È la nostra coscienza a chiedere giustizia

L’orrore di Bucha ha sconvolto la domenica del mondo intero. Ancor più di Srebrenica, ancor più di quelle «cartoline della fossa» che Emir Suljagic, interprete dei criminali olandesi dell’Onu che permisero il massacro ai criminali serbi del generale Mladic, ha raccontano in un diario scioccante. Ieri tutti abbiamo visto le cartoline della fossa di Bucha. Fa male guardare. Ma bisogna farlo.

È la nostra coscienza a chiedere giustizia
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In questi giorni ricorrono 30 anni dalla guerra in Bosnia, l’assedio di Sarajevo, il filo spinato dei campi di concentramento nel cuore dei Balcani, i massacri, gli stupri, il genocidio, tutto quello che non si vedeva dai tempi di Hitler e di Stalin. Pensavamo di essere arrivati al culmine dell’odio e dello spavento. Bucha smentisce tutto. Supera ogni soglia. Eppure quei minuti terribili, pochissimi minuti, dell’auto che fa lo slalom più terrificante che uno possa immaginare tra cadaveri sulla strada, ciclisti centrati dalle pallottole, uomini con i polsi legati uccisi con un colpo in testa vanno visti e poi rivisti con convinzione morale. Guardarle è un atto di resistenza contro i negazionisti. A differenza della Bosnia dove le immagini erano poche e qualcuno poteva giocare la sporca arma della negazione ieri nessuno può opporre alcun alibi.

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