Complotto
delle élite
Ritorna
il populismo

Berlusconi «pericolo grave per la democrazia». Renzi «uomo solo al comando». Salvini, il capopopolo che «chiede i pieni poteri». Conte, il premier che governa con i Decreti (Dpcm). Ora l’accusa di attentare alla democrazia tocca a Mario Draghi: di nuovo un premier non eletto che governa tramite decreti-legge (quattro martedì scorso in una sola giornata), forzando la mano di fatto a un Parlamento rassegnato. Deriva autoritaria, minaccia di una democrazia sospesa, ducismo, stupro della costituzione: gli allarmi non si fermano. Anzi, crescono di tono.

Con l’insediamento a Palazzo Chigi dell’ex presidente della Bce prenderebbe definitivamente forma «il complotto delle élite». Il disegno sarebbe chiaro: «Imporre con la paura nuove forme di controllo sulle persone, a trasformare l’Occidente nella Cina attraverso la politica sanitaria». Non è un qualsiasi, anonimo navigatore della rete a proclamarlo, bensì Carlo Freccero, un influente esponente della sinistra mediatica. L’ispirato intellettuale chiama alla mobilitazione contro il Grande Reset mondiale «i non culturalizzati del pensiero unico», contro un’Italia (maggioritaria) che vede in Draghi la soluzione dei suoi problemi; una nutrita, agguerrita minoranza che invece indica in lui il problema.

Qualcuno forse s’era illuso che con l’abbandono da parte dei Cinquestelle delle intemerate contro l’establishment il populismo antipolitico fosse definitivamente sbaragliato. Invece è in buona salute e vive tra noi. Ha robuste radici nella nostra società. Venuto meno, con la caduta del muro di Berlino, il comunismo, l’opposizione alle élite ha preso il suo posto come polo dialettico dell’ordine costituito. S’è proposto come l’alternativa a una società soggiogata alle regole dell’economia di mercato, dove fanno il bello e il brutto tempo le corporations multinazionali: come la famigerata Big Pharma. Queste sfuggono alla sovranità degli Stati. Il cittadino si sente sovrastato dai «poteri forti» e non assistito dai poteri politici. Sconfitto e abbandonato. Cornuto e mazziato.

Complotto o non complotto, di questo cambio di scenario soffre la democrazia italiana, come e forse anche più di tutto l’Occidente. Ne soffre di più per molti motivi. Perché è nata ed è rimasta, per quasi mezzo secolo, nonostante i tentativi (tutti abortiti) di riformarla, una Repubblica parlamentaristica. Perché è stata costruita su misura dei partiti di massa cui è stato dato (ed è stato preso) il compito storico di radicarla e difenderla nei momenti di crisi (vedi di fronte al terrorismo degli anni Settanta).

Quel mondo non c’è più. La società fordista è scomparsa. La classe operaia è finita in paradiso. Il conflitto sociale si è globalizzato. I partiti sono diventati dei fantasmi. Il Parlamento ha perso in rappresentatività e operatività. Il sistema politico italiano, disegnato nell’immediato dopoguerra, ha bisogno di ben più di una manutenzione, necessita di un ridisegno complessivo per poter affrontare le sfide tremende dell’oggi. Pandemia docet.

Il mondo imprenditoriale saluta in Draghi «l’uomo della necessità». Carlo Freccero lo indica invece alla testa del «complotto delle élite». Una differenza non da poco. E gli italiani cosa ne pensano? Draghi è il problema o è la soluzione dei problemi? L’emergenza è il green pass o la minaccia di una nuova fiammata del contagio, con i lutti e le ferite economiche che si porterebbe dietro?

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