Collante umano, oltre le divisioni

ITALIA. La Costituzione, come sempre. Nel discorso che Sergio Mattarella ha pronunciato nella giornata conclusiva del Meeting dell’Amicizia di Rimini 2023, parlando soprattutto ai giovani, prima di partire alla volta di Argenta a rendere omaggio alla memoria di don Giovanni Minzoni (ucciso dai fascisti il 23 agosto un secolo fa) c’è ancora una volta la nostra Carta intesa come fondamento della società umana.

Di quell’aggettivo – umana - oggi il nostro Paese ne ha più che bisogno. E che cosa si intende per società umana? Ecco la sua risposta, dopo una lunga fila di domande retoriche. «La realtà che si è organizzata, nei secoli, in società politica dando vita alle regole - e alle istituzioni - che caratterizzano l’esperienza dei nostri giorni. È, forse, il carattere dello scontro? È inseguire soltanto il proprio accesso ai beni essenziali e di consumo? È l’ostilità verso o il proprio vicino, o il proprio lontano? È la contrapposizione tra diversi? O è, addirittura, sul sentimento dell’odio che si basa la convivenza tra le persone? Se avessimo risposto affermativamente, anche, soltanto, a una di queste domande, con ogni probabilità, il destino dell’umanità si sarebbe condannato da solo; e da tempo». No. La risposta è un’altra. Ed ecco che l’amicizia, che è la stella polare del Meeting, ricordata anche come fondamento delle relazioni internazionali dal presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, diventa il collante della nostra società. Quell’amicizia capace di creare un afflato diverso. Anche nei confronti dell’immigrazione. Per Mattarella vanno costruiti meno muri e favoriti più ingressi regolari, alludendo ai corridoi umanitari e alle altre forme di arrivi che possano evitare le tragedie che si susseguono nel Mediterraneo. Un problema complesso, che va affrontato in un orizzonte di umanità. Altrimenti si sprofonda in un abisso.

«Ogni volta che l’umanità si è trovata di fronte al baratro - è accaduto con le due guerre, mondiali, novecentesche - ha trovato, dentro di sé, le risorse quelle morali, per ripartire, per costruire un mondo diverso, in cui il conflitto lasciasse posto all’incontro».

E in fondo anche la Costituzione sceglie come collante l’amicizia tra i popoli e i cittadini e la cultura dell’incontro, «per condividere e affermare i valori della dignità, ed eguaglianza, delle persone; della pace; della libertà. Con l’amicizia come risorsa a cui attingere per superare - insieme - le barriere e gli ostacoli; per esprimere la nostra stessa umanità. Per superare, per espellere l’odio, come misura dei rapporti umani. Quell’odio che la civiltà umana ci chiede di sconfiggere nelle relazioni tra le persone; sanzionandone, severamente, i comportamenti, creando, così, le basi delle regole della nostra convivenza». È l’articolo tre della nostra Carta, quello che parla di tutti i cittadini (ma per estensione di tutti gli uomini) uguali senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Il capo dello Stato lo cita espressamente ma traspare anche in altre parti del discorso in filigrana, come un tessuto giuridico imprescindibile.

Lo ricorda nel caso non fosse abbastanza chiaro, forse pensando a coloro che, mai citati ma ben presenti nel dibattito pubblico, anche avendo giurato sulla Costituzione, invocano una presunta etnia italiana su basi storiche improbabili e su strambe teorie della razza, definendosi eredi di Giulio Cesare.

Poi cita Benjamin Franklin e Gaetano Filangieri Mattarella. Parla dei diritti inviolabili e doveri inderogabili di solidarietà del compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli all’eguaglianza. «Sono», incalza il presidente, «la dimensione comunitaria; sono le relazioni sociali a determinare la concretezza di esercizio dei diritti», che vivono nella pace e traballano nella discordia. «L’amicizia sociale è una dimensione che lega la comunità, nell’affrontare le sfide della storia»: dall’intelligenza artificiale, all’ambiente «che abbiamo incrinato e impoverito», fino alla guerra in Ucraina. La Romagna, con le sue ferite lenite da un esercito di volontari, in gran parte giovani, ne è la dimostrazione tangibile.

Ed è proprio ai giovani, come quelli presenti a Rimini e che lo applaudono, che si rivolge il Presidente nella parte finale del suo discorso: «Non vi chiudete, non fatevi chiudere in tanti mondi separati. Usate i social, sempre con intelligenza; impedite che vi catturino, producendo una somma di solitudini, come diceva il mio Vescovo di tanti anni addietro. Non rinunciate, mai, alle relazioni personali». Una straordinaria lezione di civismo che rimarrà nella storia, che i giovani del Meeting con il loro entusiasmo e le loro facce pulite hanno applaudito con convinzione e partecipazione, perché diventi una lezione per tutto il popolo italiano. Ancora una volta il faro del capo dello Stato si erge al di sopra dei polveroni che hanno avvelenato l’estate.

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