C’è bisogno di politica ma nessuno la produce

MONDO. Nel grande sconquasso che agita il mondo, si sente la mancanza di politica, dentro la quale sta più a suo agio anche la diplomazia. Ma occorrerebbe un sistema che produca politica, e non c’è.

Prendiamo il caso di Usa e Italia, due realtà molto diverse, con però l’anomalia Trump che ha ora stressato sia la destra che la sinistra su entrambi i lati dell’Atlantico. Il presidente Usa ha spiazzato tutti, talora anche se stesso, ma stravincendo a novembre ha messo in castigo il Partito Democratico Usa (sparito) e indirettamente in mora il Pd italiano. Non meno complicata è stata la ricaduta sulla destra europea e italiana. Il nazionalpopulismo di The Donald non sembrava forse molto simile a quello che ha vinto a Roma e messo in crisi metà Continente, dalla Francia alla Polonia all’Ungheria, salvandosi per un soffio alle Europee?

C’era comunque una cuginanza da valorizzare, magari spiegando all’omone di Washington, che di politica capisce poco, cosa significa destra conservatrice, nazionalista, spazzasinistra. Si poteva contrapporre ai malconci oppositori un’amicizia privilegiata, addirittura un ponte per l’Europa.

Un bel viatico per Giorgia Meloni. Nel 2022 aveva anticipato il tycoon con il più stabile Governo Ue, urlando in piazza contro l’Europa e il politicamente corretto, che in Usa chiamano woke. Poco importa che poi, arrivata a Chigi, senza avvisare Salvini, sia diventata europeista, atlantista, ucrainista, un po’ vaga su Netanyahu eccetera. C’era comunque una cuginanza da valorizzare, magari spiegando all’omone di Washington, che di politica capisce poco, cosa significa destra conservatrice, nazionalista, spazzasinistra. Si poteva contrapporre ai malconci oppositori un’amicizia privilegiata, addirittura un ponte per l’Europa.

Non è andata così, dopo cinque mesi lo si può ben dire. In eterna attesa della benevolenza trumpiana (che non l’ha strapazzata nella Sala Ovale, ma lì solo Macron aveva avuto il becco di interromperlo), la premier italiana è stata talora emarginata dalle «nazioni» europee più attive. A sovranista, sovranista e mezzo. È persino entrato in gioco il Regno Unito, che abita fuori Ue, mettendo in moto un pezzo d’Europa a 2 a 3 a 4 ben più veloce dei 27 di Bruxelles. Discutibile, forse velleitario, l’attivismo di Macron, ma è l’unico che ha cercato di far politica, chiudendo all’Italia, aprendo all’Italia, attraendo Spagna e Polonia come terzi protagonisti, e facendo dire al nostro presidente del Consiglio una clamorosa bugia in Albania.

Sta di fatto che il vantaggio relativo che poteva scaturire dall’essere amica ideologico-culturale del presidente Usa sta tramutandosi in una zavorra, anziché un vantaggio.

Sta di fatto che il vantaggio relativo che poteva scaturire dall’essere amica ideologico-culturale del presidente Usa sta tramutandosi in una zavorra, anziché un vantaggio. L’opinione pubblica italiana ha guardato stralunata le evoluzioni della Casa Bianca e di conseguenza comincia a diffidare da quelli che si dichiarano amici e imitatori di Trump. Magari ti perdona errori politici clamorosi, ma ha una memoria da elefante quando i proclami vengono disattesi. Doveva chiudere le guerre in 24 ore e prendere il Nobel della pace secondo Salvini, e dopo mesi di melina facendo e disfacendo, alla fine è diventato un guerrafondaio anche per i Maga, che apprezzavano il suo isolazionismo promesso.

Insomma, l’amico di Washington, da buon sovranista, si fa i fatti (e i soldi) suoi e ultimamente il nostro Governo se l’è cavata con la tattica che alcuni osservatori hanno definito del «far finta di essere morti», insomma non prendere posizione.

Non che il Pd stia meglio, intendiamoci. Cugino degli omonimi americani, soffre ora di solitudine, perché Trump si preoccupa solo se c’è qualche senatore repubblicano che gli vota contro e in politica interna si butta a destra in modo talora osceno: deportazioni, marines in strada, manette ai candidati, tagli alle Università, minacce a chiunque non apprezzi la sua incipiente democratura. In Italia, il Pd sembra, se non si offende, un Trump in parallelo, che si butta con lo stesso slancio a sinistra, appoggiando referendum contro se stesso, partecipando, un po’ sì e un po’ no, a manifestazioni di piazza, sostenendo il riarmo ma anche il disarmo, con i suoi pavidi riformisti spalle al muro.

Insomma, ci sono nuvole spesse ed afose, in questa estate della politica italiana ipnotizzata per il resto dalla nuova legge elettorale (chi farà le liste?), dal terzo mandato e altre fondamentali questioni del genere. Tra le tante sue colpe, non metteremmo però anche questo sul conto di Trump.

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