandi, e poi di riuscire a realizzare correttamente e nei tempi le opere. Anche l’impiego delle figure di supporto previste a livello nazionale (123 per la Lombardia) non sembra per il momento decollato, almeno a livello locale. E per dare concretezza alle enormi opportunità che si affacciano, è indispensabile mettere in luce e affrontare le potenziali criticità che stanno emergendo dai Comuni, veri «terminali» operativi nel concretizzare lo slancio europeo del Pnrr.

Le difficoltà registrate aprono a margine anche un’altra riflessione, soprattutto sui piccoli Comuni: la necessità di favorire delle forme efficaci di collaborazione tra municipi, dopo gli esperimenti non sempre riusciti di questi anni (in certi casi, va detto, anche per ritrosie a livello locale). La bozza di revisione del Testo unico degli enti locali, che dovrebbe sbarcare presto in Consiglio dei ministri e poi in Parlamento, prova tra le altre cose a rilanciare il tema di unioni e fusioni. Ma anche a dare risposte ad altre istanze dei Comuni. Resta da vedere quando si riuscirà a condurla in porto: va ricordato che le riforme sono un caposaldo nell’applicazione del Pnrr. E che uno Stato più efficiente sarebbe un aiuto pure per i territori e per chi si avventura ad amministrarli.

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